Beato. «Disse no a Hitler». Sugli altari Josef Mayr-Nusser

Morì di stenti sul treno verso Dachau. A Bolzano il rito presieduto da Amato

 
«Signor maresciallo, io non posso giurare questo». Aveva 33 anni la recluta delle SS Josef Mayr-Nusser quando si rifiutò «per motivi religiosi» di promettere «fedeltà e coraggio» ad Adolf Hitler. Era consapevole di firmare così la sua condanna: morì di stenti il 24 febbraio 1945 a Erlangen sul carro bestiame destinato al campo di concentramento di Dachau.
Sarà proclamato beato oggi alle 10 durante la Messa presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, nel Duomo di Bolzano, indicato come «martire della coscienza », ucciso dalla follia nazifascista, testimone di una fede cristallina e radicale. Sottolinea il suo biografo don Josef Innerhofer che ha seguito come postulatore la causa di beatificazione apertasi nel 2005: «Ciò che caratterizza Josef Mayr-Nusser non sono tanto le grandi gesta, le parole, e neanche le grandi rinunce ma è vivere l’essere cristiano nella quotidianità in modo coerente e semplice ». Il piccolo “Pepi” (come lo chiamavano nella famiglia contadina) era nato il 27 dicembre 1910 in quel maso «dalle porte sempre aperte ai poveri» in località Piani, da dove ieri sera è partito un pellegrinaggio giovanile che è arrivato alla sua tomba, ora trasferita da Stella di Renon al Duomo di Bolzano.
Dopo gli studi commerciali aveva coltivato da autodidatta la formazione cristiana ( Tommaso d’Aquino, Tommaso Moro e Francesco d’Assisi i suoi auto- ri preferiti), trovando lavoro come impiegato in una ditta di manifattura dove conoscerà anche la collega Hildegard, sua futura moglie. Nel 1936 entrò nell’Azione cattolica, osteggiata dal regime fascista. Fu presidente del gruppo di Bolzano e, con la guida spirituale di don Josef Ferrari, diede vita a un’esperienza di cattolicesimo vissuto dentro una minoranza di giovani coraggiosi, alternativa a quel culto del capo che l’ideologia nazista inculcava nelle masse. «Se nessuno avrà mai il coraggio di rifiutare il nazionalsocialismo, le cose non cambieranno mai», scrisse in una delle sue lettere, ancora attuali come i discorsi alla guida della Gioventù cattolica sudtirolese.
Nel 1939, davanti alle “Opzioni” stabilite da Hitler e Mussolini, a differenza della maggioranza degli altoatesini di lingua tedesca che scelse la Germania, Mayr-Nusser optò per rimanere come cittadino italiano di lingua tedesca, accettando le repressioni subite da tutti i “Dableiber” e operando nel movimento di resistenza “Andreas Hofer-Bund” che si riuniva nel suo maso. Sposatosi il 26 maggio 1942, divenne padre di Albert che in questi anni è stato il primo testimone dell’impegno concreto per il bene comune del padre, affinché non lo si consideri un “santino” ma un uomo del suo tempo, legato alla sua comunità etnica e, insieme, all’ideale del bene comune. Dalle lettere alla moglie emerge una condivisione piena e un sostegno reciproco. «Prega per me, Hildegard, affinché nell’ora della prova io agisca senza paura o esitazioni secondo i dettami di Dio e della mia coscienza », le scrive anticipandole la sua obiezione di coscienza: «Tu non saresti mia moglie, se ti aspettassi da me un comportamento diverso».
«Mayr-Nusser è ancora un grande dono per la nostra Chiesa », osserva il vescovo di Bolzano- Bressanone, Ivo Muser, che al suo esempio ha dedicato la recente Lettera pastorale per la Quaresima: «Agire secondo una coscienza formata Il nuovo beato Josef Meyr-Nusser tiene sulle spalle il figlio Albert nato dal matrimonio con Hildegard. Cresciuto nell’Azione cattolica diede vita a un’esperienza di cattolicesimo vissuto dentro una minoranza di giovani coraggiosi, alternativa a quel culto del capo che l’ideologia nazista inculcava significa dare a Dio lo spazio che gli spetta nella nostra vita». Anche il vescovo Karl Golser, morto nel Natale scorso, così aveva sottolineato nel 2010 il martirio di Josef: «Anche il rifiuto del giuramento fu la conseguenza logica della sua vita totalmente rivolta alla sequela di Cristo, ed egli si sentì obbligato in coscienza in questo caso serio a mettere in gioco anche la sua vita, nonostante i doveri verso la moglie e il figlio».