Cattedrale di Carpi

Omelia del Vescovo alle esequie di don Catellani

6 novembre 2021

Omelia

Ho conosciuto don Renzo negli ultimi due anni e per questo ho chiesto una mano ad alcune persone che lo hanno conosciuto bene. Le testimonianze preparate da diverse persone – presbiteri, laici, religiose – convergono su alcuni tratti: prima di tutto la sobrietà e la severità della persona. Era esigente soprattutto con se stesso e di conseguenza anche con degli altri. Queste sono caratteristiche che fanno, di una persona, una persona “seria”; seria ma non pesante; seria perché ha preso sul serio la vita e il ministero. Don Renzo però non voleva caricare inutilmente pesi sulle spalle degli altri. Quando Gesù dice di prendere il suo giogo, come abbiamo appena sentito, afferma una cosa strana: sembra aggiungere un altro peso agli altri, quelli portati sulle spalle da coloro che sono affaticati e oppressi: “venite a me, prendete il mio giogo sopra di voi”. Questo peso che Gesù propone in realtà è il peso dell’amore. Il giogo è legame, quel legame che permette di camminare insieme ad altri, di condividere le fatiche e le gioie, di lavorare a testa bassa, compiendo giorno per giorno ciò che il Signore chiede. Il giogo di Gesù è l’amore: per questo chiede di portarlo e promette che alleggerisce la vita: lui si offre ad occupare uno dei posti del giogo, lo condivide con noi, e quindi il giogo diventa leggero. Don Renzo aveva accolto questo giogo, il giogo dell’amore, il giogo dell’impegno quotidiano; la consapevolezza che il Signore gli stava accanto lo rendeva capace di compiere il proprio dovere senza farlo pesare sugli altri.

Poi è stato evidenziato nelle testimonianze il tratto della sua profondità, della sua cultura come autodidatta; una cultura vasta, che si inoltrava anche nella letteratura straniera antica e moderna; anche qui potremmo dire che don Renzo non era uno che calasse le cose dall’alto; cercava invece di innestarsi nella situazione della persona che aveva di fronte. Questa era una sua caratteristica dentro a qualsiasi servizio diocesano: in Seminario come padre spirituale, nel campo formativo a diversi livelli dell’Azione Cattolica, come delegato per l’ecumenismo e soprattutto come cappellano dell’Ospedale di Carpi. In tutti questi ambiti don Renzo non compiva delle “prestazioni”, ma incontrava delle persone. I servizi che lui ha portato avanti fanno capire che il suo ministero non era rivolto alle masse, alle grandi assemblee, ma era rivolto specificamente alle persone. Come cappellano dell’Ospedale, in particolare, ha espresso un’attenzione e una sensibilità particolari: era molto attento a sviluppare, là dove poteva, dei dialoghi approfonditi con i pazienti, che fossero un annuncio del Vangelo, un innesto di speranza.

Il vescovo emerito Francesco Cavina lo ha tratteggiato così nella lettera inviata in questa circostanza: “la sua vita segnata da una radicale dedizione ai servizi che gli sono stati affidati, soprattutto con i fratelli deboli e infermi, è il chiaro segno della sua solida formazione e della sua passione per l’uomo in tutti i suoi aspetti. Non meno evidenti erano la sua ampia e profonda cultura e soprattutto la sua convinta adesione a Cristo e al ministero sacerdotale che aveva abbracciato con serietà e semplicità”. Penso che quando Gesù, come abbiamo appena sentito nel Vangelo, ha esaltato i piccoli gli umili, e non i sapienti e gli intelligenti, non ce l’avesse con la cultura e con chi aveva studiato – e don Renzo ha studiato molto – ma ce l’aveva piuttosto con chi fa della propria cultura e preparazione un piedistallo per giudicare gli altri, per porre dei pesi sulle spalle degli altri, per esibire la propria erudizione. Si può essere piccoli e semplici anche con molta cultura: anche questo ci ha insegnato don Renzo; la piccolezza, la semplicità, l’umiltà del cuore non è inversamente proporzionale a ciò che uno sa, ma è direttamente proporzionale all’attenzione all’altro, al mettersi nei panni dell’altro. Di questo ringraziamo il Signore perché ha dato in don Renzo un’impronta chiara di che cosa significa da uomo, da cristiano e da sacerdote, amare Lui, prendere il suo giogo, amare i fratelli, condividere il giogo degli altri.