Cordoglio per la morte della missionaria Irene Ratti

Nel ricordo di Irene Ratti, missionaria in Mozambico, deceduta nella festa della Madonna del Rosario all’ospedale Bellaria di Bologna, si reciterà il Rosario Missionario organizzato dalla Diocesi di Carpi per oggi, giovedì 7 ottobre, alle 20.30, presso la parrocchia di San Martino Spino

Nelle prime ore di oggi, giovedì 7 ottobre, festa della Beata Vergine del Rosario, il Signore ha chiamato a sé Irene Ratti, missionaria in Mozambico, ricoverata presso l’ospedale Bellaria di Bologna. Profondo è il cordoglio di don Antonio Dotti e di tutti gli operatori, volontari e amici del Centro Missionario di Carpi, che seguivano con apprensione gli aggiornamenti sulle condizioni di salute di Irene. Proprio ieri era stato rinnovato l’appello alla preghiera per la missionaria, che il 12 ottobre avrebbe compiuto 86 anni. Un compleanno che Irene festeggerà nella gioia eterna del Paradiso.

Le esequie saranno celebrate sabato 9 ottobre, alle 13.30, presso la parrocchia di San Giuseppe Sposo in via Bellinzona 6 a Bologna. Parteciperà don Antonio Dotti.

Nel Rosario Missionario, che si terrà oggi, giovedì 7 ottobre, alle 20.30, organizzato dal Consiglio Missionario Diocesano presso la parrocchia di San Martino Spino, si pregherà in suffragio di Irene.

Nata a Monza nel 1935 e diplomatasi infermiera e ostetrica, il 21 gennaio 1958 Irene Ratti entra a far parte dell’Istituto Secolare di Laiche Consacrate Compagnia Missionaria del Sacro Cuore di Bologna, fondato dal sacerdote dehoniano padre Albino Elegante.

Nel 1969 parte per il Mozambico, destinazione Namarroi (Alta Zambezia) e lavora con i padri Dehoniani. Qui si prodiga a sostegno delle donne sole perché gli uomini migrano per lavorare nei campi di the. Dal 1964 al 1975 vive la guerra che libera il Mozambico dal potere coloniale e viene trasferita al Nord-Est a Pemba, Cabo Delgado. Qui inizia un vasto campo di lavoro, in collaborazione con il Ministero della Salute: la formazione delle donne, delle ostetriche di base, la supervisione delle maternità nella Provincia e l’ampliamento della rete sanitaria.

Nel 1988 viene trasferita all’estremo sud, a Maputo, capitale del Mozambico, per dare il via all’ufficio di coordinamento per gli ammalati di Aids. Qui vive la guerra civile, durata 16 anni e terminata nel 1994. Con la parrocchia Madonna delle Vittorie apre una mensa per più di 100 bambini e molti adulti, per prevenire il fenomeno dei “meninos da rua” (i ragazzi di strada). Dopo la mensa è venuta la costruzione della scuola che accoglie oltre 700 alunni.

Il Centro Missionario di Carpi e l’Associazione Volontari per le Missioni l’hanno sostenuta in particolare nell’intraprendere e portare avanti l’impegnativa ma entusiasmante avventura del Centro Enfantil Esperança, nel poverissimo quartiere Patrice Lomumba di Maputo. Amatissima dai “suoi” bambini, grazie anche alla collaborazione degli amici carpigiani, Irene ha saputo rendere il Centro una piccola realtà di eccellenza nella capitale del Paese, dove gli ambienti sono accoglienti e spaziosi, si riceve un’educazione civica e religiosa, si impara l’inglese e ad essere solidali con chi è ancora più povero.

Recentemente, il Centro Missionario l’ha accompagnata anche nel dare il via ad un progetto fortemente voluto da Irene, l’edificazione di una scuola elementare e media che la missionaria aveva affidato all’intercessione di Mamma Nina e che sarà intitolata proprio alla Venerabile carpigiana. Nel frattempo, si dedicava anche alla formazione degli animatori della pastorale e all’insegnamento della lingua italiana agli studenti di Teologia del Seminario locale.

“In tutti questi anni mi sono sentita accompagnata dal Signore. Quando ero agli inizi della mia missione – aveva raccontato a Notizie nel gennaio 2016, in visita a Carpi in occasione del suo 45° anniversario di servizio in Mozambico – una bambina, Irene come me, che abitava vicino alla casa dove vivevo, passava a chiedermi ogni mattina come stavo e se avevo riposato bene. Mi offriva la sua gentilezza, aspettandosi un mio gesto di gentilezza, una carezza. Grazie a lei il Signore mi ha fatto comprendere che questa era la ‘chiave’ per inserirmi nel popolo del Mozambico, così naturalmente portato all’amicizia. Per non essere dunque percepita come rappresentante del potere coloniale, o come qualcuno che vuole imporsi, ma come una sorella”. Un insegnamento di accoglienza e di fraternità di cui fare tesoro, attraverso la testimonianza di Irene, e da vivere anche nelle nostre comunità.