Dal silenzio all’ascolto

di Lorenzo Ghizzoni

 

Il 17 novembre 2022, nel corso di una conferenza stampa, il segretario della Cei monsignor Giuseppe Baturi con altri responsabili e docenti dell’Università cattolica di Piacenza hanno presentato i risultati del primo Report nazionale sulle attività di tutela delle diocesi italiane. Tanti sono i dati pubblicati, reperibili in forma completa sul sito Cei tutelaminori@chiesacattolica.it. Lo scopo di questo Report, che avrà cadenza annuale, era ben evidenziato: «L’obiettivo della rilevazione è quello di verificare, nel biennio 2020-2021, lo stato dell’arte in merito all’attivazione del Servizio diocesano o inter-diocesano per la tutela dei minori, del Centro di ascolto e del Servizio regionale per la tutela dei minori nelle diocesi italiane. Il presente Report intende offrire uno strumento conoscitivo alla Conferenza episcopale italiana per implementare le azioni di tutela dei minori e delle persone vulnerabili nelle diocesi italiane». Dunque, non era un’indagine come se ne sono fatte altre in alcuni Paesi europei o americani, col solo scopo di individuare l’ampiezza degli abusi del clero. Volevamo avere, invece, la conferma che i tre strumenti messi in campo dopo l’approvazione delle Linee guida della Cei (2019), stavano iniziando il loro lavoro di sensibilizzazione, informazione e ascolto. E abbiamo potuto constatare che non ci sono solo nomi sulla carta, ma persone, soprattutto laici competenti, che si sono messi a disposizione.

Facciamo un passo indietro. La Chiesa italiana, da diversi anni, si occupa direttamente degli abusi sui minori e sulle persone vulnerabili. Aveva già emesso le prime Linee guida nel 2014. Negli anni successivi, dopo diversi passaggi nelle Conferenze episcopali regionali e nelle Assemblee Cei, è arrivata alla decisione di mettere l’attività di prevenzione al centro della sua preoccupazione, per arrivare ad avere ambienti protetti, attività e persone affidabili e sicure. Garantire la tutela dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti dalla minaccia di abusi di potere, di coscienza e sessuali, come ci ha chiesto ripetutamente papa Francesco, è diventato un obiettivo fondamentale della nostra azione pastorale.

Così nel Consiglio permanente della Cei, a inizio 2019, s’è approvato lo statuto e sono stati istituiti i Servizi diocesani e regionali, con l’impegno per ogni diocesi di nominare un Referente qualificato per sensibilizzare, informare e animare tutti i settori della pastorale, soprattutto la pastorale della famiglia, dei giovani, della scuola, della Caritas, dello sport. Sono stati nominati nei mesi successivi 226 Referenti diocesani, metà preti metà laici, spesso accompagnati da una équipe di esperti, in gran parte laici.

Cosa ci ha detto il Report? Esso ha reso conto che il 73% delle diocesi hanno iniziato le attività richieste, con modalità tempi ed energie diverse, nelle tre macroaree del Paese (nord, centro, sud) e con una differenza tra diocesi grandi, medie e piccole. Le collaborazioni con gli altri uffici pastorali sono iniziate e sono diffuse: sono soprattutto incontri di sensibilizzazione e formazione degli operatori, ma anche dei ministri ordinati. Nell’insieme queste attività hanno raggiunto nell’arco dei due anni (2020-2021), nonostante la pandemia e le relative limitazioni, circa ventimila persone, un dato oltre le nostre previsioni. Sono, però, ancora scarse le collaborazioni dei Servizi con gli istituti di vita consacrata e con le associazioni e i movimenti. In positivo s’è trovata una buona sensibilità al tema da parte dei catechisti e degli educatori, degli operatori e responsabili degli altri uffici diocesani, dei seminari diocesani. Scarsi ancora sono i rapporti con le associazioni laiche, coi servizi sociali, coi media locali.

I Centri di ascolto per la tutela dei minori. Molte attenzioni erano concentrate sull’efficacia dei Centri di ascolto, anche se molti sono nati da un anno o poco più. Essi sono diocesani o interdiocesani (per le diocesi più piccole) e hanno come prima funzione quella di accogliere, ascoltare, aiutare le vittime o i “sopravvissuti” che chiedono all’autorità religiosa di prendere provvedimenti ecclesiastici verso gli autori (presunti) degli abusi avvenuti negli ambienti o nelle attività pastorali. La seconda funzione dei Centri di ascolto è quella di dare informazioni su questa materia, sulle procedure, o per avere una consulenza specialistica. Era questa anche la richiesta della Santa Sede: che le diocesi e gli istituti religiosi avessero un luogo facilmente accessibile per chi volesse segnalare o denunciare un abuso. Nell’arco dei due anni indagati dal Report, sono stati istituiti 98 Centri di ascolto anche interdiocesani, che coprono i due terzi delle diocesi. Nelle altre diocesi il Referente svolge anche il ruolo di ascolto e accoglienza per i casi che si possono presentare.

Pur essendo un’istituzione nuovissima e ancora poco conosciuta, dislocata fuori dalle curie diocesane, con un responsabile che è, in grande maggioranza, un laico e di solito una donna, alcune persone (86) si sono già presentate in una trentina di Centri. Sono state accolte secondo il protocollo previsto, e metà di queste hanno segnalato un fatto all’autorità ecclesiastica o del presente o del passato; l’altra metà ha chiesto informazioni o una consulenza specialistica. Le presunte vittime che emergono da queste segnalazioni sono 89 delle quali 61 nella fascia d’età dai 10 ai 18 anni, le altre d’età inferiore. I comportamenti, tutti nell’area sessuale, vanno dai linguaggi inappropriati fino ai rapporti completi, dalla pornografia all’esibizionismo. Gli autori presunti (68) hanno in prevalenza dai 40 ai 60 anni, sono chierici (30), religiosi (15) o laici con ruoli ecclesiali (23). Dato positivo è che tutti questi casi segnalati sono stati già oggetto di provvedimenti disciplinari o sono in corso le valutazioni e i procedimenti canonici. I protocolli che devono seguire i Centri prevedono, inoltre, che si presenti la necessità della denuncia e la si sostenga presso le competenti autorità civili. Sono pochi questi casi? Secondo noi sono molti e sono casi reali. Benché solo agli inizi di questa attività di prevenzione e contrasto agli abusi, abbiamo già messo in moto gli strumenti operativi, come il Report dimostra. Oltre alle Linee guida per tutta la Chiesa italiana, abbiamo anche iniziato ad agire. I piccoli, i bambini, i poveri, i fragili sono al centro delle nostre comunità ecclesiali (Matteo 18,1-10).