Domenica 2 dicembre, in Cattedrale, il Vescovo Francesco Cavina ordinerà diaconi cinque seminaristi e un laico della Diocesi

Amel Chirayil Johnson, Arnaud Giegue Tametsop, Basile Nula Papy Bitangalo, Severin Arnaud Ngueliassi K. e Tinu Thommassery

Domenica 2 dicembre, in Cattedrale, il Vescovo Francesco Cavina ordinerà diaconi cinque seminaristi e un laico della Diocesi /2
Saremo strumenti di misericordia e carità
Sempre insieme, anche nell’ordinazione diaconale, che riceveranno per l’imposizione delle mani e la preghiera del Vescovo Francesco Cavina domenica 2 dicembre. Amel Chirayil Johnson e Tinu Th ommassery Jacob, entrambi trentenni, originari della Diocesi di Cochin in Kerala, stato dell’India sudoccidentale, hanno finora condiviso tutti i passi del cammino in preparazione al sacerdozio, fin da quando, nell’estate 2013, sono stati accolti a Carpi. Gli studi e la vita fraterna in Seminario, il lettorato e l’accolitato, imparando, a loro volta, ad accogliere una nuova lingua, una nuova cultura ed un modo nuovo di “essere” Chiesa. Oggi Amel presta servizio nella parrocchia del Corpus Domini a Carpi, mentre Tinu è a Quartirolo. In queste settimane che precedono l’ordinazione diaconale del 2 dicembre, ecco allora di nuovo l’invito ad accompagnare nella preghiera i seminaristi Amel, Arnaud, Basile, Severin e Tinu, e il futuro confratello Arrigo Po, perché la gioia accesa in loro dall’amore di Dio e dal desiderio di donarsi nel servizio ai fratelli sia sempre alimentata dallo Spirito e possa contagiare tutta la nostra comunità diocesana.
Amel: accogliere la Parola con il cuore
“Devo dire che la vocazione è un dono completamente gratuito che proviene dalla grazia di Dio e non dipende dal merito dell’uomo – scrive Amel -. La mia vocazione è certamente nutrita dalla fede semplice e pura dei miei genitori, tanto che la prima esperienza dell’amore di Dio posso dire di averla vissuta a casa mia e nella mia comunità parrocchiale. Ricordo tante persone che mi hanno aiutato a percorrere la strada che il Signore ha preparato per me. E’ una storia lunga 29 anni che ha avuto inizio nella parrocchia di Santa Croce, nella diocesi di Cochin, in Kerala (India) e che è arrivata fino alla Diocesi di Carpi. Ho fatto sette anni di formazione in Seminario in India e cinque anni in Italia – spiega Amel -. Fino ad ora, da seminarista, ho svolto vari servizi in diverse parrocchie e con diverse persone, come parte integrante della mia formazione. Con l’ordinazione diaconale attraverso l’imposizione delle mani del Vescovo, sento il mandato ufficiale a servire Gesù, la Chiesa e il popolo di Dio. Con il diaconato il significato del termine diakonía cioè “servizio” diventa la mia identità. Io desidero vivere questo periodo del diaconato secondo questo versetto dal Vangelo di Matteo 23,11: ‘In mezzo a voi, il più grande deve essere il servitore degli altri’. Sono molto contento di essere servitore degli altri perché vedo negli altri il volto di Gesù. Quando Gesù parla di servire, la prima parola che enfatizza è “amore” – prosegue il seminarista -. Amare l’altro come amo me stesso. L’amore che ricevo dalla gente è l’amore di Dio e la mia vocazione è di restituire lo stesso amore che ho ricevuto in abbondanza dal Signore. Perciò – osserva – non devo pensare troppo ad adottare un metodo con il quale poterlo restituire, perché il rito dell’ordinazione diaconale prevede un momento bellissimo in cui l’eletto riceve il libro dei Vangeli dal Vescovo. Il Vescovo in quel momento afferma: ‘Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunziatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni’. Per me ricevere il Vangelo vuol dire accogliere la parola di Dio nel cuore e tutto questo ha un senso più profondo di ciò che pensiamo di solito. Accogliere significa dare o lasciare lo spazio per qualcuno o qualcosa. Il cuore è la sede dei nostri sentimenti, quindi – conclude – accogliere la parola nel cuore signifi ca sostituire i nostri sentimenti con quelli di Gesù vedendo con i suoi occhi, ascoltando con i suoi orecchi e amando come ci ha insegnato Lui”.
Tinu: la felicità di porsi al servizio
“Sono felice e nello stesso tempo sono grato a Dio che mi ha scelto e chiamato per seguire Gesù, Maestro e Signore della mia vita – scrive Tinu – . Nei miei quattordici anni di cammino formativo questa è la più grande decisione che prenderò nella mia vita: servire Gesù e il Suo popolo fino alla fine. Nelle mie orecchie echeggiano le parole di Gesù che mi dice ‘sei chiamato per servire e non per essere servito’. Gesù ha mostrato questo insegnamento attraverso la sua vita. Ho la convinzione – afferma Tinu – che quando Lo seguo, anche io devo assumere questo stesso suo atteggiamento. Ogni giorno sto pregando Gesù per la grazia di vivere una vita simile alla sua. In tutti questi anni – sottolinea – ho avuto la fortuna di svolgere servizio in diverse parrocchie. Posso dire dal profondo del mio cuore che ho sperimentato la felicità di questa meravigliosa vocazione attraverso il mio ministero. Adesso che mi sto preparando per ricevere il mio diaconato – conclude Tinu – prego Dio di rendermi un Suo umile strumento in modo che possa operare miracoli meravigliosi attraverso il mio ministero di ‘servo chiamato per essere servo di tutti’”.
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É con grande gioia che la Chiesa di Carpi si appresta a celebrare la liturgia con cui si arricchirà di sei nuovi ministri. Domenica 2 dicembre, alle 18, in Cattedrale, per l’imposizione delle mani e la preghiera del Vescovo Francesco Cavina, saranno infatti ordinati diaconi cinque seminaristi e un laico. Per Amel Chirayil Johnson, Arnaud Giegue Tametsop, Basile Nula Papy Bitangalo, Severin Arnaud Ngueliassi K. e Tinu Thommassery Jacob, si tratterà della tappa “intermedia” alla quale sono ammessi i candidati al sacerdozio, il cosiddetto diaconato transeunte o “di passaggio”. Mentre Arrigo Po sarà diacono permanente, consacrato a vita nel ruolo di servizio ministeriale nella liturgia, nella pastorale e nelle opere caritative. La comunità ecclesiale diocesana è dunque invitata ad accompagnare e a sostenere nella comunione spirituale questi fratelli, perché davvero si compiano le parole del rito dell’ordinazione diaconale: “Ascolta, o Padre, la nostra comune preghiera: … santifica con la tua benedizione questi tuoi fi gli, che noi confidiamo di poterti offrire per l’esercizio del sacro ministero nella Chiesa”. Per questo, la solenne celebrazione sarà preceduta da un momento comunitario di preghiera, la veglia in programma per mercoledì 21 novembre, alle 21, nell’aula liturgica della Madonna della Neve di Quartirolo. I futuri diaconi hanno accettato di raccontare ai lettori di Notizie, con semplicità, come si stanno preparando all’ordinazione diaconale e in che modo si propongono di vivere il loro ministero. Questa la prima parte delle testimonianze. Severin: abbandoniamoci all’abbraccio del Padre Severin Arnaud Ngueliassi K. è originario del Cameroun, ha 32 anni e questo è per lui il secondo anno di servizio nella parrocchia della Cattedrale. “Con l’ordinazione diaconale che ci verrà conferita il 2 dicembre – scrive – saremo fortificati dal dono dello Spirito Santo per essere di aiuto al Vescovo e al suo presbiterio nel ministero della parola, dell’altare e della carità, mettendoci al servizio di tutti i fratelli. Sono consapevole che il mondo di oggi ha bisogno di Carità, per tale motivo – sottolinea – in questi giorni medito sulla fi gura di Gesù come primo diacono. Egli stesso lo aff erma quando dice: ‘Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti’ (Mc 10,45). E ancora: ‘Chi vuol essere primo tra voi si faccia servo di tutti’ (Mc 10,44). Con queste parole, penso che Gesù Cristo abbia esaltato il valore del servizio ad un piano molto alto, e il diacono, così colui che ripropone il Cristo Servo nella Chiesa. Ma servire come vuole Cristo – osserva Severin – non è mai una comodità, infatti: ‘Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore, e chi vuole essere primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti’. Quindi l’unico modo per me di vivere il mio ministero diaconale – afferma – è rimanere sempre in unione con lui e abbandonarmi al suo abbraccio, perché è chiaro che solo seguendo Cristo potrei servire come Egli vuole, servire Lui, servire gli altri, servire la Chiesa. Il mio segreto è vedere l’altro come un fratello, un figlio amato, perdonato e salvato. Perciò – questo il proposito di Severin – desidero avere lo sguardo del Padre Misericordioso che non condanna ma fa innamorare, il suo tocco, che non castiga ma cura e protegge. Servire per me è allora fare incontrare alle persone qualcosa che non hanno mai conosciuto: l’abbraccio misericordioso di un Dio innamorato dell’uomo. Vorrei vivere questa tappa cercando un modo per dare e aumentare il gusto di Gesù, amore eterno, alle persone”. Basile: un grazie immenso per le meraviglie del Signore Compirà 32 anni il prossimo 22 novembre Basile Papy Nula Bitangalo. Viene dalla Repubblica Democratica del Congo e attualmente è in servizio nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano. “‘Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore ed ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme’. Questo è il sentimento di gratitudine – scrive – con cui mi trovo a ringraziare il Signore per tutto quello che ha compiuto, compie e compirà ancora per me. Vorrei che questo fosse lo stile del mio ministero diaconale: essere in perenne rendimento di grazie al Signore per le sue meraviglie, saperle contemplare e vivere nella consapevolezza che tutto, nella mia vita, è dono gratuito della sua Misericordia. E quindi – sottolinea Basile – se la mia vita è soltanto un dono che ricevo dal Signore, diventerà realmente tale nel modo in cui riuscirò a renderla a mia volta un Dono d’Amore a tutti i miei fratelli e sorelle e ad annunciare loro che non ho ricevuto null’altra ricchezza da Dio, da condividere con loro, all’infuori della Vita. Per cui, siccome con il matrimonio, un uomo si dona a Dio per vivere davvero unito a sua moglie e diventa con lei una carne sola, anch’io con il diaconato – afferma – mi impegno a vivere la mia unione con Dio, amando la Chiesa di Carpi, che sento ormai come mia. Vorrei gioire della sua gioia, vivere della sua vita, soffrire delle sue sofferenze e condividere le speranze che nutre nella nostra fede in Cristo. Appartenere a Cristo – conclude Basile – non significhi altro, per me, che quest’unione con Lui nel servire il popolo di Dio che sta a Carpi e con cui ogni giorno sono chiamato a nutrirmi alla Mensa del Signore, Parola di vita e Cibo di salvezza: la nostra certezza dell’amore di Dio”. Arnaud: fare sempre memoria del dono ricevuto Del Cameroun è nativo anche Arnaud Giegue Tametsop. Trentunenne, dallo scorso anno pastorale presta servizio nella parrocchia di Sant’Agata Cibeno. “Il Signore non poteva essere più buono con me – scrive -. Questa frase è forse ciò che traduce meglio il sentimento di stupore che abita in questo momento il mio cuore, ad un mesetto prima dell’ordinazione diaconale. Infatti – osserva Arnaud -, credo che l’ordinazione diaconale non sia nient’altro che un dono gratuito e immeritato a cui il Signore mi sta preparando. Ultimamente, sento amici e conoscenti che mi chiedono con affetto: sei pronto? Questa è una domanda che trovo molto complicata, perché non si può mai essere perfettamente pronti per un dono così grande come lo è la chiamata a consacrare la propria vita a servizio del Signore e della sua Chiesa. L’immenso dono di Dio viene incontro alla mia inadeguatezza – sottolinea -. É reso possibile perché la misericordia del Signore si stende sulla mia modesta persona. Ciò che mi preme è, quindi, vivere questo momento di preparazione in sentimenti di gratitudine e di riconoscenza al Signore per il dono della sua chiamata. Anche dopo il diaconato – questo l’impegno e la preghiera di Arnaud – io desidero tanto conservare questi sentimenti di riconoscenza al Signore, per non perdere mai di vista il dono che ho ricevuto. La memoria del dono ricevuto è la Grazia che più chiedo al Signore di farmi nella mia vita quotidiana e nel servizio che mi viene chiesto nella Chiesa”.