Editoriale del n.21 del 31 maggio 2015

Una lezione anche per l’Italia
 Per l’Irlanda, così come per l’Italia è illusorio parlare di Paese cattolico. Come nel resto d’Europa prevale un pensiero dominante che tenta costantemente di ridurre la fede ad esperienza privata, senza legami con i valori sociali. Smettiamola quindi di dividerci in guelfi e ghibellini, non si tratta di difendere o di proporre ‘leggi cattoliche’: si tratta di interrogarsi, piuttosto, sul modello di persona, di società e di libertà oggi prevalenti’. Così su Famiglia cristiana interviene Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, all’indomani del referendum irlandese, parlando di un ‘vento individualista’ che, nelle questioni bioetiche come nei modelli familiari, fino ad arrivare ai temi sociali, cancella tutte le ‘responsabilità solidaristiche’ ed elimina l’orizzonte del bene comune. Perfino la resistenza all’accoglienza dei migranti può essere annoverata, secondo Belletti, tra i frutti di questa cultura individualistica. ‘Dunque, quale cultura ha vinto, in Irlanda? Quella dei diritti per tutti? Quella del rispetto per le persone?’, si chiede, sottolineando bene che le persone con orientamento omosessuale vanno rispettate, ma evidenziando anche, alla luce del referendum, tre questioni utili nel dibattito politico e sociale italiano, che rilanciamo. ‘La prima è che occorre grande chiarezza nel costruire regole sulle unioni civili, perché poi il passo è breve a diventare matrimonio’.
La seconda è il tema della genitorialità e dell’educazione: un papà e una mamma restano indispensabili per un equilibrato sviluppo educativo: ‘Davvero è realistico pensare che per un bambino non faccia differenza, il diritto di potersi riferire alla differenza sessuale dei propri genitori?’. Così come deve rimanere ben chiaro che la titolarità educativa dei genitori è un grande valore di democrazia e di libertà, e nessuno può permettersi di prevaricarla. Ultima: non sempre quello che viene sbandierato come progresso è davvero al servizio della dignità della persona o di una società più giusta. ‘Occorre una grande libertà di pensiero, per sviluppare un libero dibattito senza pregiudizi su questioni così delicate: è possibile questo, oggi, su questo tema, nel nostro Paese?’. Sembra di no ad ascoltare una politica che su queste questioni non si fa troppe domande di fondo. E forse nemmeno le famiglie, destinatarie, dirette o indirette, di quasi tutte le scelte sui diritti ‘ dall’aborto all’eutanasia, dal divorzio breve alle unioni civili ‘ se il Papa insiste così tanto con le sue catechesi. Parla di ‘sposi coraggiosi’, e di famiglia come ‘il capolavoro della società’: la mancanza di coraggio e l’appiattimento sul breve periodo, il ripiegamento dei coniugi sul fronte interno (tra equilibri domestici e numero giusto di bambini da avere) e d’altro canto l’autoesilio dall’educazione dei figli ‘ parole di Francesco ‘, l’incapacità insomma di vivere appieno il matrimonio come vocazione sociale oltre che religiosa, può averci portato a questa incapacità di offrire una testimonianza e una cultura diversa? Non è la politica allora che deve fare il primo passo. È la famiglia che ha una missione da compiere: con ‘fede, libertà e coraggio’, cambiare rotta per far cambiare rotta alle cose.
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