Editoriale del n. 42 del 30 novembre 2014

Con la lettera di monsignor Cavina
Avvento di preghiera
di Benedetta Bellocchio

All’inizio del tempo d’Avvento monsignor Francesco Cavina consegna a tutti i lettori di Notizie, e idealmente alla comunità diocesana, la sua lettera pastorale sulla preghiera. Maturata negli incontri con i giovani, nelle visite alle parrocchie, nel dialogo con la gente, il testo invita a recuperare e curare la memoria, oggi troppo spesso affidata ai supporti tecnologici. Mandare a memoria e  pronunciare con rinnovata consapevolezza le preghiere della tradizione, è esercizio che “dilata il cuore”, percorso per avviare o rinvigorire il cammino di fede.
“Mi piacerebbe molto che la nostra comunità cristiana vivesse l’Avvento, che è uno dei tempi più belli dell’anno liturgico, immersa nella preghiera, in una dimensione contemplativa della vita – osserva il Vescovo -. Tutti, indistintamente, dobbiamo trovare il tempo da dedicare al Signore, facendo nostra l’esperienza di Gesù stesso che si ritirava in luoghi solitari”. La preghiera autentica, spiega, “permette di leggere gli eventi con lo sguardo di Dio; è motivo e sorgente di speranza, è un aiuto per non lasciarsi andare a rassegnazione e sfiducia, diventa stimolo e incitamento alla lotta, sapendo che non siamo mai soli, ma siamo sostenuti dal Signore. La preghiera ci aiuta a mantenerci saldi nella fiducia che Dio è padre e dunque non ci abbandona alla nostra povertà”.

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Una lettera sulla preghiera contenuta in un agile libretto, in dono con questa edizione di Notizie, che contiene anche le preghiere del cristiano, quelle da imparare e custodire a memoria. Quelle che ci hanno accompagnato negli anni e che, oggi, siamo invitati a pronunciare con rinnovata consapevolezza per avviare o per rinvigorire il nostro cammino di fede.
È sulla preghiera che quest’anno monsignor Francesco Cavina ha voluto incentrare la sua attenzione pastorale. “La lettera è maturata a partire dalle visite nelle parrocchie, in particolare dagli incontri coi ragazzi e le famiglie in occasione dell’amministrazione del sacramento della Cresima – spiega il Vescovo -. Da una parte è emerso, forte, il desiderio di approfondire l’amicizia con Gesù, dall’altra la mancanza di strumenti adeguati per poterla vivere”. Alla base c’è dunque un dato concreto di vita delle comunità, accanto a una verità profonda: “la preghiera è l’anima della vita cristiana – osserva il Vescovo -, se manca, non c’è nemmeno il cristiano”.
Eccellenza, che tipo di testo consegna alla sua Diocesi?
Non vuole essere un trattato sulla preghiera, ci sono tanti testi che ci spiegano dettagliatamente come pregare, io desidero invece invitare tutti a riscoprire questa dimensione fondamentale della vita cristiana. La preghiera infatti è quel respiro vitale che ci mette in relazione con Dio, del quale abbiamo bisogno se vogliamo vivere autenticamente la nostra esistenza. Si tratta di un punto di partenza dunque, nella speranza che le persone abbiano voglia di crescere e maturare dentro questo cammino: così come un bambino impara parola dopo parola, il libretto vuole essere l’ABC della preghiera.
Nella sua lettera parla delle “preghiere da custodire a memoria”, ma anche di una memoria che oggi viene sempre più “esternalizzata”. Cosa significa?
Ormai la nostra memoria è stata trasferita su supporti esterni, consegnata a strumenti tecnici – pensiamo a pc e cellulari -, quando invece è una ricchezza per la nostra persona, ci permette di conservare e mantenere le nostre radici. Senza memoria si è privi di identità: in un momento come il nostro in cui essa viene esternalizzata e spesso anche declassata, occorre invece valorizzarla. O meglio evangelizzarla, e far sì che ci sia posto per la preghiera, “memoria profumata del nostro Dio”. Mandare a memoria la preghiera, scrivo nella lettera, è esercizio che dilata il cuore; nei momenti in cui pregare diventa più difficile, inoltre, so che possiedo nel mio cuore e nella mia mente un punto di partenza cui fare riferimento.
Il rapporto con Dio può spiazzare, farci sentire incapaci di pregare…
Negli incontri con le persone è emersa un’idea della preghiera come un fatto puramente psicologico. Dico al Signore quel che vivo, presento al Signore le mie esigenze. Questo però, non è l’espressione in pienezza di ciò che la preghiera è; se la riduciamo a un puro sfogo psicologico, la preghiera risulta menomata nella sua realtà più profonda. Essa, all’inverso, è il nostro metterci a disposizione di Dio, perché Egli ci aiuti a capire la sua volontà su di noi. È un aiuto ad uscire da noi stessi per accogliere la novità del Signore nella nostra vita, ascoltando la parola di Dio e della Chiesa.
Come conciliare la preghiera con la vita quotidiana, con le fatiche, la mancanza di tempo, le preoccupazioni?
Occorre liberarsi dalla visione riduttiva della preghiera come qualcosa che distoglie dai veri problemi della vita. Lasciare che il Signore venga a noi vuol forse dire essere separati dalla realtà? La preghiera autentica non solo rimanda alla vita, ma permette di leggere gli eventi con lo sguardo di Dio; è motivo e sorgente di speranza, è un aiuto per non lasciarsi andare a rassegnazione e sfiducia, diventa stimolo e incitamento alla lotta, sapendo che non siamo mai soli, ma siamo sostenuti dal Signore. Anche le difficoltà più insormontabili possono dunque essere affrontate e superate con l’aiuto del Signore che è capace di aprire vie nuove. Non è uno strumento magico, ma un rapporto che ci dà speranza e forza: la preghiera ci aiuta a mantenerci saldi nella fiducia che Dio è padre e dunque non ci abbandona alla nostra povertà.
All’inizio del tempo di Avvento la preghiera può aiutarci a vivere meglio il cammino verso il Natale del Signore? Quali piste indica alla sua Diocesi?
Mi piacerebbe molto che la nostra comunità cristiana vivesse l’Avvento – che è uno dei tempi più belli dell’anno liturgico – immersa nella preghiera, in una dimensione contemplativa. Tutti, indistintamente, dobbiamo trovare il tempo da dedicare al Signore, facendo nostra l’esperienza di Gesù stesso che si ritirava in luoghi solitari per dialogare col Padre.
Non è facile però trovare luoghi adatti, ancor di più dopo il terremoto…
La mancanza di spazi causata dal crollo di molte chiese certamente non favorisce la preghiera. Allora occorre che ognuno – forse è questa la parte più difficile – reinventi il proprio modo di pregare.
Possiamo ad esempio imparare una preghiera itinerante, come quella del pellegrino, utilizzando il tempo del viaggio verso il luogo di lavoro: valorizziamo in questo modo dei momenti quotidiani della nostra vita. Superiamo anche l’equivoco di pensare che sia efficace solo se non abbiamo alcuna distrazione. Certo ha la sua importanza, ma all’origine della preghiera c’è il desiderio di restituire al Signore questo tempo. Si può fare dunque in qualsiasi momento e situazione, perché sempre possiamo dire “questo tempo è per te”.