Editoriale del n. 8 del 1 marzo 2015

L’asso nella manica 

Nel ventesimo capitolo degli Atti degli Apostoli viene narrato un fatto curioso. San Paolo è a Tròade e prima di partire tiene un lungo discorso, una sorta di predica serale che si protrae sino a mezzanotte: “Ora – scrive san Luca – un ragazzo di nome Eutico, seduto alla finestra, mentre Paolo continuava a conversare senza sosta, fu preso da un sonno profondo; sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora scese, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: ‘Non vi turbate; è vivo!’. Poi risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino all’alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati”. Volendo cogliere un aspetto davvero singolare di questo episodio, si potrebbe affermare che quel giovane fu la prima vittima della noia… Periodico e vivace ritorna il dibattito sulla qualità della predicazione in chiesa. La solfa si direbbe è sempre la stessa: le prediche domenicali sono noiose, innocue, poco significative e magari un pochino lunghe. Sono uomini anche coloro che predicano… Ci confortano le parole e gli incoraggiamenti che ci vengono da Papa Francesco e le premure che il nostro vescovo Francesco ci ha consegnato con il suo decreto sulla liturgia! Ma è innegabile che nei nostri tempi, fatti di innumerevoli messaggi veloci e rapidi, noi cristiani abbiamo l’asso nella manica: la Parola di Dio. Ed è rispetto a questo che, predicatori e fedeli, siamo chiamati a relazionarci, confrontarci e crescere. Tre le categorie di coloro che ascoltano. La prima: quelli che hanno “smesso le cose dello spirito”, la loro vita è tipica dell’ateo-credente. La seconda è quella di quanti si ritengono cattolicissimi: la sanno lunga in fatto di Chiesa, ma sono fermi… spesso riottosi, fanno di tutto pur di frenare quelle forze vitali e dinamiche che si impegnano secondo un nuovo stile di vita pastorale. Terza categoria sono quelli che hanno capito il cristianesimo nella sostanza, come realtà che non conosce scuse ma impegno, e che sopportano, amano e aiutano anche il sacerdote, il predicatore che fatica nel difficile compito di rendere attuale il messaggio di Gesù. Perché, si voglia o no, anche una mezza parola entrata nel cuore di ciascuno può aprire le braccia e lanciarle nell’avventura più grandiosa, specie in questo periodo quaresimale: facilitare l’incontro di Dio con gli uomini.
 

don Ermanno Caccia