Editoriale n. 14 del 12 aprile 2020

Auguri per una Pasqua particolare

Carissimi Amici della diocesi di Carpi, mi introduco con una certa audacia tra i miliardi di “bit” da cui tutti siamo bombardati in queste settimane, per anticipare semplicemente l’augurio pasquale: “Cristo è risorto, è veramente risorto!”. I nostri fratelli d’Oriente si salutano così per l’intero tempo pasquale, quando si incontrano nelle case, per strada o nelle chiese. I cristiani in realtà si sono salutati così da sempre: fin dall’inizio, quando vivevano – e vivono ancora in molti – in mezzo alle persecuzioni, quando incrociavano la malattia e la morte, quando cantavano e celebravano i misteri del Signore, quando andavano a lavorare o tornavano a casa la sera. “Cristo è risorto!” vale molto di più di un “ciao”, perché inserisce nel saluto una fessura di speranza. Significa: “capiti quel che capiti, la vita vince; il Signore ha perforato il muro, prima impenetrabile, della morte”. Può sembrare facile, e addirittura provocatorio, ripetere questo saluto in un periodo così faticoso come questo. In realtà lo faccio risuonare pensando proprio alle nostre condizioni di questi giorni: alle famiglie colpite dalla malattia, dal lutto e dalla precarietà, agli operatori sanitari in prima linea, ai volontari, alle forze dell’ordine, alle istituzioni, ai ministri e ai singoli che nella nostra comunità civile ed ecclesiale si stanno prendendo cura del prossimo, soprattutto del più fragile ed esposto. “Cristo è risorto!”: nessun altro saluto è all’altezza della situazione; solo l’annuncio della morte inghiottita dalla vita può accendere quella luce che tutti chiamano “ottimismo”, ma che i discepoli di Gesù chiamano più propriamente “speranza”. Passerà questa pandemia, lasciando molte ferite difficilmente rimarginabili; passerà, insegnandoci forse a cercare l’essenziale e scrollarci di dosso il superfluo; passerà, incidendo sicuramente anche nella nostra vita pastorale e sociale. Tutto passa, tranne l’unica parola di vita eterna, quella che solo Gesù può pronunciare. “Resta con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno già volge al tramonto”: i due discepoli di Emmaus, cioè noi, chiedono di ospitare Gesù, perché sentono nelle corde profonde del loro cuore che senza di lui “si fa sera” e che solo lui, anche nella notte insonne del dolore, è abilitato a insinuare la speranza. “Cristo è risorto, è veramente risorto!”.

+ Erio