Editoriale n. 34 dell’11 ottobre 2020

Denatalità e aborto in Emilia Romagna: numeri su cui riflettere e agire

Dall’indifferenza all’impegno

La lettura dei dati sull’andamento degli aborti in Regione suscita diverse considerazioni ed emozioni. Colpisce, come nei rapporti precedenti, l’asetticità con cui vengono forniti dati così importanti per la nostra società. 6.501 aborti (1.079 nella sola provincia di Modena) vuol dire che per 6.501 volte la nostra società non è stata in grado di accogliere mamme alle prese con una gravidanza imprevista, ascoltarle, condividere le loro fatiche, trovare strade per risolvere i loro problemi. Un disastro per la nostra comunità regionale, che si rende responsabile di una grandissima ingiustizia: questi nostri figli muoiono in gran numero, non per un virus o per una fatalità, ma per la scelta di non accoglierli. Un problema maggiore in Emilia-Romagna che altrove, dato che (dati nazionali 2018, ultimi disponibili) la Regione è quella col tasso di abortività più alto in Italia dopo la Liguria. Uno dei principali problemi sociali della Regione, basti pensare che oggi almeno una donna su 10 (ma ragionevolmente di più) ha abortito almeno una volta. Ma anche a tutte le bambine e i bambini di cui ci priviamo, la nostra gioia, le nostre risorse più preziose, il nostro futuro. E come se non ci fosse bisogno di una risposta di tutta la società per cambiare le cose. L’assenza di dati nel rapporto riguardo le risorse (tempi, soldi, procedure) che consultori e altri medici hanno a disposizione per evitare il ricorso all’aborto, conferma la mancanza di una attività preventiva organizzata, nonostante che questo sia un obbligo di legge in capo a tutte le strutture ed i medici che rilasciano il certificato per abortire. Eppure non sarebbe così difficile cambiare le cose se si volesse. L’esperienza del numero verde 800.035.036 della Comunità Papa Giovanni XXIII, a cui si rivolgono ogni anno sempre più gestanti, mostra che la prima cosa che cercano le mamme, prima di qualunque aiuto concreto, è vicinanza, empatia, ascolto profondo del vissuto e delle difficoltà che stanno vivendo. E questo è sempre possibile offrirlo. In questo quadro è una magra consolazione il fatto che siano morti 373 bimbi in meno rispetto all’anno precedente. Mentre preoccupa il ricorso crescente alla pillola Ru486 (media regionale 38,4% ndr). Perché si tratta di un aborto lungo e doloroso, che lascia un segno più profondo nelle donne, come emerge dalle testimonianze raccolte. Tutto questo interpella le nostre comunità ecclesiali, perché “ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione (…) dei poveri” (Evangelii Gaudium), quindi siamo chiamati a superare la tentazione di guardare dall’altra parte, e “a sostituire i sentimenti di giudizio verso le gestanti con sentimenti di accoglienza, l’indifferenza con l’impegno in prima persona a sostenerle”, come ha scritto il vescovo Erio Castellucci in una dichiarazione congiunta con rappresentanti ortodossi ed evangelici pochi mesi fa.

Andrea Mazzi
Servizio Famiglia e Vita Comunità Papa Giovanni XXIII