Editoriale n. 38 dell’8 novembre 2020

La proposta: over 65 tutti a casa per aiutare figli e nipoti

Una politica solo assistenziale non crea futuro

Ci sarà un secondo lockdown? C’è chi sostiene che per ragioni sanitarie, dovremo fare presto un secondo lockdown. Nello stesso tempo per ragioni economiche e sociali c’è chi sostiene che non possiamo permettercelo, se non in una forma leggera. Bambini e ragazzi non possono permettersi di perdere un altro anno di scuola, e gli adulti perdere il lavoro, merce sempre più rara da difendere. La nostra attività ci mette quotidianamente in contatto con tanti settori produttivi e questo ci consente di affermare che quello attuale è un momento di grande incertezza, dove è necessario un giusto equilibrio fra protezione sanitaria e spinta economica. Il che però pone un difficile interrogativo: come si sceglie fra sanità ed economia? Sul versante del sistema sanitario la priorità è la ricerca del vaccino, ma fino ad allora dobbiamo fare prevenzione. Al riguardo, qualche direttiva più chiara sarebbe opportuna, specie al fine della gestione dei casi positivi: su questo fronte c’è margine di miglioramento. Sull’aspetto economico, ci sono situazioni differenti da considerare: le piccole attività sono smarrite, senza troppi aiuti; le aziende più strutturate stanno soffrendo meno, sicuramente in questo contesto la dimensione è di grande aiuto. Non solo, alcuni settori ne escono rafforzati, ad esempio quelli che operano nel digitale, soffrono maggiormente i settori più tradizionali. Per quanto riguarda i lavoratori, altro dato che si sta registrando è l’ampliamento della forbice fra lavoratori più deboli precari e quelli che hanno il posto fisso. Il Paese è diviso fra chi ha redditi garantiti dallo Stato o dai propri patrimoni, e chi invece deve uscire di casa per procurarsi un reddito. Spesso i precari sono i giovani: ed è proprio da lì che dobbiamo ripartire, dal tema dell’occupazione. Spostare il tiro dalla politica assistenziale che serve in emergenza, ma non crea futuro. In questo contesto molti si chiedono che aiuto potrà dare il Recovery Fund, il fondo garantito dal bilancio dell’Unione Europea per aiutare i paesi colpiti dal Coronavirus: diciamo un “aspetto positivo” del Covid lo si può ravvisare nella grande disponibilità di denaro messa a disposizione per superare la pandemia. Nelle difficoltà, la reazione ha portato a lavorare insieme per controbilanciare gli effetti negativi per trovare soluzioni, il che significa per l’Italia oltre 200 miliardi di euro, il 10% del Pil, che se vengono ben utilizzati possono essere una buona spinta. Solo quest’anno sono stati fatti interventi a pioggia per 100 miliardi, tenendo però presente che questi soldi arriveranno solo nel secondo semestre 2021, così come il vaccino. Nel breve periodo è possibile iniziare dalle infrastrutture, in logica green, e dalla sanità in logica digitale; poi ci sono temi di medio e lungo periodo, come educazione, ricerca, demografi a (famiglia, natività). Nel mentre ogni imprenditore deve fare la “propria parte”: quello che stiamo cerando di fare noi è di essere vicini ai clienti, con nuove proposte, e puntiamo molto sulla formazione e la crescita dei nostri dipendenti, per fidelizzare il rapporto di lavoro. Se crescono loro, cresce l’azienda, cresce la cura del cliente, inoltre il sostegno per il sociale ci permette di trasferire i nostri valori a tutti gli interlocutori. Ormai è chiaro, le leadership non hanno alcuna strategia se non il banale “chiudi-apri” fino al vaccino, ma questo modello è certamente dispendioso e si rischia il fallimento del paese. A fronte di questo scenario, una proposta per aiutare il contenimento della diffusione del virus potrebbe essere quella di metterci, noi che abbiamo superato i 65 anni, in un lockdown volontario fino alla primavera 2021, sottraendo in questo modo al rischio contagio le persone più fragili e permettendo ai giovani di frequentare la scuola e agli adulti di svolgere il proprio lavoro in serenità. Questa scelta dovrebbe essere convinta e assolutamente volontaria, ed è un contributo generoso verso figli e nipoti in un momento così drammatico. Spinti solo da un sentimento d’amore verso il prossimo.

Giovanni Arletti
presidente del Gruppo Chimar Spa