Santuario interdiocesano di San Giuseppe Artigiano a Carpi

Festa di San Giuseppe Artigiano e V Domenica di Pasqua 2021

Monsignor Ermenegildo Manicardi

Carissime sorelle e fratelli, la celebrazione di questa sera unisce la quinta domenica di Pasqua, che celebra Gesù risorto come la vera vite, la memoria di San Giuseppe Artigiano e Operaio e la Festa internazionale del lavoro.

Domenica della vite: il Risorto è la vite

La quinta domenica di Pasqua celebra Gesù risorto come la vera vite. È bella l’immagine di Gesù pastore che dà la vita per il gregge, ma affascinante è anche l’annuncio di Gesù che presenta se stesso come la vite che passa la sua vita ai tralci.

Un’immagine fondamentale dell’AT è quella del popolo di Dio descritto come una vigna, amorevolmente curata dal Padre. Gesù vi ha aggiunto due precisazioni decisive.

  1. La prima è che la stupenda vigna del Signore ha bisogno anche del lavoro degli uomini e di un lavoro ben fatto. La parabola di Gesù racconta che il Padre ha affidata la vigna a dei contadini, ma che non sempre questi fanno bene (Mc 12,1-12). Il lavoro della vite viene bloccato e i tralci diventano inutili e sterili per l’incuria o l’avarizia dei contadini. È un’immagine impietosa, ma purtroppo spesso vera. Sono situazioni che la società del mondo conosce e che talvolta conosce anche la Chiesa. La Chiesa è bella e feconda quando i suoi pastori e i suoi fedeli passano davvero e trasmettono la vita del Signore e non comunicano le proprie ristrettezze, le paure e le paranoie, come alcuni insensatamente fanno.
  2. La seconda precisazione è che Gesù presenta se stesso come la vite buona, piantata in questa vigna, e i suoi discepoli sono i tralci che godono della sua stessa pienezza di vita e la portano in giro nel mondo.
Il cristiano/tralcio porta in giro la vita di un altro: il sangue di Cristo

La conclusione di questa precisazione di Gesù è che il cristiano/tralcio porta in giro la vita di un altro: il cristiano che partecipa all’eucaristia deve portare in giro nel mondo nelle sue vene il sangue di Cristo. Dovremmo avere nelle nostre arterie il sangue di Gesù risorto. Nel mistero dell’Eucaristia, forse noi sottovalutiamo il segno del sangue. Nel «corpo» c’è già tutto: il corpo non è tale se non ha il sangue “dentro”. Allora, possiamo chiedersi: cosa ci sta a fare «il sangue» nelle nostre eucaristie? Perché Gesù, quando la cena era ormai finita, ha offerto anche il calice?

Il mistero dell’Eucaristia è il suo sangue nel nostro sangue: il sangue di Cristo, che riceviamo nella Santa Messa è un doppio vaccino:

  1. di immortalità, risurrezione e vita eterna;
  2. ma anche di generosità e altruismo in questa nostra vita.

Il vero cristiano è il tralcio che sa sfruttare questa trasfusione salvatrice.

Il tralcio Giuseppe lavoratore

Uno dei tralci più belli della vite, che è Cristo, è San Giuseppe con il suo stile di silenzio, lavoro, affetto, e rischio di sé per gli altri. Pensiamolo mentre fugge, emigrante, in Egitto (Mt 2,13ss). Accanto a Giuseppe, Gesù ha imparato «l’umile arte del falegname». È il padre terreno che ha dato alla sua incarnazione questo importante ritocco, anzi questo interessante arricchimento d’umiltà.

Cosa possiamo chieder ea San Giuseppe artigiano per i lavoratori di oggi, in questo 1° maggio 2021? La terribile prova della pandemia ha messo a nudo i limiti del nostro sistema socio-economico. Nel mondo del lavoro si sono aggravate le diseguaglianze e si sono create delle nuove povertà. Quando il blocco dei licenziamenti, finora imposto dai governi, verrà tolto la situazione diventerà drammatica.

Anche per il lavoro e per il futuro economico abbiamo bisogno di vaccini. Il recovery plan dovrebbe funzionare proprio come un vaccino di questo tipo. I Vescovi italiani, però, hanno elaborato un’immagine altrettanto ricca, quando affermano che la pandemia ha bisogno del «vaccino sociale», rappresentato dalla rete di legami di solidarietà e dalla forza delle iniziative della società civile. In questo ambito anche i cristiani e la Chiesa devono farsi onore. Papa Francesco ci ha già avvertiti più volte: «Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi».

La Settimana Sociale di Taranto: tentativo di studiare la bussola

In questo panorama serio ma di possibili speranze, la Chiesa in Italia ha orientato il suo cammino verso La settima sociale dei cattolici italiani che si terrà a Taranto (21-24 ottobre 2021). Taranto è la città italiana emblematica di uno sviluppo che, per essere economicamente redditizio è diventato dannoso per la salute. L’industria, per essere produttiva e competitiva, ha danneggiato l’ecologia necessaria alla vita dell’uomo. Molti uomini hanno lavorato, hanno guadagnato e alcuni son diventati ricchi, ma diversi si sono ammalati, talvolta mortalmente e la comunità degli uomini è diventata davvero decisamente povera.

Il tema scelto è interessante “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro: tutto è connesso”. Al centro della riflessione su come coniugare il benessere sociale e l’integrità degli ecosistemi del pianeta vi è il tema del lavoro, che unisce l’uomo alla terra e lo lega al suo prossimo.

Da alcune settimane anche a Carpi è iniziato il cammino di preparazione alla settimana sociale di ottobre. Una novità bella è che abbiamo avviato una delegazione comune della diocesi di Carpi e dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola. È partita – debbo dire con orgoglio – per una proposta proprio di Carpi, che ha preso avvio dalle Aggregazioni laicali presenti nel Consiglio Pastorale diocesano.

Sarei tentato, ma non posso spiegare qui il tema e i modi di questo cammino. Soprattutto il settimanale Notizie terrà informati e chiederà collaborazione. A Taranto si vorrebbe parlare della concretezza delle buone pratiche in atto in Italia, che saranno testimoniate dalle delegazioni diocesane. … E qui in Emilia di buone pratiche, si dice che ce ne siano parecchie: perché, per esempio, non parlare del biomedicale del comprensorio mirandolese. Prepariamoci allora a dare un contributo serio e atteso.

La preghiera a San Giuseppe

Stasera si chiude anche il cammino dei quattro sabati, in cui abbiamo chiesto a San Giuseppe di esser liberati davvero dalla pandemia. Aggiungiamo un’ultima domanda.

San Giuseppe lavoratore ci insegna ad abitare il nostro territorio con le sue potenzialità di innovazione ma anche con le ferite visibili sui volti di molte famiglie e persone in crisi. Come credenti condividiamo le preoccupazioni, ma ci facciamo carico di sostenere nuove forme di imprenditorialità e di cura.

Il documento di preparazione a Taranto afferma: … la conversione che ci è chiesta è quella di passare dalla centralità della produzione a quella della generazione: ciò che facciamo non può essere slegato dalle possibilità che lasceremo alle future generazioni … (cf. n. 25). In soldoni. Sembra che non occorrano soltanto, più soldi, ma in realtà anche più figli.

Giuseppe è il Santo del lavoro, ma è anche il padre di Gesù. È lui che guidato il suo bambino e il suo ragazzo dentro la società e che ha insegnato un mestiere al figlio di Maria.

 Chiediamo a Lui di sapere ricuperare un gusto serio per un lavoro positivo, per un lavoro che rispetti l’universo, custodisca la giustizia e prepari la strada alle generazioni dei nostri figli e di quanti da noi cercano benessere e vita.                AMEN