La meditazione del Vescovo Francesco Cavina sulle letture della quarta domenica di Avvento

Come Giuseppe giusti davanti a Dio

Nel brano di Vangelo di questa quarta domenica di Avvento ricorrono alcune parole sulle quali è utile soffermarsi.
La prima parola è l’aggettivo giusto attribuito a San Giuseppe, sposo castissimo della vergine Maria e padre putativo di Gesù. Che senso ha questo aggettivo? Nel contesto del Vangelo che stiamo commentando descrive il modo con cui Giuseppe si relaziona nei confronti di Dio. Egli è “giusto davanti a Dio”. Troviamo questa espressione, ad esempio, anche in Atti 10,22, dove il centurione Cornelio è chiamato “uomo giusto e timorato di Dio”. 
L’uomo giusto è colui che, senza pretese, si ritira rispettosamente davanti all’intervento di Dio, all’azione di Dio, e accetta la Sua volontà. Giusto, quindi, è colui che accetta il piano di Dio e la sua volontà anche se questi sconcertano la sua esistenza. Potremmo descrivere l’atteggiamento di Giuseppe in questo modo: “Dio è all’opera in Maria e io devo lasciarlo agire, è necessario che mi ritiri e sia disposto ad accettare il compito che mi attende”.
In questo modo ci viene detto che all’origine della vita di Gesù, non c’è Giuseppe, ma lo Spirito Santo. Gesù non è figlio di Giuseppe, ma creatura dello Spirito Santo. La sua origine è in Dio. Tuttavia, pur essendo di origine divina, Gesù deve appartenere alla storia di un popolo, il popolo ebraico. Per incarico di Dio Giuseppe diventa per legge il padre del bambino.
L’altra espressione sulla quale vogliamo soffermarci è il nome del bambino che nascerà dalla Vergine per opera di Spirito Santo: Emmanuele, “Dio con noi”. Questa espressione ci porta ad interrogarci ancora una volta sull’identità di Gesù. Chi è Cristo? Gesù è la presenza di Dio in mezzo a noi. In Lui si rivela chi è Dio per noi – Padre -, il suo progetto di salvezza nei confronti dell’uomo – per mezzo di Gesù siamo liberati dal nostro peccato e giungiamo a Dio – e chi siamo noi per Lui – siamo figli.
Rimane da sapere In che modo Dio è con noi? Il Vangelo di Matteo si conclude con le stesse parole con cui è iniziato. Cristo risorto dice ai suoi apostoli, prima di congedarsi da loro: Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo (28.20). Sono parole di grande consolazione e conforto perché ci dicono che il Signore non abbandona coloro che credono in Lui e non abbandona il mondo in balia di forze avverse e nemiche dell’uomo. Gesù continua ad essere presente nella comunità riunita nel suo Nome, negli apostoli missionari, nei fratelli bisognosi, nella Chiesa che annuncia la Parola. 
Anche noi come San Giuseppe siamo chiamati ad essere “giusti davanti a Dio”. E possiamo anche dare un contenuto a questa giustizia. Essere giusti davanti a Dio significa: accogliere la volontà di Dio sulla mia vita, osservare la sua parola, essere riconoscenti per il dono della grazia in cui siamo rinati nel giorno del nostro battesimo e che va accolto tutti i giorni, vivere i nostri rapporti con gli altri fondati sulla bontà e sulla misericordia. 
La grazia del Natale non è comprensibile a chi si chiude in sé, perché ha come suo principio la carità indicibile e misteriosa del Padre che ha donato il suo Figlio per l’uomo. Quando coltiviamo tra noi questo amore e questa donazione, allora diventiamo persone veramente libere, perché andiamo oltre i confini e i limiti del nostro io, dei nostri soli interessi, e nella comunione con gli altri cresciamo a immagine di Cristo, che nasce per noi. E insieme ci sentiamo gioiosi.

+ Francesco Cavina