La speranza nasce dall’amore

Comunità in festa per la “Guazza” e l’assemblea parrocchiale incontra don Mattia Ferrari

Uno sguardo al futuro… con speranza”. Si racchiude in questo slogan il senso che ha assunto quest’anno la tradizionale festa della “Guazza” che ha riunito la comunità parrocchiale della Cattedrale presso l’Oratorio Eden sabato 21 e domenica 22 giugno. Prima la messa all’altare del campo con tutte le realtà attive in parrocchia, poi la cena con oltre trecento presenze, e la festa che ha riunito tutti. Novità di quest’anno un programma e uno spazio gestito dai giovani. La domenica mattina la convocazione dell’assemblea parrocchiale per un momento di confronto sui prossimi passi che porteranno all’unificazione della diocesi di Carpi con quella di Modena. Una riflessione che non è rimasta pura teoria ma si è innestata nella realtà concreta della testimonianza di don Mattia Ferrari, sacerdote modenese, molto noto per il suo impegno come cappellano di Mediterranea Saving Humans. “Cosa vuol dire speranza?”, si è chiesto don Ferrari, “a volte si rischia di confondere la speranza con un’utopia, ha senso la speranza o è una cosa da sciocchi, da illusi? Noi cristiani sappiamo che la speranza non un qualcosa di astratto ma di concreto perché la speranza nasce dall’amore: il simbolo della speranza per noi cristiani è la croce di Gesù. E’ interessante perché la croce prima di tutto è il simbolo della sconfitta di Gesù. Gesù è venuto nel mondo a portare l’amore e finisce sulla croce, però nella croce Gesù vince. Noi siamo chiamati a portare nel mondo di oggi questa speranza lo facciamo in mare tendendo la mano, lo facciamo negli oratori, tendendo la mano, lo facciamo negli ospedali, nelle carceri… ma questa è la speranza che siamo chiamati a portare, la speranza che nasce dalla croce”. Certo il contesto attuale, le notizie quotidiane di un’escalation militare terribile ricordano a noi cristiani che la speranza non nasce da una ideologia politica ma nasce dalla croce di Gesù e tante volte si realizza. Il racconto di don Mattia si arricchisce di episodi frutto dei suoi incontri: “Qualche mese fa a Palermo ho sentito la testimonianza di un giovane migrante che parlando di speranza riferiva di un dialogo con una ragazza che gli diceva di essere stata molto sfortunata nella vita. Allora il giovane migrante arrivato via mare le ha risposto che ‘non esiste fortunato o sfortunato perché nessuno è stato più sfortunato di me: nel mio paese ho dovuto lasciare la famiglia, gli amici e tutto ciò che avevo, durante l’attraversamento del deserto mi sono rotto una gamba, poteva essere la mia fine perché rompersi la gamba nel deserto vuol dire essere abbandonato da tutti gli altri. Però è successo che delle persone che erano con me si sono fermate, hanno rischiato di rimanere tutti bloccati. Il risultato qual è? Mi sono salvato perché ci sono persone

che mi hanno amato, anche in mezzo al deserto, anche nel momento più difficile”. Per questo motivo una volta giunto in Italia ha voluto fondare un’associazione di solidarietà perché “la solidarietà ha salvato me ora voglio che la solidarietà salvi altri’. Capito allora quanto è vero che la speranza nasce dall’amore, anche nel momento di maggior disperazione, come nel deserto, può nascere la speranza. Se si ama. Per questo per noi cristiani fede, speranza e carità sono tre virtù teologali che discendono da Dio. Dobbiamo anche ricordarci che riusciamo a riconoscere i segni di Dio nella storia se abbiamo il cuore aperto e il coraggio dell’amore”. L’esperienza di Mediterranea Saving Humans è stata portata anche al recente Sinodo dei Vescovi, con la presenza come esperto di Luca Casarini, e tanti sono gli episodi vissuti con il “cuore aperto all’amore perché se usciamo da noi stessi per tendere la mano ai nostri fratelli, ai nostri compagni in parrocchia, negli oratori o ai migranti in mare o negli ospedali, a tutti… se usciamo da noi stessi e tendiamo la mano a chi è in difficoltà allora lo Spirito Santo c’è, e noi dobbiamo avere il cuore aperto per riconoscerlo e magari lo Spirito Santo appunto ci sorprenderà… se abbiamo un cuore aperto possiamo riconoscerlo se invece abbiamo il cuore chiuso e non mi interessano gli altri, i poveri ecc… per forza non riusciamo a vedere i segni dello Spirito Santo perché lui agisce quando usciamo da noi stessi per andare incontro agli altri”.

Il saluto di don Mattia Ferrari alla comunità della Cattedrale è un richiamo al valore dell’amicizia come profondità delle relazioni, tra i sacerdoti, tra le comunità, e visto che questo incontro è avvenuto nella solennità del Corpus Domini “lo vediamo in modo particolare perché non è solo Gesù che si dona nel suo corpo, ma è Gesù che dona corpo e anima, si fa oggetto per entrare in relazione con noi, diventa la presenza viva, la relazione con Gesù è la cosa più preziosa che abbiamo. La nostra relazione con gli altri è la cosa più preziosa che possiamo condividere, la vita è fatta per essere relazione, Dio è relazione, Padre Figlio e Spirito Santo. Quindi quello che possiamo fare nella nostra piccola missione è costruire relazioni e anche queste relazioni di amicizia sono importanti per noi”.