L’unione dei Sacerdoti Piccoli Apostoli alla prova della guerra e della Resistenza nel territorio modenese 

Tra i giovani sacerdoti attratti dalla proposta di don Zeno Saltini anche don Silingardi che poi si trovò in carcere con don Beccari e don Tardini, tutti e tre salvati dal sacrificio di tre Suore Adoratrici 

Con questo articolo termina la presentazione dei profili dei sacerdoti che, con don Zeno Saltini, diedero vita all’Unione dei sacerdoti Piccoli Apostoli, un’esperienza che, come abbiamo verificato, si è intrecciata fortemente con il periodo della guerra prima e della resistenza poi.

Don Ivo Silingardi
Don Ivo Silingardi nasce a San Matteo, Modena, il 28 agosto 1920. Entra in seminario all’età di tredici anni e ne esce sacerdote a ventitré, il 18 luglio 1943. È attratto fortemente da don Zeno Saltini e dalla sua opera già da tempo attiva a San Giacomo Roncole e si unisce alla comunità. Pur essendo molto legato e grato a mons. Vigilio Dalla Zuanna, vescovo di Carpi dal 1941 al 1952, il suo primo incarico è la gestione nell’Opera Pia Bianchi a Casinalbo di Formigine dove sono accolti ed aiutati circa 50 ragazzi piccoli apostoli. Durante gli anni della guerra, don Ivo non si tira indietro e la sede di Casinalbo, in una posizione strategica a metà strada tra la pianura e la montagna, diventa una tappa per i fuggitivi che cercano di raggiungere i partigiani della Brigata Italia sull’Appennino. Qui si nascondono perseguitati politici, ebrei (il sacerdote ricorda che in un solo giorno ne giunsero 36) e prigionieri alleati in fuga. Come detto, viene arrestato, portato in questura a Modena poi a Mirandola. Dopo un lungo e violento interrogatorio, viene ricondotto a Modena, poi a Campiglio di Vignola e, infine, nelle carceri di San Giovanni in Monte Bologna dove ritrova gli altri, don Tardini e don Beccari. Di quei mesi rimangono indelebili i ricordi di tante giovani vittime alle quali è stata barbaramente tolta la vita. A metà aprile, don Ivo e don Arrigo, con altri prigionieri, vengono portati a Massa Finalese e caricati su un treno locale che li porta a Modena dove vengono rinchiusi nel carcere di S. Eufemia. Ricorda il sacerdote: “Verso le 9 della domenica mattina [22 aprile 1945] sentiamo scompiglio e confusione in via Bonacorsa ove sono le carceri. Immaginiamo che la situazione precipiti. Anche all’interno cominciamo ad agitarci. Si aprono le porte, usciamo tutti. Lungo corso Canalchiaro molta gente ci abbraccia e ci applaude. La bufera è finita”. Negli anni successivi, don Ivo non seguirà le vicende di Nomadelfia ma ne seguirà lo spirito di devozione totale per i piccoli, realizzando tante realtà educative, formative e di accoglienza ancora oggi attive nel nostro territorio.

L’arresto e il miracolo delle tre Suore Adoratrici
All’arresto dei tre sacerdoti è legato un episodio molto particolare che riportiamo dalle parole di don Zeno così come gli è stato riferito al termine della guerra: “Monsignor Pranzini ha fondato a Bologna le Adoratrici, un ordine di Adoratrici, proprio fondate da lui. Perché sotto di lui si è fondato le Adoratrici di Bologna, Nomadelfi a [fondata da don Zeno Saltini], l’Opera di Mamma Nina [fondata da Marianna Saltini] e i Piccoli Oblati [fondata da don Vincenzo Saltini], quattro opere. Sicché queste quattro opere sono legate, insomma, almeno in lui, sono legate. E queste suore adorano, fanno l’adorazione e poi lavorano, si capisce, fanno le loro cose, ma sono adoratrici. Loro adorano molte ore in un giorno, in una notte. Allora è successo che don Ennio, don Beccari e don Ivo di Nomadelfia sono stati arrestati perché avevano fatto un ufficio a Nonantola e c’era il seminario e prendevano gli ebrei e li vestivano da preti, i figli degli ebrei da seminaristi e poi li tenevano in questo seminario, e uscivano fuori questi “pretini”. E poi gli facevano i timbri falsi perché bisognava dimostrare che erano cattolici. […] Sicché hanno salvato tanti di quegli ebrei con questa cosa qua. Arrivano proprio là i tedeschi […] E li hanno messi in prigione a Bologna. Queste Adoratrici cosa fanno? Sapendo che questi tre sacerdoti di Nomadelfia sono andati a finire là, e dovevano fucilarli, allora invece loro hanno fatto l’adorazione: in tre hanno detto: “Signore se tu li salvi noi siamo disposte a morire. Dare la vita per loro, perché questi devono fare delle cose belle, devono fare queste cose. Noi intanto siamo qui, per noi la vita è questa”. […] Fatto sta che è arrivato il passaggio delle cose e sono usciti, sono stati otto o nove mesi là. Sono usciti, poco dopo le tre suore sono morte, tutte e tre. Guardate che fatti ci sono sotto Nomadelfia: tre suore morte tutte e tre. Avevano off erto a Dio e sono morte, ha accettato la loro vita e quando li prendo io per la giacchetta proprio da vicino: “Tienti in mente che costi troppo tu”. […] Una cosa incredibile. Eppure, non hanno mica fucilato nessuno. Quest’ostia bianca là che loro vanno adorare, guardano, vanno a dire: “Io, se tu accetti, do la vita per quello là”, tutte e tre hanno dato la vita, e ha accettato. Quando questi sono usciti così, ad una ad una sono morte e arrivederci. A me l’hanno raccontata così perché è vero”. Di questo episodio hanno scritto anche don Silingardi e don Beccari evidenziando, ancora una volta, la rete che si era sviluppata in quegli anni, forgiata dai tempi e dai carismi che sacerdoti, religiosi e laici hanno messo in campo per realizzare una nuova civiltà. A noi sta proseguire insieme su questa strada da loro tracciata in modo così luminoso e appassionato.

5-fine

foto archivio Nomadelfia

Ringraziamo Maria Peri per averci accompagnato nella conoscenza di fatti e personaggi che hanno intrecciato la storia delle diocesi di Carpi e di Modena in un periodo così fecondo tra la seconda guerra mondiale, la resistenza e il dopoguerra. La testimonianza di questi giovani sacerdoti, entusiasti e desiderosi di unirsi per mettere in pratica il vangelo, oltre ad essere un esempio di attualità, dimostra che quando a guidare i passi della Chiesa sono lo Spirito e la carità i confini diocesani sono ben poca cosa e tutt’altro che insormontabili. Suggerimenti di lettura Balboni MP., Bisognava farlo. Il salvataggio degli ebrei internati a Finale Emilia, Giuntina, Firenze 2012 Enrico Ferri (a cura di), Dalla parte giusta. Lettere dal carcere di don Arrigo Beccari, Giuntina Firenze 2007 Ferri E., Il sorriso dei ribelli. Don Elio Monari e la rete modenese di soccorso a ebrei e soldati alleati, Giuntina, Firenze 2013 Paganelli L., Don Elio Monari e Chiesa e società a Modena tra guerra e Resistenza 1940-1945, Mucchi, Modena 1990 Rinaldi R., Storia di don Zeno e Nomadelfi a, Nomadelfi a edizioni, Roma 2003 Sgarbossa M., Don Zeno di Nomadelfia…e poi vinse il sogno, Città Nuova, Roma 2008 Trionfi ni P., Zeno Saltini. Il prete che costruì la città della fraternità universale, Centro Ambrosiano, Milano 2004 www.nomadelfi a.it/


Prosegue la presentazione di alcuni profili di sacerdoti che diedero vita con don Zeno Saltini all’Unione dei Sacerdoti Piccoli Apostoli e furono particolarmente attivi nell’organizzazione della Resistenza nel territorio modenese. Dopo don Enzo (Luigi) Bertè, don Elio Monari, don Benedetto Richeldi e don Nino Magnoni ecco don Arrigo Beccari e don Ennio Tardini.

Don Arrigo Beccari Nato a Castelnuovo Rangone nel 1909, don Arrigo Beccari viene ordinato sacerdote nel 1933 e dal 1940 è rettore della parrocchia di Rubbiara, frazione di Nonantola, dove è insegnante ed economo del Seminario Minore. Si trova ad aiutare un numeroso gruppo di giovani ebrei che, in fuga da vari Paesi, arrivano Nonantola in una villa – Villa Emma – gestita dalla Delasem (organizzazione ebraica che opera in Italia tra il 1939 e il 1947 per aiutare gli ebrei internati o perseguitati e si avvale anche del supporto di numerosi non ebrei): Manca tutto, a Villa Emma, abbandonata da vent’anni. Don Arrigo porta le brandine del seminario, viene organizzata la scuola, una stanza diventa sinagoga. Arrivano gli aiuti delle comunità israelitiche. Una vita quasi normale: si può fare il bagno nel Panaro, quando il sole picchia sulla pianura.

Dopo l’8 settembre 1943 e la minaccia delle deportazioni, don Beccari si attiva per mettere in salvo questi 73 ragazzi ormai entrati a far parte della comunità locale. Si avvale di una serie di aiuti, in particolare del dottor Giuseppe Moreali e, con il consenso del rettore, mons. Ottaviano Pelati, per alcune notti un numero consistente di ragazzi e ragazze vengono ospitate nelle stanze dei seminaristi, mentre altri sono nascosti presso diverse famiglie in paese e nei casolari attorno. In particolare, è il legame di amicizia tra il referente del gruppo Indig, Moreali e don Beccari a permettere di creare una solida rete di accoglienza e salvataggio, coinvolgendo larga parte della comunità nonantolana.

Quando, la mattina del 9 settembre, le truppe naziste entrano a Nonantola, Villa Emma è già stata abbandonata. Procurate carte di identità false, vengono organizzati tre gruppi che partono da Nonantola tra il 6 e il 16 ottobre 1943, riuscendo a raggiungere avventurosamente la Svizzera. Dopo avere prestato aiuto al gruppo dei ragazzi ebrei di Villa Emma, insieme a don Ennio Tardini, Giuseppe Moreali e altri membri della comunità nonantolana mette in piedi una rete clandestina, di cui la sua canonica diventa la base operativa, per fornire documenti falsi, curare e nascondere altri ebrei in fuga, partigiani, antifascisti, disertori italiani dopo l’8 settembre, soldati alleati. Denunciato, viene arrestato insieme a don Tardini e don Silingardi nel novembre 1944 e imprigionato nel carcere di San Giovanni in Monte a Bologna. Condannato a morte, viene salvato dalla Liberazione. Nel dopoguerra il suo impegno continua, realizzando una scuola di avviamento professionale per i ragazzi più poveri e gli orfani di guerra, improntata a una pedagogia innovativa. È stato parroco di Nonantola fi no al 1986 ed è morto nel 2005.

Don Ennio Tardini Don Ennio Tardini nasce a Formigine il 23 ottobre 1918 e viene ordinato sacerdote il 9 giugno 1941 quando non ha ancora 23 anni. Divenuto insegnante al seminario minore di Nonantola, dietro una colonna della vecchia abbazia benedettina ascolta per la prima volta don Zeno, che parla al popolo per tre sere nel febbraio 1942. Poco dopo con altri sacerdoti, decide di unirsi ai sacerdoti Piccoli Apostoli. In una intervista del 1984, don Tardini ricorda che era insegnante con don Beccari in seminario a Nonantola quando è stato il tempo di decidere da che parte stare e chi e come aiutare.

Col permesso dei vescovi, i sacerdoti Piccoli Apostoli, oltre al patto di fraternità fra di loro, decidono di dedicarsi a tempo pieno alle tante necessità e urgenze del tempo. Don Ennio ricorda che hanno cominciato a presentarsi in parrocchia a Rubbiara ebrei, soldati americani e antifascisti per cercare una via di fuga. Rubbiara era una piccola parrocchia di campagna, dove c’erano zone e pertugi nelle quali nascondere le persone. Tra queste, il sacerdote ricorda Ennio Pacchioni, membro del partito d’Azione che è rimasto lì per diversi mesi. Anche don Tardini ricorda la grande azione svolta per i ragazzi di Villa Emma e il coinvolgimento dei sacerdoti e degli abitanti della zona fi no alla loro fuga in Svizzera.

Intanto si era diff usa la voce che a Nonantola c’era il modo di potere avere documenti falsi. «Allora – ricorda il sacerdote – con don Arrigo è venuta l’idea, dato questo fatto di queste vittime della persecuzione che si rivolgevano a noi e noi in coscienza eravamo tenuti a difenderli come fa il sacerdote per chiunque. […] Nascondere quelli che non potevano trovare altre soluzioni, o per lo meno avere di questi documenti per poter, una volta che c’erano di questi blocchi lungo le strade di qua di su e di giù, poter dimostrare “Oh, io sono in regola!”. E ricordo che – stiamo parlando sempre degli ebrei – i più facoltosi, che avevano mezzi, era più facile potere trovare il sistema di andare verso la Svizzera, ma ne venivano anche delle famiglie povere che non sapevano neanche… Eh, dove andiamo noi? Erano disastrati, hanno dovuto scappare via, nascondersi, fuggivano, poi erano anche poveri, non avevano i mezzi di sussistenza. E ricordo che lì, proprio nelle zone nostre, tre famiglie di ebrei che venivano dalla Jugoslavia, avevamo trovato il sistema di collocarle presso famiglie a Formigine e a Fiorano. Le tre famiglie degli Stark si chiamavano: Otto Stark, Carlo Stark e Mirco Stark; io li ricordo bene.

Sono venuti proprio in seminario a Nonantola a chiedere aiuto perché non sapevano dove sbattere la testa. […] Allora c’era già questa ramificazione, don Monari da S. Biagio di Modena, lui si teneva in relazione con noi e ci smistava ebrei che venivano anche da Firenze. Ricordo che una volta, quando si arrivava a mangiare al mezzogiorno a tavola, sentivo suonare il campanello della porta del seminario e dico: “Allora ci siamo!”. Noi sapevamo che doveva mandarci circa in quell’orario lì. Si andava là a sentire, si presentava questa gente, questi forestieri con queste letterine di don Monari. Anche Martini, per esempio, quando è sfuggito dall’Ospedale dove restò ferito e che Don Monari è riuscito a farlo scappare, che poi si è poi nascosto, mi sembra, nella zona di Casinalbo » dove don Ivo gestiva la scuola agraria con alcuni piccoli apostoli. Dunque, il seminario di Nonantola diventa un centro della resistenza modenese e don Ennio è partecipe di tutte le attività clandestine che vi si organizzano e realizzano. Il 16 settembre 1944 viene arrestato con don Beccari e vengono portati al carcere bolognese di San Giovanni in Monte dove ritrovano anche don Silingardi. Con loro c’è anche il piccolo apostolo Danilo Orlandini – che sarà inviato in un campo di concentramento in Germania – e sei giovani delle prime formazioni cattoliche in pianura che verranno poi impiccati proprio accanto al Casinone a San Giacomo Roncole; don Tardini viene scagionato dagli altri due sacerdoti nel novembre 1944. Dopo questo evento, don Ennio si trasferisce a Formigine dove continua a prodigarsi per la salvezza di alcuni ebrei, alcuni dei quali erano rifugiati presso le sue sorelle. Al termine del conflitto il sacerdote continuerà a seguire le vicende della nascente Nomadelfia e, dal 22 marzo 1981, sarà il successore di don Zeno. Muore in un incidente nel 1984.

4 – continua


Capo spirituale il cappuccino Dalla Zuanna, il suo eroe don Elio Monari e il suo precursore don Zeno Saltini per l’impulso e l’impronta che diede 

Nel 1968, Ilva Vaccari ne “Il tempo di decidere”, scriveva così di don Zeno e la sua partenza verso il sud Italia nel settembre 1943: «Lascia in eredità, però, un movimento che collega numerosi giovani preti e parroci di città e di campagna, a contatto con le masse popolari e muoventesi, sotto la spinta di esse, sul terreno dell’antifascismo e del patriottismo. Esso troverà il suo capo spirituale nel cappuccino Dalla Zuanna … il suo eroe in don Elio Monari … e il suo precursore in don Zeno Saltini … per l’impulso e l’impronta che diede alla resistenza cattolica carpigiana».

Don Luigi Bertè detto don Enzo Dal settembre 1943 all’aprile 1945, molte saranno le vicissitudini che si abbattono sul casinone. Don Luigi Bertè, detto don Enzo, dovrà difendere i suoi ragazzi in tutti i modi dalla fame e dalla guerra: alcuni verranno arrestati, altri si dirigeranno verso la montagna, altri si impegneranno nella resistenza in pianura. Purtroppo, non mancheranno le vittime. Ma don Enzo va oltre. Nel suo testo, Rinaldi racconta che il sacerdote si reca nel palazzo comunale di Mirandola per un colloquio con il commissario prefettizio il quale, al suono della sirena dell’allarme aereo, scappa senza neanche salutare. Il sacerdote ne approfitta per prendere un timbro che servirà per contraffare le carte di identità da fornire a un gruppo di 16 ebrei in fuga. In alcune interviste rilasciate negli anni successivi, don Enzo ricorda come ha tenuto i collegamenti con i sacerdoti dell’Opera che andavano creando una rete di solidarietà per la Resistenza e nei confronti dei perseguitati. Don Enzo fa centinaia di chilometri in bicicletta per fare loro visita, per visitare i confratelli imprigionati a Bologna, per evitare i lavori obbligatori in Germania ai giovani rimasti. Alla fi ne dovrà lui stesso nascondersi perché ricercato, ma tornerà occasionalmente a S. Giacomo Roncole per sistemare situazioni urgenti. La fame, i sacrifici e i pericoli vissuti in quegli anni gli procurano uno stato di prostrazione fi sica che durerà a lungo. Fino al 1950 don Enzo rimane parroco di S. Giacomo Roncole, poi don Zeno lo invia a Zambla Alta (BG), in una casa di Nomadelfia utilizzata come sanatorio per i giovani arrivati a Nomadelfia in precarie condizioni per la malnutrizione. Vi rimane fi no al 5 febbraio 1953 e nei mesi successivi si dedica ad aiutare don Zeno nella sistemazione di alcune situazioni di difficoltà che si vengono a creare dopo lo scioglimento di Nomadelfia. Si prende cura di questa realtà fi no alla fine dei suoi giorni, diventando secondo successore di don Zeno. Muore nel 2009. Tra i sacerdoti piccoli apostoli alcuni altri si distinguono in particolar modo nel periodo della Resistenza locale: li riscopriamo insieme.

Don Elio Monari Don Elio Monari nasce nel 1913 a Riola, frazione di Spilamberto da Augusto e Luigia Ori, mezzadri. Dopo aver frequentato le scuole elementari a Maranello, nell’ottobre del 1924 entra come convittore all’Istituto Sacro Cuore di Modena per frequentare il ginnasio. Negli anni scolastici 1927-28 e 1928-29 continua il ginnasio presso il seminario di Fiumalbo ed è in quel periodo che inizia a maturare la sua vocazione religiosa. Nel 1929 entra nel seminario di Modena e viene ordinato sacerdote il 28 giugno 1936. Nel 1937 si iscrive all’Università Cattolica di Milano alla Facoltà di Lettere e si laurea nel 1941. Insegna Letteratura latina e Greco nel seminario modenese sino al 1943; poi, a causa del suo impegno nella Resistenza, passa alla parrocchia di San Biagio, da monsignor Carlo Dondi. Gli stessi superiori gli consigliarono di abbandonare l’insegnamento perché ormai troppo esposto. Nel 1938 viene nominato assistente della Federazione Interdiocesana delle Associazioni Giovanili di Azione Cattolica (GIAC) che, proprio in quegli anni, riprende vigore. È stato tra i protagonisti della resistenza civile a Modena. Nella rete che va costituendo sono operativi sacerdoti, laici, ebrei, antifascisti. Grazie a tutti loro, molti soldati alleati fuggiti dai campi di concentramento di Modena e dal campo Fossoli di Carpi, così come anche degli ebrei, riuscirono ad espatriare in Svizzera o ad attraversare il fronte. Il 20 maggio 1944, divenuta troppo pericolosa la sua presenza a Modena, si sposta in Val di Secchia dove operano alcune formazioni partigiane modenesi. Da lì si muove verso Montefiorino, adotta il nome di don Luigi e vive in mezzo ai partigiani guadagnandone la stima. Periodicamente si sposta per farsi vicino a tutti i partigiani di montagna, a qualunque formazione appartengano. Viene catturato a Piandelagotti dai nazisti il 5 luglio 1944. Trasferito a Firenze viene fucilato, insieme al capitano Enzo Feliciani, all’alba del 16 luglio. I suoi resti vennero ritrovati solo nel 1956; oggi è sepolto nel cimitero di Rifredi (FI).

 [1] Don Benedetto Richeldi e don Nino Magnoni Della rete di don Elio Monari faceva parte anche don Benedetto Richeldi, aiuto parroco a Massa Finalese. Con il suo operato e una rete di persone che lo circondano, riesce a mettere in salvo una decina di ebrei instradandoli verso la Svizzera (alcuni saranno temporaneamente nascosti presso il Collegio san Carlo di Monteombraro, guidato con dedizione e coraggio da don Nino Magnoni, di origine nonantolana). Nei mesi successivi don Richeldi diventa economo spirituale a San Biagio in Padule dove entra in contatto con i gruppi clandestini della zona. Tradito da una spia a fi ne luglio 1944, rischiando l’arresto, si rifugia a Fiorano presso la sua famiglia, poi a Palagano, dove rimane fi no alla liberazione, sotto il falso nome di don Carlo Carlini. [2]

3 – continua

[1] Biografia da: https:// it.gariwo.net/giusti/shoahe- nazismo/don-elio-monari- 10202.html

2] http://giustiemiliaromagna.it/giusti/don-richeldi/


L’Opera dei Sacerdoti Piccoli Apostoli presentata ai Vescovi di Carpi e di Modena, non un nuovo istituto ma un’unione di intenti e operativa per rilanciare le parrocchie e riportare il popolo a Dio

S. Giacomo R. 21 Gennaio 1946 in cima alla scalinata del casinone Don Zeno con il vescovo Fiore Domenico Ausiliare della Diocesi di Magliano Sabina, don Aldo Troscia, altri Sacerdoti e laici

Al termine della prima parte di questa trattazione (Notizie n. 12) abbiamo pubblicato il testo sottoscritto da don Zeno Saltini, don Giuseppe Diaco, don Elio Monari, don Ennio Tardini, don Nino Magnoni, don Arrigo Beccari e don Luigi Bertè con il quale intendevano dare vita ad un primo abbozzo di statuto dei Sacerdoti Piccoli Apostoli. Al termine dell’incontro, siamo al 23 gennaio 1943, i sacerdoti scrivono ai rispettivi vescovi – Dalla Zuanna e Boccoleri – per presentare loro l’iniziativa cercando di prevenire eventuali obiezioni. Ecco il testo della lettera: “Eccellenze Reverendissime, I discorsi del Santo Padre, le pubblicazioni da parte degli Eccellentissimi Vescovi, le molteplici iniziative dei parroci, il generale discendere dei costumi e la voce che dalle masse popolari pare scaturisca quasi grido di lamento e invocante aiuto e salvezza, la generale accoglienza da parte di confratelli e di popolo delle iniziative dell’Opera Piccoli Apostoli che in undici anni di provata esistenza arriva alle masse accogliendo fanciulli abbandonati, organizzando spettacoli e conferenze pubbliche, diffondendo una stampa semplice e letta anche dai più lontani alla Fede, inquadrando una parrocchia con evidente successo secondo criteri conformi alle esigenze dei tempi; avendo già in programma di arrivare a dare alle parrocchie una sala cinematografia, una stampa quotidiana facile ed efficace, a organizzare laboratori al servizio dello stesso apostolato, ha orientato i sottoscritti ad unirsi a D. Zeno P. A. e D. Luigi P. A. in un vincolo di sola carità fraterna per tentare insieme di meglio potenziare l’apostolato affidatoci dal nostro Eccellentissimo Ordinario. A tal fine abbiamo redatto insieme una specie di statuto che ci unisca come linea direttiva nella collaborazione fraterna dichiarando che ogni impegno derivante da esso è ex caritate non solo, ma senza la minima pregiudiziale alla nostra qualità di sacerdoti secolari appartenenti ad una determinata Diocesi”.

I sacerdoti non vogliono creare un nuovo istituto o uscire dal clero secolare; chiedono di potersi sentire particolarmente legati fra loro da un vincolo di fraternità reciproca e verso il popolo di Dio. Chiedono quindi di agire con i loro vescovi, non senza, né tanto meno contro. Qualche incomprensione emerge con il Vescovo modenese, preoccupato di non essere stato coinvolto sin dall’inizio in questo progetto ed essere stato informato a cose fatte. Inoltre, va anche detto che il modo di fare di don Zeno così operativo, schietto e poco diplomatico non è gradito da parte del clero locale. Di fatto, l’Arcivescovo non si oppone a Saltini perché – confiderà ad un sacerdote – opporsi a lui è come opporsi a un ciclone. Dalla Zuanna conosce meglio don Zeno e il suo carattere e lo rispetta. In ogni caso, l’unione dei sacerdoti – anche se non formalmente approvata dai superiori – viene lasciata vivere. Comincia quindi un impegno concreto nel mettere in pratica lo statuto e i sacerdoti si organizzano secondo le attitudini di ciascuno. Per esempio, come ricorda Remo Rinaldi, don Elio Monari sensibilizza alcuni giovani della gioventù cattolica modenese che, ogni domenica, vanno a San Giacomo Roncole per aiutare nelle attività formative e alla preparazione delle catechiste.

1940 S. Giacomo R. Davanti al Casinone don Zeno con bastone scherza con Giovanni Tinti anziano. Presenti giovani e bambini. Si riconoscono Cesare Pollastri, Errante Belluzzi, Fernando Casadei e Paolo Sangi

Il 9 marzo don Zeno scrive una lettera a Carolina Sartoretti nella quale descrive dettagliatamente le attività intraprese dall’Opera dei Sacerdoti Piccoli Apostoli e la suddivisione degli incarichi. Ne riportiamo alcune parti: “Ci siamo già trovati ieri per delineare un programma di lavoro. Ecco in linea di massima quanto vorremmo fare: a) Portare le nostre parrocchie al massimo di organizzazione dal culto allo spettacolo, dalla cultura cristiana alla più decisa carità. b) In ogni nostra parrocchia impiantare una lavorazione per l’Opera, quindi per tutte le nostre case e per tutte le nostre iniziative generali in favore anche delle altre parrocchie che non hanno come parroco un Piccolo Apostolo. c) Mettere in ogni nostra parrocchia famiglie di Piccoli Apostoli che si dedichino esclusivamente alla lavorazione o cura di quella determinata attività.

Abbiamo già prospettato: I D. Michelini organizzerebbe la lavorazione del legno. Mobili, banchi per chiese, poltrone per teatri, ecc.

II D. Tosatti – Stampa, libri, riviste ecc.

III D. Beccari (Rubbiara Nonantola) Edilizia, quindi scuola di disegno, architettura e direzione di qualunque lavoro edilizio, con organizzazione di operai muratori sia esterni che Piccoli Apostoli.

IV Produzione di pellicole a S. Giacomo.

V Officine per costruzione macchine cinematografiche a Carpi con a capo forse D. Marchetto. VI A Modena D. Diaco laureato in Sacra Scrittura la direzione delle università popolari di cultura cristiana agli adulti con Odoardo Focherini segretario. Queste università saranno organizzate in tutte le nostre parrocchie. D. Beccari a Rubbiara l’ha già fatto da un anno con successo, e molto lodato da S. E. L’ Arcivescovo. A Carpi possiamo fare due parrocchie. Accettare quella già iniziata da S.E. Mons. De Ferrari e una nuova per le officine cinematografi che. Io ho già fatto questo piano in merito: quella di Carpi affidarla a don Vincenzo con don Ivo che fra alcuni anni potrà esserne il parroco. Quanto alle spese ci pensi la popolazione di Carpi, o altre fonti che la Provvidenza troverà. L’altra, trattandosi di popolarla di molte famiglie di Piccoli Apostoli perché può arrivare ad avere oltre mille operai, fondarla nella sua villa, cominciare con una cappellina adatta. Iniziare il lavoro adattando macchine vecchie, riparando ecc. e farne parroco e capo direttore d. Marchetto, che verrebbe sostituito a Gargallo da d. Luigi PA.

VII D. Monari. Movimento giovanile. VIII D. Tardini. Scuole medie e preparazione dei ritardatari nello studio. Quindi a Nonantola si metterebbero gli aspiranti al sacerdozio fino alla II liceale. D. Tardini è professore laureato all’Università Cattolica.

IX D. Magnoni direttore del collegio san Carlo a Monteombraro organizzerebbe le villeggiature e case di salute in montagna. Mariano [Zucchi] andrà a Concordia dove si preparerà nel contempo al sacerdozio. Don Walter [Ferraguti] a Rovereto con d. Michelini può curare la parrocchia. D. Paolo [Morotti] resterà cappellano a san Giacomo.

Tutto il movimento generale sarà affidato ad un consiglio amministrativo composto di tre sacerdoti: d. Tosatti – d. Beccari – d. Diaco che è anche ragioniere. In sostanza noi vogliamo creare un movimento nel clero di orientamento alle nuove necessità della vita parrocchiale e sociale. L’unica via è quella di creare degli esempi”.

Il progetto coinvolge due diocesi ed è complesso e costoso e vorrebbe vedere la luce in un tempo ricco di imprevisti e difficoltà; di fatto ne verranno realizzate alcune parti, quelle che hanno permesso ai sacerdoti di rimanere uniti e essere concreti ed efficaci operatori di pace. Intanto don Zeno non si ferma e continua a cercare aiuti per il bene dei ragazzi che gli vengono affidati. Nell’estate del 1943, dopo trattative con l’arcivescovo Boccoleri e l’Opera Pia Bianchi che prevedono l’utilizzo della struttura in via sperimentale per tre anni, il sacerdote prende possesso della scuola agraria di Casinalbo e la affida a don Ivo Silingardi, sacerdote da una decina di giorni. Qualche giorno dopo il crollo del fascismo, don Zeno viene arrestato per poche ore creando un certo scompiglio e movimento intorno alla sua figura. Dopo alcune settimane di tensione e la notifi ca dell’armistizio dell’8 settembre 1943 il sacerdote decide di allontanarsi da San Giacomo e varcare il fronte. Avvisa il suo vescovo, chiede a Focherini di aiutarlo in alcune incombenze e parte il 19 settembre con 25 dei suoi ragazzi. In parrocchia viene sostituito da don Luigi Bertè che – non senza preoccupazione – assume anche la direzione provvisoria dell’Opera Piccoli Apostoli con l’importante sostegno di don Vincenzo Saltini. Don Zeno e i suoi ragazzi, con un viaggio pieno di rischi e incertezze riescono a varcare il fronte e lì, in diverse località e situazioni, affronteranno gli ultimi mesi di guerra.

2-continua


All’inizio dell’Opera dei Piccoli Apostoli a San Giacomo Roncole aderirono diversi giovani sacerdoti della diocesi di Modena per dare vita all’Unione sacerdotale con tanto di statuto

Maria Peri

Don Zeno con alcuni giovani a San Giacomo Roncole

La vita di don Zeno Saltini è stata ricca di fede, strade, coraggio, lotte, generosità, incontri, incomprensioni, problemi, schiettezza. In tanta parte è stata analizzata ed apprezzata. A volte, però, pare ancora che si possa gettare qualche luce su una vita così densa di eventi e di relazioni. Leggendo la sua biografia emerge una fitta rete di persone che lo hanno guidato, sostenuto anche in momenti di difficoltà – penso in particolare al vescovo di Carpi Giovanni Pranzini – anche al di fuori della diocesi di Carpi, ma anche fuori regione.

D’altra parte don Zeno, prima come laico poi come sacerdote, è stato importante punto di riferimento per molte persone e realtà carpigiane e non solo. Primo fra tutti, viene in mente un giovane Odoardo Focherini, capace e vivace (a volte fin troppo) che la sua mamma affidò al giovane Zeno per – come diremmo oggi insegnargli a incanalare positivamente le sue energie. E Odoardo lo ha seguito nella creazione de “L’Aspirante” e di “Cuor di Giovani”, si è iscritto alla società sportiva “Pedale carpigiano” quando don Zeno ne era presidente, ha condiviso con lui il difficile percorso di Azione Cattolica sotto il fascismo e lo ha seguito nel progetto di creazione di una rete di luoghi di formazione di cultura cristiana e di varie professioni; poi le strade si divideranno e ognuno porterà i suoi frutti di martirio e di pace. Negli anni dell’oratorio cittadino guidato da don Vincenzo Benatti, Zeno ha avvicinato tanti giovani li ha entusiasmati e coinvolti in progetti e attività che insegnassero loro un mestiere ma anche valori e priorità morali. In quei difficili anni, quando gli Esploratori cattolici venivano messi al bando e le bandiere dell’Azione Cattolica venivano cercate per essere bruciate, figure importanti come Zeno hanno fatto sì che i giovani trovassero ancora una Chiesa viva e credibile, accogliente e stimolante, educatrice al libero pensiero. In questo senso ci vengono in mente i discorsi di don Zeno al cinema di San Giacomo Roncole e sentiamo le sue parole farsi opere verso i tanti poveri delle nostre terre. Il sacerdote, come sappiamo, decise di organizzare idee e giovani intorno alla realtà dell’Opera dei Piccoli Apostoli insegnando loro come vivere la quotidianità alla luce del Vangelo presso la parrocchia di San Giacomo e l’edificio detto “casinone”. Anche altri sacerdoti della provincia di Modena si sono rivolti a don Zeno – in particolare durante il secondo conflitto mondiale – e hanno trovato in lui un luminoso esempio di coerenza e di forza e, insieme, hanno creato importanti reti di aiuti per civili, ebrei, militari e assistenza all’antifascismo attivo della provincia.

L’Unione dei sacerdoti piccoli apostoli

Nel giornalino “Piccoli Apostoli” pubblicato il 17 gennaio 1943 si legge: “Il Signore miracolosamente ha mandato nell’Opera Piccoli Apostoli, come segno della sua celeste approvazione e premio delle passate fatiche nostre, in occasione del primo decennale dell’Opera stessa un sacerdote, don Luigi Bertè di Piacenza, tre studenti di teologia che forse verranno ordinati sacerdoti entro l’anno corrente: don Ivo Silingardi, don Walter Ferraguti, don Paolo Morotti; due studenti di filosofia: Alessio Bonfatti e Armando Galli, tutti della diocesi di Modena. […] Altri Piccoli Apostoli alle armi o in casa, si sono fatti aspiranti al sacerdozio per dare insieme ai suddetti la loro vita, nella povertà, nella castità, alla prosperità dell’Opera, pronti anche a morire, piuttosto che non amare questi cari fanciulletti che il mondo né può, né saprebbe amare fino al punto di rifare la loro vita, la famiglia, da preparare ad essi un avvenire onesto ed onorato, e così, grazie alla loro dedizione, abbiamo potuto organizzare altre famiglie di Piccoli Apostoli”. In occasione dell’undicesimo anniversario della Opera Piccoli Apostoli – celebrato venerdì 22 gennaio 1943 alla presenza del vescovo Dalla Zuanna – circa una quarantina di sacerdoti carpigiani, modenesi e un piacentino passano la notte a discutere come “unirsi, per realizzare su vasta scala la cristianizzazione del popolo ormai tanto assente, benché tutto battezzato, dalla vera vita cristiana. Si conclude con bei propositi, grandi desideri, riconoscimento di dover affrontare il problema, ma senza alcuna conclusione concreta”. In realtà – come ricorda Remo Rinaldi nella sua Storia di don Zeno e Nomadelfia – quella notte sono nati alcuni progetti e, soprattutto, l’Unione dei sacerdoti piccoli apostoli.

A questo primo incontro fa seguito una lettera del 2 febbraio nella quale don Zeno scrive all’arcivescovo di Modena monsignor Cesare Boccoleri per comunicare che “d. Beccari, d. Tardini, d. Monari si sentono trasportati a fare tutto quel bene che insieme possiamo svolgere al fine preciso di indurre le masse popolari a ritornare a Dio nella santificazione delle loro giuste aspirazioni cristiano-sociali secondo anche l’ultimo messaggio natalizio del Santo Padre.[1] L’Opera Piccoli Apostoli l’abbiamo dichiarata, il 22 gennaio, Opera di Clero secolare escludendo in via assoluta qualunque forma di congregazione religiosa da parte dei sacerdoti che in essa lavorano. Le nostre intenzioni, eccellenza, sono molto serie, siamo disposti a tutto per ridare alla santa madre Chiesa il dono di riavere nel suo grembo le masse popolari, già troppo bistrattate dai ‘mercenari’. Abbiamo un programma da esporre all’eccellenza vostra. Dalle lettere pastorali dell’eccellenza vostra, dalle conversazioni che il Signore mi ha concesso a Ciano, sono tranquillo che troveremo nel suo cuore paterno e nella sua profonda conoscenza dei gravi problemi che agitano le masse popolari da quasi un secolo, risonanza affettuosa e guida sicura per tutto ciò che potremo fare nella diocesi di Modena”.

Esercizi spirituali dei Giovani di Azione Cattolica con don Armando Benatti si riconoscono Zeno Saltini e Odoardo Focherini

La sera stessa don Zeno raccoglie intorno a sé alcuni sacerdoti modenesi e carpigiani per riprendere il tema del 22 gennaio e si continua a progettare e pianificare. All’alba del nuovo giorno sette sacerdoti aderiscono ad un abbozzo di statuto dei Sacerdoti Piccoli Apostoli. I firmatari sono don Zeno Saltini, don Giuseppe Diaco, don Elio Monari, don Ennio Tardini, don Nino Magnoni, don Arrigo Beccari e don Luigi Bertè. Ecco la bozza dello statuto così come riportata nelle carte di Nomadelfia, statuto che prenderanno molto sul serio, rischiando o dando la vita per metterlo in pratica: «I. I Sacerdoti Piccoli Apostoli sono sacerdoti secolari che si affratellano con vincolo di parentela soprannaturale, avente gli stessi effetti pratici della parentela naturale, al fine di meglio potenziare la loro attività pastorale, in ordine e conformità alle direttive dei rispettivi Ordinari.

II. A questo fine si impegnano: a) a praticare in modo eroico il “Mandatum Novum”, amandosi ed aiutandosi l’un l’altro come veri fratelli; b) oltre che a non accumulare o conservare beni patrimoniali per sé o per altri, a mettere a servizio delle loro attività pastorali ogni provento economico di cui possono liberamente disporre a norma dei Sacri Canoni; c) a immolarsi corpo e anima nel santificare tutte le forme della vita del popolo, percorrendo e precorrendo l’indole e l’esigenza dei tempi.

III. Promuovono e dirigono iniziative dell’Opera Piccoli Apostoli, delegando alle singole forme generali concretizzate o da concretizzare uno o più Piccoli Apostoli.

IV. In particolare si assumono la paternità completa sui membri componenti le famiglie dei Piccoli Apostoli, paternità che verrà esercitata in modo speciale da uno o più di loro, scelti d’accordo con i Reverendissimi Ordinari.

V. Vogliono modellare se stessi ed il popolo sulla Divina Figura di Cristo Salvatore, che per restaurare la dignità umana diede la sua stessa vita.

VI. Scelgono come protettori la Vergine Madre e i SS. Apostoli.

VII. I Sacerdoti Piccoli Apostoli formano il Consiglio Direttivo Generale dell’Opera, che è presieduto da uno di loro nominato dal Consiglio stesso; la esecuzione delle delibere del Consiglio è demandata ad un direttore Sacerdote Piccolo Apostolo, nominato dal Consiglio stesso. Questo Direttore si assume di fronte ai terzi ogni responsabilità morale e giuridica derivante dall’esercizio della sua mansione.

VIII. Ciascun Sacerdote Piccolo Apostolo promette in coscienza di ritirarsi dall’Opera, qualora non si senta in grado di continuare ad appartenervi. L’Opera si impegna ad assicurargli un aiuto proporzionato alle sue necessità, “donec provideatur”».

1- continua

[1] Il discorso del Papa dicembre 1942: https:// www.vatican.va/content/ pius-xii/it/speeches/1942/ documents/hf_p-xii_ spe_19421224_radiomessage- christmas.html


La celebrazione per gli anniversari di Nomadelfia e del suo fondatore fa emergere l’attualità di una profezia che ha le sue radici nella chiesa di Carpi

Luminosa profezia per il cammino sinodale

Il vescovo Castellucci e monsignor Manicardi con la delegazione di Nomadelfia

“Cosa siete venuti a vedere? Siete venuti a vedere un miracolo”. Così si esprimeva don Zeno Saltini quando, il 22 gennaio 1962 celebrava, a Nomadelfia, la sua “seconda prima messa” dopo quel periodo di sospensione dell’esercizio concreto del ministero che aveva ottenuto “pro grazia” nel novembre del 1953, quando aveva chiesto di poter continuare a vivere accanto ai suoi ragazzi, ormai dispersi dalla Nomadelfia di Fossoli. Questa sera qui, ricordiamo don Zeno — sacerdote per la Chiesa di Carpi, ordinato nella sua parrocchia di Fossoli il 4 gennaio 1931 — nella Cattedrale che nella festa dell’Epifania di 91 anni fa (il 6 gennaio del 1931) lo ha visto celebrare la sua Prima Messa. Di fatto vogliamo proprio ricordare un miracolo, ossia quello della fedeltà a Cristo e alla Chiesa, di un presbitero saldo e coraggioso anche nelle tribolate vicende che sconvolsero in modo drammatico i suoi ideali, la sua persona e la comunità dei Nomadelfi «suoi figli». Don Zeno fu irremovibile nella fede e nella speranza, anche nelle indicibili lacerazioni causate dall’ordine di disperdere Nomadelfi a, di lasciare il Campo di Fossoli e di ripartire con un piccolo gruppo nella maremma toscana, vicino a Grosseto. Il 22 gennaio 1962 era stato scelto da lui come data per celebrare «la sua seconda Prima Messa», ossia il ritorno alla pienezza dell’esercizio anche formale del ministero presbiterale perché era il giorno in cui, nel 1933, aveva ricevuto dal vescovo Giovanni Pranzini, la benedizione per l’Opera dei Piccoli Apostoli avviata nella parrocchia di San Giacomo Roncole. L’Opera era animata da una radicale adesione al Vangelo e dalla preferenza per gli “scartini” come venivano chiamati allora quanti, oggi, Papa Francesco, definisce il “frutto della cultura dello scarto”.

Il sogno di Don Zeno fu che il suo sacerdozio generasse un popolo nuovo fondato sul Vangelo, la fraternità e la giustizia, con la presenza originalissima delle mamme di vocazione, con la prospettiva di famiglie in cui gli sposi – spesso già al momento del matrimonio

Francesco di Nomadelfia

– si presentavano all’altare con ragazzi già accolti come propri figli. Del resto era quello un gesto che Don Zeno stesso aveva compiuto nella sua prima Messa qui in cattedrale, portando con sé Barile, un giovanetto che aveva fatto uscire dal carcere minorile. Don Zeno descriveva questa sua scelta in modo che ci lascia senza parole: «La mia messa è quella lì: sposo la Chiesa, le do un figlio, non un assistito».

Ciò che allora veniva in- dicata come un’utopia, adesso è da considerare come una profezia, che ha preso carne nella terra emiliana, dal grembo della Chiesa di Carpi. Ci possiamo chiedere: quale luce questo potente sogno può dare ad una Chiesa che si è messa in cammino sinodale perché l’ascolto dello Spirito sia più schietto e più appassionato?

Grazie al vescovo Erio che fin dal suo primo arrivo ha esortato a riscoprire i testimoni eccezionali che Dio ha generato nella nostra Chiesa (cf. E camminava con loro, n° 1). Grazie agli amici – anzi ai fratelli – di Nomadelfia, presenti con una delegazione guidata dal presidente Giancarlo. Grazie alla comunità di famiglie Venite alla festa per l’animazione dei canti che ci aiutano esprimere la nostra gioia per “i miracoli” Don Zeno e Nomadelfia.

Mons. Gildo Manicardi, vicario generale


Domenica 23 gennaio a Carpi nel 60° della “seconda-prima messa” di don Zeno

Nel mese di gennaio si condensano varie ricorrenze riguardanti la vita di don Zeno Saltini e di Nomadelfia.

La prima Messa di don Zeno il 6 gennaio (1931), il 15 la sua morte (1981) e il 22 l’approvazione di Nomadelfia da parte del Vescovo di Carpi mons. Giovanni Pranzini (1933) e l’anniversario della “seconda-prima Messa” (1962). Il 60° di quest’ultima ricorrenza sarà ricordato domenica 23 gennaio alle ore 18 in Cattedrale a Carpi con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Erio Castellucci alla presenza di una delegazione di Nomadelfia.

Il 22 gennaio 1962 (nella foto), con il permesso di papa Giovanni XXIII,

don Zeno ha potuto risollevare il calice nella sua “seconda-prima Messa”. La data l’aveva scelta proprio don Zeno per ricordare lo stesso giorno del 1933, quando il Vescovo di Carpi, Mons. Giovanni Pranzini, aveva aperto la strada all’inizio del suo operare a San Giacomo Roncole con i Piccoli Apostoli.


Dai Piccoli Apostoli a Nomadelfia: Il racconto di don Zeno (1964)

Il Vescovo: “Perché non mi chiami?”

La rivista della parrocchia di San Giacomo Roncole (1933)

Sicché il 22 gennaio del ‘33 successe questo. Io andai a Carpi e il Vescovo Mons. Pranzini, quello che mi aveva ordinato sacerdote, dice: “Oh! finalmente sei venuto a trovarmi”. Era già passato un anno e non ci andavo quasi mai da lui. “Sento sempre parlare di te che fai qui, che fai là. E tutti mi raccontano che a S. Giacomo adesso oramai è una mezza rivoluzione. Solo il tuo Vescovo deve sapere niente? Perché non mi chiami?”. “Venga quando vuole”. Allora dice: “Il 22 gennaio”.

Il Vescovo trova una vitalità

Arriva il Vescovo, e trova una vitalità dell’altro mondo, perché c’era tutto questo intreccio attorno alla canonica, avevamo già fatto il campo sportivo, si inaugurava il cinema sonoro… Infatti andò nel mio studio in canonica e cominciò a ricevere la gente. Allora c’erano tanti tipi, dico: “Adesso c’è una società sportiva che si sono fatti qui nel paese, ma questi non vengono mai a messa. Loro vengono quando è l’ora della funzione; si fermano a sedere davanti alla chiesa, poi finita la funzione riprendono il calcio”. E là allora è stato a parlare… Mons. Pranzini se ne intendeva di tutto, e ha cominciato a parlare dello sport, del calcio: “Tu cosa fai? Come è, come non è; vi piace qui adesso?”.

“La canonica è casa nostra”

“Ah, adesso la canonica, Eccellenza, è casa nostra”. Loro raccontavano tutto: “Per noi, la chiesa – ma non andavano poi mica in chiesa – la chiesa adesso è il nostro centro, veniamo tutti qua ed è casa nostra, insomma”. Poi dico: “Adesso queste sono delle ragazze che ballano tutte le feste in certi posti, tuttavia vengono anche loro alle adunanze, a certe iniziative poi vengono sempre nel teatro così”. Allora: “Falle entrare, falle entrare”. Sono entrate e anche loro raccontavano che “la chiesa è il centro” eccetera. E poi insomma tante iniziative, persone, io presentavo tutte le persone e lui se ne intendeva di tutte le cose. Anche la festa dei fanciulli è risultata una cosa enorme per lui: tanti fanciulli, tutti già disciplinati, i ragazzi erano già disciplinatissimi, già a posto, erano lì e non si muovevano. E allora vedeva fuori dalla finestra tutti questi fanciulli, questo brulichio.

Doveva inaugurare il teatro

Il vescovo doveva andare in teatro a inaugurare il nuovo impianto per il cinema sonoro. Dico: “Guardi, eccellenza, che in teatro c’è gente che non va mica in chiesa, una gran parte, quindi non faccia mica tante cerimonie difficili, perché altrimenti questi si annoiano. Però lei tenga alla dignità, con cotta e stola, perché benedice un impianto cinematografi co”. Era il primo che si faceva nella zona. Dice: “Lascia fare a me!”. E il Vescovo dice: “Come va quell’impianto? Andiamo a vedere”.

Nella cabina di proiezione la macchina non funzionava, restava muta. Ma lui si intendeva di molte cose e aveva letto cose sul cinema sonoro e diceva: “Ma non potreste provare qui e là”; fatto questa che col Vescovo cominciò poi a funzionare. “Eccellenza, bisogna comprare quel palazzo”

Siamo tornati in canonica a cena e io guardavo tutta questa popolazione che arrivava da tutte le parti, e dico: “Eccellenza, bisogna comprare quel palazzo”. “Tu sei sempre il solito pazzo, ma comperare quel palazzo! Ma roba da niente un palazzo così grosso, un teatro? Dove sono i soldi?”. “Ma va’ a pescare i soldi, Eccellenza – dico – bisogna comperare il palazzo”. “No, no guarda adesso non cominciamo a fare delle cose difficili, come hai fatto a Carpi”. “Lei ci pensi. Io dico che bisogna comperare quel palazzo lì”. “No, no tu devi venire via da S. Giacomo”. “Io vengo via però si può lasciare al parroco questo palazzo”. Poi torniamo in teatro. Era gennaio, c’era freddo, c’era neve, lui era molto delicato fisicamente, e poi entra in teatro. Come è entrato in teatro, tutto il popolo in piedi, un plauso scrosciante al Vescovo. Poi tutta questa gente si siede, lui attraversa il teatro, parla con qualcuno così, va sul palcoscenico e si mette i paramenti sacri e dico: “Guardi, non si preoccupi se stanno seduti, li lasci seduti non stia a badare se hanno Domenica 23 gennaio in Cattedrale la chiesa di Carpi ricorderà il servo di Dio don Zeno Saltini, uno dei suoi figli che nel secolo scorso fu protagonista di un’esperienza originale di “vangelo vissuto” che tanto fece discutere allora, siamo nel secondo dopoguerra, ma che continua tuttora nella realtà di Nomadelfia. Abbiamo chiesto a Francesco, responsabile dell’archivio di Nomadelfia, di introdurci a questo appuntamento ricordando la duplice ricorrenza legata alla data del 22 gennaio: l’avvio dell’Opera dei Piccoli Apostoli a San Giacomo Roncole di Mirandola e la “seconda prima messa” di don Zeno.