Omelia nell’anniversario di Don Nino

Anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Nino Levratti nel centenario della nascita
Carpi, Cattedrale 7 giugno 2021

Il saluto introduttivo di don Massimo Dotti,
parroco della Cattedrale e presidente della Fondazione Aceg

   Ringrazio il Vescovo Erio per essere con noi in questa occasione in cui vogliamo ricordare quello che accadde molti anni fa, il 7 giugno 1945, quando don Nino venne ordinato sacerdote. In questo anno in cui ricordiamo il centenario della sua nascita ci sembrava che la sua ordinazione fosse un dato imprescindibile dal quale partire per fare memoria del dono che è stato per tutti noi. Don Nino ha attraversato un secolo molto difficile, di grandi cambiamenti però mantenendo sempre viva la speranza e rimanendo sempre decisamente attuale, potremmo dire moderno, forse una parola che a lui non piacerebbe tanto, capace di riprendere un dialogo fruttuoso con i tempi che si susseguivano, con le stagioni anche ecclesiali che si sono alternate. Mi sembra che questo fosse uno dei segreti di questa vita che sapeva attualizzarsi nell’amicizia e nelle relazioni: la scelta di spendersi per il Signore, di mantenere viva la fede nella speranza nel Signore in cui il suo essere educatore che lo ha caratterizzato così profondamente celebrare questo momento vivere in questo momento che le Fare memoria dell’ordinazione sacerdotale di don Nino vuol dire andare alla sorgente di ciò che lo rendeva pienamente uomo e pienamente cristiano, due dimensioni che in lui si armonizzavano molto bene soprattutto attraverso quella idea di bellezza che ha voluto trasmettere nel suo servizio educativo. Ringrazio il Vescovo, i confratelli sacerdoti concelebranti e tutte le persone presenti questa sera e quelle che stanno lavorando per realizzare le iniziative del centenario. Pensiamo davvero che da questa sorgente e si possa attingere ancora qualcosa di molto importante per noi e per le generazioni che verranno.

 

L’omelia di monsignor Erio Castellucci, vescovo di Carpi

   Sembra un manifesto dei perdenti quello che Gesù pronuncia all’inizio del suo ministero: le beatitudini dei perdenti, di quelli che nella vita prendono solo sconfitte, i poveri in spirito, quelli che sono nel pianto quelli che hanno fame e sete della giustizia, i perseguitati e insultati… e Gesù ha il coraggio di chiamare tutti questi beati. Poi ci sono altri perdenti, quelli che magari vincerebbero ma che non si fanno forti delle loro possibilità per esempio i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace… sembra insomma che Gesù proclami beati, cioè felici e realizzati, quelli che sono perdenti e quelli che si fanno perdenti. Non sono queste certamente le beatitudini che la mentalità comune proclama, queste sono espresse piuttosto da un cantautore cattolico, Claudio Chieffo, che dice: “beati i furbi, beati i ricchi, beati quelli che han denaro in tasca, beati i forti ed i violenti, beati quelli che sono potenti, beati quelli che a questo mondo giocano sempre al girotondo, beati quelli che sulla terra vincono sempre la loro guerra”. Qui ci sono veramente due mentalità, una di fronte all’altra, bisogna però stare attenti a non trattare le beatitudini come se stessero in piedi da sole, perché allora diventano veramente delle frasi consolatorie, come quando, poco più di un anno, fa dicevamo: “andrà tutto bene”. Frasi consolatorie che addirittura corrono il rischio di lasciare le cose così come stanno, di avallare le situazioni di ingiustizia, di persecuzione. Dietro le beatitudini, anzi dentro le beatitudini, noi dobbiamo leggere la resurrezione di Gesù, dobbiamo leggere il regno di Dio che la sua resurrezione inaugura in modo inatteso. Gesù non dice “beati quelli che sono nel pianto perché piangono”: questo sarebbe dolorismo; dice che sono beati “perché saranno consolati”, ci sarà un riscatto; e quelli che hanno fame e sete della giustizia non sono beati “perché patiscono ingiustizia” ma “perché saranno saziati”: la logica delle beatitudini si comprende a partire dalla resurrezione di Gesù ed ai valori del Regno di Dio dove ci sarà riscatto per chi ha patito e pienezza di vita per chi ha amato.

Questa è l’alternativa che propone Gesù alla mentalità mondana, che spesso fa dell’arroganza invece che della mitezza, della guerra invece che della pace, il metodo per stare al mondo. Ci sono anche quelli che hanno teorizzato che l’essere umano per l’altro uomo è un lupo, e che quindi per potere vivere insieme bisogna combattersi o al massimo alternare la guerra con le tregue, ma che non si potrà mai arrivare a una pace. Gesù invece offre questa prospettiva che parte dal cuore. Mi pare che sostanzialmente ci siano due stili di vita che provo a esprimere in termini bancari: si può vivere a credito e si può vivere a debito. Chi vive a credito, cioè vantando crediti nei confronti degli altri, si lamenta sempre, perché non gli viene riconosciuto quello che è e cerca di migliorare le situazioni pretendendo dagli altri che facciano il loro dovere; lui si sente a posto. C’è invece chi vive a debito, perché sa di avere ricevuto tanto e lo deve semplicemente restituire; in una vita di gratitudine non c’è spazio per il lamento, ma piuttosto per la lode, per il ringraziamento; non pretendo dagli altri che riconoscano quello che io sono ma cerco di mettere quello che sono a disposizione degli altri. In realtà non sono due atteggiamenti che convivono dentro di noi: ci sono dei momenti in cui viviamo a credito, ci sentiamo sempre trascurati, ci lamentiamo; e ci sono dei momenti in cui viviamo a debito, sentiamo che abbiamo ricevuto tanto e questo lo dobbiamo restituire.

Da quello che ho capito don Nino era una persona che viveva prevalentemente a debito. Io non posso dire di averlo conosciuto: l’ultima volta lo vidi in occasione della visita del Papa a Carpi nel 2017, perché ero a pranzo in seminario, ma tutti voi lo conoscete molto meglio. Nelle testimonianze che ho letto ho trovato più volte l’aggettivo “lieto”: era un uomo lieto, un prete lieto; poi ho sentito anche che era severo, ma la letizia e la severità spesso vanno insieme, perché uno è lieto quando sa essere severo con se stesso, cioè quando sente di aver ricevuto tanto e lo deve far rifluire sugli altri. È stato ricordato da don Massimo all’inizio della messa come don Nino si sia dedicato all’educazione ed è bello che questa sera sia anche la festa degli scout, perché il nome di don Nino è inseparabile dagli scout.

Chi si dedica all’educazione non può essere una persona che vive a credito, perché il lamento non educa, la recriminazione non educa; chi educa è una persona che vive a debito, cioè sente di dover restituire qualcosa e non solo ai suoi coetanei, ai suoi contemporanei, ma di dovere piantare qualcosa per gli altri, per quelli che ancora non sono. L’educatore vive a debito, l’educatore vero – non chi trasmette delle idee o delle nozioni ma chi trasmette una vita – è una persona grata, lieta, perché sente che ha ricevuto tanto e non lo può tenere per sé ad ammuffire, ha bisogno di trasmetterlo. I grandi educatori sono persone liete, sono persone grate e questa sera restituiamo un po’ di gratitudine anche noi a don Nino, attraverso la preghiera di suffragio, il ricordo e l’impegno a mantenere viva questa passione educativa che lui ha espresso nella sua lunga vita fino all’ultimo. Questa è la nostra gioia: se noi vogliamo essere beati dobbiamo essere lieti, miti, grati dentro di noi anche nelle fatiche, anche nelle difficoltà cantando e fischiando, come dice il testo originale della legge scout. Questa è una cifra della vita cristiana, noi dobbiamo accogliere la consolazione di Dio come ha detto San Paolo nella prima lettura, cioè lasciare entrare la grazia di Dio, riempirci di questa grazia e provare a restituirla in modo grato e lieto agli altri.

+ Erio Castellucci


Don Levratti, ricordo dell’ordinazione sacerdotale

Il 7 giugno ricorre l’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Nino Levratti ed è questa la seconda tappa significativa nel cammino del centenario della nascita che si sta celebrando.

L’appuntamento è per lunedì 7 giugno alle ore 20 in Cattedrale dove il vescovo Erio Castellucci presiederà la celebrazione eucaristica alla quale sono stati invitati gli assistenti Agesci della Zona di Carpi e tutti i sacerdoti che vorranno ricordare il loro confratello.

Al termine della celebrazione verrà scoperto il quadro realizzato dall’artista carpigiano Andrea Saltini e successivamente all’Oratorio Eden, qui nell’area verde annessa al campo sportivo che verrà sistemata e resa più accogliente, sarà benedetta la prima pietra, proveniente dalla chiesa di Gavello, dell’altare dedicato a don Nino. La preghiera e i canti del fuoco di bivacco concluderanno la serata.