Cattedrale di Carpi

Omelia per il conferimento del lettorato a Francesco Roggiani e Stefano Simeoni

Sabato 17 settembre 2022

Omelia nella celebrazione eucaristica per il conferimento del lettorato a Francesco Roggiani e Stefano Simeoni
(XXV domenica del TO, anno C – Am 8,4-7; Sal 112; 1Tm 2,1-8; Lc 16,1-13)
   Carissimi Stefano e Francesco, l’invito di oggi, ispirato al Vangelo, non può che essere questo: imitate l’amministratore disonesto della parabola. Un invito del genere, Francesco, potrebbe lasciarti indifferente come chimico; ma penso che per te, Stefano, come economista, sia piuttosto provocatorio. In realtà lo è per tutti, perché frasi come: “il padrone lodò quell’amministratore disonesto”, o: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta”, ci spiazzano. I tentativi di attenuare la disonestà di quell’amministratore non convincono molto. C’è chi pensa, infatti, che lo sconto da lui praticato ai debitori del padrone – tu devi cento barili? scrivi cinquanta; devi cento misure di grano? scrivi ottanta – non sia un nuovo tentativo di imbrogliare il proprietario terriero, ma sia la cancellazione della percentuale che spettava a lui, al fattore; in questo caso, che fosse la sua paga legittima oppure una tangente illegittima, l’amministratore avrebbe agito sulle proprie cose, e quindi in qualche modo avrebbe pagato di persona per i propri illeciti. Ma, anche se appoggiassimo questa interpretazione – la tesi della difesa – resterebbe comunque provata la disonestà precedente nei confronti del padrone, che l’accusato infatti non ha contestato. Però è più probabile che Gesù intenda presentare anche questo sconto come una falsificazione dei libri contabili, come un’altra azione disonesta. Insomma, quel fattore ha rubato: questo è certo; ed è altrettanto certo che comunque è stato licenziato e deve prepararsi un futuro diverso.
   Qui, nel suo misurarsi con il futuro, si vede la sua “scaltrezza”, apprezzata poi dal padrone, il quale lo loderà non perché disonesto ma, appunto, “perché aveva agito con scaltrezza”. Questa parola, scaltrezza/scaltro, non esprime nei Vangeli un concetto negativo. Lo stesso Luca l’aveva già usato poco prima, quando aveva parlato dell’amministratore “prudente” – così viene reso in quel passaggio – che il padrone al suo ritorno troverà sveglio e attivo (cf. Lc 12,42). Dunque, l’amministratore disonesto è anche prudente. E Matteo usa poi lo stesso termine quando riporta l’invito di Gesù ai discepoli ad essere “prudenti come i serpenti”, oltre che “semplici come le colombe” (10,16) o quando definisce “sagge” le cinque vergini dotate di olio in attesa dello Sposo (cf. 25,2.4). Tornando all’amministratore disonesto: il padrone, dunque, lo loda perché è scaltro, cioè prudente e saggio: organizza il proprio futuro con cura. Come lo organizza? Utilizzando “la disonesta ricchezza” – cioè i beni accumulati illecitamente – per costruirsi delle amicizie. In un certo senso, sembra dire Gesù, quell’uomo nobilita la ricchezza disonesta, perché la rende capace di costruire relazioni nuove. Quei debitori che si sono visti ridurre la cifra da pagare hanno tratto vantaggio dallo sconto e il fattore ne ha tratto gratitudine. I beni così sono riportati al loro compito: favorire le relazioni. Paradossalmente, il fattore ha restituito alle ricchezze il loro scopo, che non è quello di gravare il prossimo, ma di alleggerirlo. Non le relazioni al servizio dell’accumulo dei beni, ma i beni al servizio delle relazioni tra le persone.
   Quando sento questa parabola, mi viene sempre in mente quel bellissimo passo della liturgia delle nozze, là dove il sacerdote o il diacono, benedicendo gli sposi, dice: “sappiate riconoscere Dio nei poveri e nei sofferenti, perché essi vi accolgano un giorno nella casa del Padre”. La scaltrezza evangelica, cioè la saggezza e prudenza raccomandata da Gesù, è la capacità di prepararsi il futuro curando ora le relazioni; il futuro, per noi cristiani, non è al singolare ma al plurale; il traguardo ultimo della vita non è la salvezza della mia anima: è la risurrezione della carne, la pienezza dei legami veri vissuti, l’ingresso nel “noi” della Chiesa celeste. Il futuro è un “noi” e la scaltrezza del presente consiste nel tessere già ora questo “noi”, piegandovi anche i beni materiali.
   Concludo quindi come ho cominciato: cari Francesco e Stefano, imitate l’amministratore disonesto, non nella sua disonestà ma nella sua scaltrezza evangelica. Siete da oggi lettori, amministratori della parola di Dio: amministratori, non proprietari o detentori. Dovete dare gratuitamente quel Vangelo che gratuitamente avete ricevuto (cf. Mt 10,8): darlo con la parola e con la vita, con la testimonianza, l’intelligenza e gli affetti. La scaltrezza dell’annunciatore sta nel dispensare la parola di Dio come iniezione di speranza per il futuro, a partire dalla costruzione di un presente non al singolare ma al plurale. È un servizio appassionante: credo che mai come oggi, in questo clima spesso pesante perché ripiegato su un presente alla prima personale singolare, annunciare il Vangelo sia un servizio capace di riempire la vita. È la trasmissione di una gioia che contagia prima di tutto chi la comunica; è una delle vocazioni più grandi che il Signore continua a seminare tra di noi.
Erio Castellucci, vescovo