Presentato il bilancio 2011


La buona notizia è che ci sono tante persone motivate ad aiutare chi è in difficoltà; la cattiva notizia che sono in aumento uomini e donne in situazioni di fragilità. Non c’era bisogno dei dati presentati durante la conferenza stampa di Caritas per saperlo, ma sentire i numeri, e soprattutto quanto c’è dietro i numeri, serve a capire ancora di più e meglio la situazione reale di tanti. Un concetto ribadito dai presenti è stato proprio questo: la classe media corre il rischio di scivolare nella povertà, i poveri nella miseria.



LA RICCHEZZA DELLA CARITÀ
Stefano Facchini, direttore Caritas Diocesana, ha spiegato che “in quasi tutte le Caritas parrocchiali (9) è attivo il centro d’ascolto (6). Nel 2011 le persone aiutate dalle parrocchie sono state 637, a loro vanno sommate tutte quelle ascoltate e aiutate dai singoli parroci e dai due centri di ascolto diocesani Porta Aperta di Carpi e Mirandola”.


Distribuzione di sporte alimentari, abiti, mobili e pagamento di utenze sono gli aiuti materiali che Caritas è in grado di erogare. Poi c’è il Prestito della speranza. Cinque famiglie sono state aiutate con un prestito, non un finanziamento a fondo perduto. La cifra è simile a quelle erogate dal microcredito, 4 mila euro. Finora solo una famiglia non è riuscita a restituire il prestito.


Ma ci sono altri sostegni altrettanto preziosi, il puro e semplice ascolto che poi significa accoglienza e l’indirizzare al lavoro. Facchini ha segnalato come attività di grande rilevanza il doposcuola. “Alle medie ‘ ha sottolineato ‘ ci sono situazioni esplosive. Simona non fa un semplice doposcuola, ma un affiancamento”.



INDIPENDENTI SOLO LAVORANDO
Luisa Bignardi, presidente Porta Aperta Carpi, ha tra i suoi obiettivi vitali riuscire a trovare un lavoro a chi non ce l’ha. “Le offerte sono poche, le domande molte; noi facciamo il possibile per aiutare le persone a trovare un posto fisso”. Impresa ardua, che diventa ancora più difficile perché, soprattutto gli italiani, alla sua precisa domanda “cosa sai fare?” rispondono “tutto”. Impossibile, se poi si aggiunge che le richieste sono di un’alta professionalità mentre le offerte vanno nella direzione opposta (abbondano persone disponibili a fare le pulizie e i muratori, ma la crisi dell’edilizia non consente troppe speranze), diventa una sorta di quadratura del cerchio. Dura. Bignardi segnala che “chi proviene dall’Est è gente qualificatissima, è un peccato perdere le loro professionalità. Discorso differente per molti italiani e per le popolazioni del Maghreb, collocarli è improbabile. Almeno ‘ aggiunge con una tristezza non velata ‘ li ascoltiamo, e loro mi dicono grazie lo stesso anche se non abbiamo risolto il problema. La cosa importante ‘ aggiunge ‘ è non mortificare le persone. Molti si vergognano della loro situazione, c’è pudore, rifiuto nell’accettare la nuova realtà. Perché fino a poco tempo fa molti avevano una vita povera ma dignitosa, poi sono scivolati nella miseria. E intendo non solo miseria materiale, ma relazionale, amicale, comportamentale e sono questi aspetti i più difficili da curare. Difficile ‘ prosegue Bignardi ‘ dar loro un po’ di fiducia perché non ce n’è. Sono persone angosciate quelle che vengono da noi, persone che non riescono a dormire la notte a causa di miserie inenarrabili. Noi non ci abituiamo mai alle loro sofferenze” e lascia intuire che spesso, dopo aver affrontato certi colloqui, alla notte sono in due a non dormire.



L’IMPORTANZA DELL’ASCOLTO
Carmelo D’Arrigo, presidente di Porta Aperta Mirandola, si allinea con quanto affermato da Luisa Bignardi. Ribadisce la delicatezza dell’attività di un centro d’ascolto e l’importanza di una formazione adeguata. “La complessità della crisi economica ci fa sentire impotenti. Per quanto ci riguarda, nonostante siano calate le erogazioni da enti e privati, noi abbiamo erogato di più: nel 2010 12 mila euro, nel 2011 18 mila. Come abbiamo fatto? Abbiamo attinto alle riserve, ridotto all’osso le spese, migliorato tutto quanto potevamo fare. Se prima eravamo accorti nella gestione del bilancio, lo siamo diventati ancora di più”. Lima qui, lima qua, i risultati arrivano e nonostante il calo di offerte in denaro e di alcuni generi, si è riusciti a fare bene. “I pacchi, ad esempio, non sono più come una volta, cambiano i generi. Prima quello che mancava lo acquistavamo noi, adesso no, diamo quello che ci danno”. Ma continuano a dare, ed è questo che conta.



PIÙ VECCHI E BISOGNOSI
Alessandro Gibertoni, responsabile del centro di ascolto Porta Aperta Carpi, osserva che “per il terzo anno consecutivo, sono state oltre 900 le persone che si sono rivolte al centro, 901 per l’esattezza, contro le 911 dell’anno precedente. In aumento invece i colloqui complessivi passati da 4.044 a 4.304 (+6%). In netta crescita anche gli aiuti alimentari: da 7.877 a 8.387 (+6%).


Le famiglie assistite dai programmi alimentari sono state 758 (nel 2010 erano 786), che significa aver raggiunto circa 2.100 persone al mese.


Gibertoni si sofferma su un dato forte, i 22 colloqui giornalieri che hanno richiesto un grosso sforzo a tutti coloro che operano nel centro d’ascolto: 20 volontari, tre ragazzi del servizio civile, due inserimenti lavorativi, tre scouts, un ragazzo in percorso scuola/lavoro, due operatori.


Il 70,5% di nuclei familiari arrivati a Porta Aperta proviene da paesi stranieri, i più rappresentati sono Marocco (136), Ucraina (101), Pakistan (75), Tunisia (74), Moldavia (56), Romania (31). Tra gli italiani, la compagine più numerosa è quella campana (32 su 84 nuclei).


La conferma che è l’assenza del lavoro a creare povertà arriva dai numeri: delle 350 persone che per la prima volta hanno usufruito del centro di ascolto, 280 (80%) sono alla ricerca di un’attività e solo il 5,5% ha un contratto a tempo indeterminato. “Il dato più allarmante ‘ commenta Gibertoni ‘ è proprio questo, la mancanza cronica di lavoro. Altro dato su cui riflettere è l’innalzamento dell’età, la media è di oltre 46 anni, segno delle espulsioni dal mondo del lavoro. Verifichiamo resistenze emotive, pudore, imbarazzo nel manifestare uno stato di necessità”. Comprensibile.



MENO LAVORO PIÙ DEBITI
Loretta Tromba, responsabile del centro di ascolto Porta Aperta Mirandola, afferma il calo dei “nuovi arrivi, da due anni sono il 13% del totale. Una percentuale che si può leggere in vari modi: la situazione si è stabilizzata, è cominciata l’emigrazione, l’immigrazione è diventata meno interessante. Gli italiani prima erano il 5%, adesso raggiungono il 30%. L’età è piuttosto alta e se prima i pensionati erano il 3% del totale, adesso toccano il 7,5%. Il vero problema ‘ ammette Tromba ‘ è il lavoro che manca e questo fa aumentare l’instabilità familiare che deriva dall’instabilità economica. Prima ‘ sostiene Loretta Tromba ‘ gli arabi non mandavano le donne, adesso lo fanno, pur di avere aiuto. Capita che i capofamiglia prendano in considerazione di tornare al loro Paese, ma sono le donne e i giovani a voler restare. E anche questo genera attriti”. Ci sono progetti di rientro finanziati dalla Regione, ma donne e ragazzi non vogliono rinunciare a quel (poco) che hanno trovato qui.



FARE CON MENO
Massimo Melegari, responsabile di Recuprandia, parla di “stili di vita modificati e da modificare. Le visite sono aumentate, si aggirano sulle 60 alla settimana che per noi equivale a tre giorni di apertura. La gente viene perché trova cose che costano poco, perché così sanno di aiutare qualcuno, perché sposano la causa che è anche quella di impostare la propria vita su sobrietà e senso della misura”. Da Recuprandia passano in tanti, e non sono solo i clienti: i volontari sono 74, poi ci sono due ragazzi del servizio civile,13 inserimenti lavorativi che, secondo Melegari, “hanno fatto grossi recuperi, alcuni hanno superato le difficoltà che avevano”.


Importante la collaborazione con le scuole, soprattutto con la media Fassi, la più vicina. In funzione piccoli corsi di falegnameria, ago e filo, rimessa in sesto di biciclette, insomma si insegnano e si imparano tutti quei lavoretti che, un tempo, si apprendevano a casa, dal nonno.


Qualche parola Massimo Melagari la spende sul negozio aperto in corso Fanti durante le festività natalizie, una sorta di temporary shop che ha avuto “un successone. Chi non ci conosceva ha imparato a conoscerci e ad apprezzarci. Speriamo di ripetere quest’esperienza, e non solo per il periodo natalizio”. Se qualcuno ha un negozio sfitto e vuole fare una buona azione, non perda tempo e chiami Recuperandia o la Caritas. Con poco si può fare molto.