Duomo di Mirandola, omelia di monsignor Manicardi

Santa Messa in occasione del primo anniversario della riapertura del Duomo di Mirandola

Duomo di Mirandola – 20 settembre 2020

Omelia di mons. Ermenegildo Manicardi- Vicario generale della Diocesi di Carpi

Sia lodato Gesù Cristo.

Carissimi fedeli, amiche e amici, stimati cittadini di Mirandola,
è con una gioia del tutto particolare che, nel primo anniversario della riapertura del vostro duomo, ripeto l’appello del profeta Isaia che apre il nostro ascolto della parola del Signore: «Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino». Il duomo riaperto è un segno, grande e tangibile, della vicinanza del Signore. Qui, al cuore della città, Lui ha riaperto la sua casa per accoglierci. Con il vostro sforzo tenace l’ha rialzata ed abbellita, perché il vostro incontro con lui avvenga nella cornice confortevole dell’eleganza e della gioia, nel fiume vivo di una lunga storia e di una contemporaneità che incombe.

I miei pensieri non sono i vostri pensieri

Il profeta ci offre un ulteriore stimolo di riflessione, là dove Dio ripete: «i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie». Certo il terremoto non fa parte delle nostre vie, così come la pandemia del Covid-19. Di fronte a tali eventi, noi siamo davanti al mistero della volontà di Dio e rimaniamo giustamente confusi, sconcertati, irrisolti. Al tempo stesso però – dentro a tanto sconcerto – noi scopriamo nella celebrazione di questa mattina anche i segni della vita che si riafferma davvero impetuosa e capace di rinnovamento. Questa vita, che vince il dolore, questa bellezza che sconfigge la distruzione vengono da Dio perché sono troppo grandi rispetto alle nostre sole forze. Il terremoto è troppo per noi; ma più grande di noi è pure la forza che ci aiuta a rifiorire.

Pensiamo anche al Covid-19: chi mai avrebbe immaginato che si dovesse convivere con la pandemia? Tutti noi all’inizio abbiamo detto “solo che passi”, “solo che si chiuda questa cupa parentesi” … e abbiamo sognato da subito di tornare presto allo stile conosciuto e rassicurante, alle cose solite, alla serenità e alla pace un po’ scontate.

Siamo entrati, invece, in una nuova fase, dove non ci aiutano le forme e gli abbozzi del passato. La speranza si presenta in forme inedite di coraggio, di ripresa, di solidarietà, di inventiva sorprendente. Pensiamo cosa significa per un giovane scegliere, oggi, la professione di medico, di infermiera, di cooperante. Lo stesso discorso vale anche per i docenti nella scuola, per i ricercatori nei laboratori, forse per gli stessi commercianti così esposti ai consistenti rischi del contatto. Dopo il terremoto ci è bastato ricostruire – per così dire – più o meno come prima. Adesso nuove esigenze, differenziate relazioni europei e nuovi scenari internazionali premono e propongono forme inedite di vita: siamo chiamati a reinventare più che a riscoprire, mentre la scommessa rimane quella di costruire e di ricostruire insieme. Un orizzonte nuovo ci sfida, per essere migliori, a scartare non altri uomini ma i nostri antichi modi morbosi di vivere.

Un primo dono: lavorare nella vigna del Signore anche a ore inverosimili

La parabola degli operai chiamati nella vigna del Signore a diverse ore rappresenta bene la diversità di situazioni delle diverse generazioni che hanno vissuto la preghiera in questo Duomo. Ci sono generazioni che hanno vissuto sopportando tutto “il peso della giornata e il caldo” e ci sono altri che “hanno lavorato un’ora soltanto”. Per fortuna il Signore non valuta solo il nostro lavoro, ma anche il nostro bisogno di Lui. Nella parabola a tutti viene dato «un denaro», ossia la paga giusta, al tempo di Gesù, perché un operario possa vivere, quel giorno, una vita piena. Chi avrà lavorato davvero con il Signore e per il Signore, anche un’ora soltanto, avrà una ricompensa piena e sufficiente per vivere bene. Questa è una bella garanzia anche per voi Mirandolesi, ricostruttori del vostro duomo: avete lavorato con impegno nella sua vigna e perciò il Signore vi darà «il denaro» perché possiate vivere bene in tutte le dimensioni dell’esistenza.

Il dono decisivo: riuscire a entrare nella magnanimità di Dio

La parabola però contiene un secondo,  più importante insegnamento. La scommessa decisiva non è soltanto lavorare per il regno di Dio, in modo da avere un denaro, ma piuttosto entrare nella generosità magnanima di Dio e aver guadagnato, per i propri occhi, la luce consolante della bontà divina.

Il personaggio più importante della parabola è un uomo molto laborioso, ma in fondo negativo nel suo cuore. «Il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”». Si può essere estremamente laborioso e, in realtà, non esser buoni.

Il vangelo chiede lavoro serio, ma anche benevolenza. La sfida più grande è entrare nella generosità divina. Pregando in questo tempio, che le vostre mani hanno ricostruito con fatica, noi entriamo nella generosità di Dio che ha paternamente abbracciato tante generazioni e che ha fatto entrare anche noi, con questa ricostruzione, nella catena dei vignaioli e dei muratori del regno di Dio. Rallegriamo di essere inseriti nel grande della sua misericordia che scorre di generazione in generazione su quelli che lo temono. Invece di sospettare di essere trattati male e di aver subito troppo, vediamo la magnanimità di Dio verso di tutti. E chiediamo di esse generosi come lui, vedendo le cose a partire dalle necessità degli altri e non dal nostro privato tornaconto

Qui sta la seconda scommessa per voi Mirandolesi, quella più importante: si tratta di vedere quale nuova comunità cristiana e civile, verrà ricostruita attorno al Duomo rinnovato, con le nuove regole sociali e le circostanze modificate dalla pandemia, che ha fatto seguito al terremoto. La nostra preghiera e il mio augurio vanno in questa celebrazione proprio a questa più complessa fase due.

Ringraziamento – anche a nome dell’Arcivescovo Castellucci – agli operai delle diverse ore

Anche a nome dell’Arcivescovo Castellucci, saluto perciò gli operai mirandolesi delle più diverse ore. Ringrazio i presbiteri di Mirandola perché sono stai con voi. Don Flavio, che in obbedienza ha accettato adesso il peso di due Istituti Diocesani Sostentamento Clero e della sostanziale collaborazione tra Modena e Carpi. Don Fabio che è venuto con la speranza di iniziare il cammino della sua più piena maturità sacerdotale. Già in questi mesi, a dispetto della pandemia, sta mostrando le qualità sue e quelle dei suoi collaboratori: d. Mauro, d. Emiddio e Padre Ioan.

Un saluto cordialissimo al primo cittadino mirandolese, il sindaco Alberto Greco, insieme con gli amici suoi collaboratori nel Comune di Mirandola. La Chiesa diocesana apprezza e ammira la comunità mirandolese in tutte le sue componenti per quello che siete, nelle diverse ore del giorno. Apprezziamo molto quanto avete fatto e continuate a operare per il ricupero delle realtà più belle della città dei Pico, che ha dato i natali al grande Giovanni. Anche nell’epoca delle intelligenze artificiali e dei computer zeppi di dati, non cessa di far risuonare il nome della vostra patria in tutto il mondo e in tante lingue. (Penso al dotto volume di Henri De Lubac, SJ, Pic de la Mirandole, reso in italiano dall’editrice Jaca Book con un titolo più ideologico, un po’ dimentico della vostra città, L’alba incompiuta del Rinascimento.

Accogliamo anche oggi, nell’ora in cui siamo mandati di nuovo nella vigna del Signore, l’invito dell’Apostolo Paolo, che chiude la seconda Lettura di oggi: «Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo» e della magnanimità del padrone della vigna.