Una famiglia dal terremoto all’alluvione
Travolti dal Bene più che dalla piena
di Valentina Bedin
Andarsene da casa fuggendo due volte in poco più di un anno e mezzo è possibile? ‘Non è possibile che stiamo scappando ancora’, dice mia figlia in lacrime alle due di pomeriggio di domenica 19 gennaio, mentre attraversiamo la strada con l’acqua alle ginocchia per raggiungere in fretta e furia la macchina e salvarci dalla piena che sale velocissima di livello, invade le vie di Bastiglia e comincia a penetrare nei giardini. Più di un metro e venti al piano terra della nostra casa, presa in affitto dopo il terremoto che ci ha costretto a lasciare Mirandola nel maggio 2012. Difficile raccontare cosa è successo davvero in questi giorni. Per noi, per me dovermi staccare ancora una volta dalle cose a cui mi sento così attaccata’ C’è un momento in cui bisogna lasciarle andare. O loro o te, o vai a fondo con loro, o scopri una strana libertà nel vedere che anche se le lasci, resti viva. Con tutte le ferite aperte e sanguinanti, ma viva. L’io non si spegne. Mentre butto quasi a uno a uno i libri, più di mille, capisco che non è un male amare le cose, ma non sono loro la tua carne. E poi, ancora una volta, siamo travolti dal Bene, più che dalla piena. È questo fisico e amorevole sostegno che ci ha permesso, ancora una volta, di affrontare tutto quel fango e di non rifugiarci in un angolo a piangere. Sono così tanti gli episodi, che è impossibile ricordarli tutti.
Ci sono fatti che interpellano direttamente il cuore di ogni uomo, e il cuore risponde improvvisamente secondo la sua natura e si mette in movimento per soccorrere e farsi presente a chi è nel bisogno. Ed è veramente un sollievo poter essere ‘solo bisogno’, come ci sorprendiamo in questi frangenti, e non aver niente da dimostrare. Come è più umano essere liberi di chiedere tutto e di lasciarsi voler bene e di farsi accogliere. Siamo investiti da un’ondata di Bene che prende tutte le forme possibili e ci raggiunge per le vie più impensate. Tanto da far dire a Francesco, un giocoliere che ha rinunciato a uno splendido weekend sulla neve per venire a spalare fango a Bastiglia: ‘È un miracolo’. È il miracolo di un popolo che si mette in movimento e con straordinaria gratuità sostiene, aiuta e accompagna. E allora ci si ritrova con le lacrime agli occhi a ringraziare Dio che ancora una volta non ci ha lasciati soli, mettendo nel cuore dell’uomo il desiderio del Bene, perché nessuno sia abbandonato alla furia dell’acqua e possa non perdere la speranza. C’è una poesia di Hugo Mujica che ben esprime questo senso ultimo delle cose di cui abbiamo fatto esperienza in questi giorni: Conoscersi è una consegna/ non un sapersi/ è slegarsi /e scoprire che non affondiamo/ che siamo sempre stati/ sostenuti.
Ci sono fatti che interpellano direttamente il cuore di ogni uomo, e il cuore risponde improvvisamente secondo la sua natura e si mette in movimento per soccorrere e farsi presente a chi è nel bisogno. Ed è veramente un sollievo poter essere ‘solo bisogno’, come ci sorprendiamo in questi frangenti, e non aver niente da dimostrare. Come è più umano essere liberi di chiedere tutto e di lasciarsi voler bene e di farsi accogliere. Siamo investiti da un’ondata di Bene che prende tutte le forme possibili e ci raggiunge per le vie più impensate. Tanto da far dire a Francesco, un giocoliere che ha rinunciato a uno splendido weekend sulla neve per venire a spalare fango a Bastiglia: ‘È un miracolo’. È il miracolo di un popolo che si mette in movimento e con straordinaria gratuità sostiene, aiuta e accompagna. E allora ci si ritrova con le lacrime agli occhi a ringraziare Dio che ancora una volta non ci ha lasciati soli, mettendo nel cuore dell’uomo il desiderio del Bene, perché nessuno sia abbandonato alla furia dell’acqua e possa non perdere la speranza. C’è una poesia di Hugo Mujica che ben esprime questo senso ultimo delle cose di cui abbiamo fatto esperienza in questi giorni: Conoscersi è una consegna/ non un sapersi/ è slegarsi /e scoprire che non affondiamo/ che siamo sempre stati/ sostenuti.