Com. St.65 del 20 maggio 2013 – Omelia nella festa di San Bernardino da Siena

 Patrono della città e della diocesi di Carpi


Lunedì 20 maggio


Carpi, aula liturgica della Madonna della Neve di Quartirolo


La modernità di Bernardino


Mi è gradito, in questa festa del nostro Santo Patrono, salutare e ringraziare le autorità civili e militari della città per la loro presenza ed il Comitato organizzatore, ma soprattutto voi, cari abitanti di Carpi. Su tutti invoco la benedizione e la protezione di San Bernardino da Siena. Gli uomini grandi sono tali perché hanno saputo sviluppare la loro umanità in misura così vasta e profonda da essere sentiti moderni da ogni generazione che passa.


Tra questi grandi che sentiamo particolarmente vicino a noi vi è anche San Bernardino da Siena. E’ un moderno perché la sua vita giovanile non è stata dissimile dalla nostra e da quella di tantissimi nostri giovani. Aveva un carattere schietto e deciso. Amava la libertà e lo studio e non era affatto propenso alla vita religiosa, tanto che alle letture bibliche preferiva la poesia profana, cioè il divertimento fine a se stesso. Ciò che lo segnò profondamente fu, noi diremmo, un’esperienza di volontariato. Aveva 20 anni quando Siena fu colpita, nel 1400, dalla peste. Molti medici ed infermieri morirono a causa del contagio ed il responsabile dell’Ospedale chiese pubblicamente aiuto ai cittadini. Tra coloro che spontaneamente si offrirono si presentò anche Bernardino. E la sua vita cambiò. Iniziò un cammino di preghiera e di riflessione che lo avrebbe portato ad entrare nell’Ordine francescano.


Oggi, con voi, più che soffermarmi a ricordare i fatti della sua vita, vorrei richiamare alcuni temi della sua predicazione e citare alcune sue espressioni che hanno attraversato i secoli e che conservano tutta la loro attualità, rimangono principi luminosi e stimolanti a cui riferirsi, e rivelano la sua grandezza e forza d’animo


–          castigava e canzonava le umane debolezze quali le stregonerie e le superstizioni, i piccoli e grandi imbrogli nel commercio; in particolare stigmatizzava il gioco d’azzardo. Una piaga che oggi si è trasformata in una nuova emergenza sociale, in espansione. In Italia si parla di un milione e ottocentomila giocatori a rischio, di cui 800mila sono da considerarsi malati. Nello scorso anno sono stati bruciati circa 80 miliardi, quasi il doppio della manovra Salva Italia del Governo. Diceva San Bernardino: anche il demonio vuole il suo tempio ed esso è la bisca;


–          soprattutto era feroce con gli usurai del tempo, una piaga antica e moderna. Paragonava la morte di un usuraio all’uccisione del maiale in una famiglia: una festa ed una liberazione dalla fame per tutti. Egli preparò la strada per l’istituzione di società benefiche di prestito, conosciute come ‘Monti di Pietà’.


–          Ha scritto un libro dedicato all’economia che porta il titolo: ‘Sui contratti e sull’Usura’ dove si occupa della proprietà privata, dell’etica del commercio, della determinazione del valore e del prezzo e naturalmente dell’usura.


–          La sua parola d’ordine, come quella di San Francesco, era ‘Pace’. Con il forte richiamo alla conversione personale e con una infaticabile opera di mediazione persuase molte città a togliere dai muri delle chiese e dei palazzi gli stemmi delle loro fazioni in guerra, per sostituirli con le iniziali dl Nome di Gesù.


 


Tutto bene, tutto liscio nella sua vita?  Non è possibile per nessuno! L’invidia, uno dei sette vizi capitali, è presente anche nei verdi campi ecclesiali. Bernardino fu accusato di idolatria ed eresia, specialmente per quanto riguardava la devozione al Nome di Gesù. Fu sempre completamente scagionato da Roma e reintegrato nella sua missione.


Appare evidente che il metodo usato da San Bernardino da Siena è quello di partire dalla concreta situazione morale dell’uomo, per sospingerlo verso una più alta e cristiana concezione della vita. I tempi con i quali si confrontava il nostro Santo sono, fatte le debite proporzioni, i nostri. Infatti, i problemi fanno parte del vivere e a ben guardare sono sempre gli stessi. Con una differenza: nel passato avevano i mezzi per superare le difficoltà. Lui e i popoli di quel tempo avevano un’arma che in noi appare spuntata: la speranza.


Forse San Bernardino questa sera, con la sua esperienza di vita e la sua parola, vuole rilanciare nella nostra Chiesa e nella nostra società il principio-speranza.


Il grande poeta Charles Peguy affermava che ‘la virtù preferita da Dio è la speranza. Ma Dio è stato allontanato dalla cultura europea’.


Uno psicologo dell’Università di Harvard (Tal Ben-Shahar) recentemente, riflettendo sulla crisi che stiamo vivendo ha sviluppato una suggestiva ipotesi. Egli sostiene che la nostra società si sta evolvendo verso una concezione post-materialistica. Nei tempi antichi il mondo era fondato sulla spiritualità e traeva significato dalla religione. Nei tempi moderni, l’umanità si è orientata invece verso un materialismo esasperato. Il futuro dovrebbe portarci verso una società con una crescita non solo economica ma anche spirituale. Dopo avere toccato i due estremi, verrà il tempo della sintesi, con la nascita di un nuovo modello di società che non si fonderà solo sulla ricchezza, ma sui valori più autentici, quali la famiglia, la spiritualità e il senso della comunità.


Si torneranno ad apprezzare le cose meravigliose della vita, come l’arte, che il materialismo ha svalutato. Paesi come l’Italia, la Grecia e la Spagna, che stanno soffrendo maggiormente per la crisi economica, potranno essere il motore di questa nuova sintesi, perché ritroveranno più in fretta quei valori che sono parte integrante della loro tradizione. 


Le cose che crediamo vere sulla terra non sono altro che ‘ombre’ di un’altra realtà, che troveremo lassù nel mondo di Dio. Chiediamo a San Bernardino che ci dia la capacità di cogliere il senso vero della realtà per non accontentarci di ombre vuote e prive di significato. Per ridare speranza occorre avere un orizzonte alto, capace di rendere pieni questi nostri giorni terreni. San Bernardino ci invita a tornare a Dio per recuperare la speranza e sapere che per l’uomo c’è una stazione di arrivo definitivo, un approdo eterno, di salvezza o di rovina.


Francesco Cavina
+ Vescovo