Venerdì 25 dicembre 2015, ore 10.45
26-12-2015
Gesù di Nazareth attira tutto il nostro interesse solo perché è il Figlio di Dio, fatto uomo, unico Salvatore.
Se Cristo fosse solo un uomo e non anche Figlio di Dio l’interesse nei suoi confronti sarebbe quello che si riserva ad un grande personaggio della storia profana. La sorprendente originalità di Gesù consiste nel fatto che egli è uno, direbbe San Bernardo di Chiaravalle, che viene dal “cuore di Dio Padre” (Sermone 1 d’Avvento, 5).
L’identità divina di Cristo è esplicitamente affermata nei Vangeli, in particolare nel Prologo di Giovanni, che abbiamo appena ascoltato. Esso inizia con un’affermazione: In Principio era il Verbo. E il Verbo era presso Dio. E il Verbo era Dio.
Poche parole per dirci chi è e da dove viene il Bambino che questa notte è nato e che abbiamo adorato. Egli è “Essere eterno e infinito” che vive un’unione personale con Dio ed è ugualmente Dio.
Con il verso 14 l’evangelista Giovanni annuncia un evento nuovo ed inatteso: il Verbo di Dio ad un certo momento della storia ha assunto volto e cuore di uomo, è diventato uno di noi. La nostra carne è diventata la casa di Dio. I Vangeli ci raccontano le sue parole, le sue azioni e la sua vicenda umana.
Nell’attuale società tante sono le forme di povertà: alcune nascono dall’isolamento, altre dal non essere amati, altre dal rifiuto di Dio e da un’originaria chiusura dell’uomo che pensa di potere bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero.
Con la presenza del Verbo la solitudine esistenziale dell’uomo è vinta perché Dio cammina visibilmente tra gli uomini, si fa carico delle sofferenze, delle pene, delle tragedie che investono la vita di ogni uomo e della intera umanità. Grazie a Lui io so che Dio è con me, Dio sa che io ci sono e non mi dimentica, mi raggiunge con il suo amore e pertanto anche la disperazione più angosciante può trasformarsi nella speranza più viva.
Perché il Verbo di Dio che esiste da sempre, che è senza principio e senza fine, che è Dio lui stesso ha voluto entrare nel nostro mondo? Perché “lui è la luce vera che illumina ogni uomo” (v.9). Dopo la sua venuta l’uomo non è più “una passione inutile”, che vaga senza una meta, “gettato sulla terra da un destino cieco e dispotico”, ma ha la possibilità, se accoglie Cristo di essere come Lui “generato da Dio” (v.13), e quindi di entrare in possesso della vita divina; una vita straordinaria ma vera capace di sottrare l’uomo dall’esperienza del suo limite ultimo, la morte.
Alla luce del Prologo appare evidente che Dio non è colui che annienta o che si disinteressa dell’uomo, ma colui che porta a compimento, che innalza l’uomo e la sua personalità.
Veramente il Natale ci dona l’umile, incrollabile e gioiosa certezza che ora e per sempre “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”. Chiediamo al divino Bambino di lasciarci trovare da Lui e la disponibilità ad accoglierlo e ad ascoltarlo perché Egli non annienta o umilia l’uomo, ma porta a compimento il suo desiderio di felicità e di pienezza e contagia di speranza il suo cuore.
+ Francesco Cavina, Vescovo
Se Cristo fosse solo un uomo e non anche Figlio di Dio l’interesse nei suoi confronti sarebbe quello che si riserva ad un grande personaggio della storia profana. La sorprendente originalità di Gesù consiste nel fatto che egli è uno, direbbe San Bernardo di Chiaravalle, che viene dal “cuore di Dio Padre” (Sermone 1 d’Avvento, 5).
L’identità divina di Cristo è esplicitamente affermata nei Vangeli, in particolare nel Prologo di Giovanni, che abbiamo appena ascoltato. Esso inizia con un’affermazione: In Principio era il Verbo. E il Verbo era presso Dio. E il Verbo era Dio.
Poche parole per dirci chi è e da dove viene il Bambino che questa notte è nato e che abbiamo adorato. Egli è “Essere eterno e infinito” che vive un’unione personale con Dio ed è ugualmente Dio.
Con il verso 14 l’evangelista Giovanni annuncia un evento nuovo ed inatteso: il Verbo di Dio ad un certo momento della storia ha assunto volto e cuore di uomo, è diventato uno di noi. La nostra carne è diventata la casa di Dio. I Vangeli ci raccontano le sue parole, le sue azioni e la sua vicenda umana.
Nell’attuale società tante sono le forme di povertà: alcune nascono dall’isolamento, altre dal non essere amati, altre dal rifiuto di Dio e da un’originaria chiusura dell’uomo che pensa di potere bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero.
Con la presenza del Verbo la solitudine esistenziale dell’uomo è vinta perché Dio cammina visibilmente tra gli uomini, si fa carico delle sofferenze, delle pene, delle tragedie che investono la vita di ogni uomo e della intera umanità. Grazie a Lui io so che Dio è con me, Dio sa che io ci sono e non mi dimentica, mi raggiunge con il suo amore e pertanto anche la disperazione più angosciante può trasformarsi nella speranza più viva.
Perché il Verbo di Dio che esiste da sempre, che è senza principio e senza fine, che è Dio lui stesso ha voluto entrare nel nostro mondo? Perché “lui è la luce vera che illumina ogni uomo” (v.9). Dopo la sua venuta l’uomo non è più “una passione inutile”, che vaga senza una meta, “gettato sulla terra da un destino cieco e dispotico”, ma ha la possibilità, se accoglie Cristo di essere come Lui “generato da Dio” (v.13), e quindi di entrare in possesso della vita divina; una vita straordinaria ma vera capace di sottrare l’uomo dall’esperienza del suo limite ultimo, la morte.
Alla luce del Prologo appare evidente che Dio non è colui che annienta o che si disinteressa dell’uomo, ma colui che porta a compimento, che innalza l’uomo e la sua personalità.
Veramente il Natale ci dona l’umile, incrollabile e gioiosa certezza che ora e per sempre “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”. Chiediamo al divino Bambino di lasciarci trovare da Lui e la disponibilità ad accoglierlo e ad ascoltarlo perché Egli non annienta o umilia l’uomo, ma porta a compimento il suo desiderio di felicità e di pienezza e contagia di speranza il suo cuore.
+ Francesco Cavina, Vescovo