Omelia nella Santa Messa della Notte di Natale

Giovedì 24 dicembre 2015, ore 24
25-12-2015
L’evento che ha cambiato la storia dell’umanità, la nascita del Figlio di Dio nella carne umana, viene inserito dagli evangelisti nel contesto storico, politico e sociale in cui è accaduto e raccontato con una semplicità quasi imbarazzante.
Il Figlio di Dio, dunque, nasce al tempo dell’imperatore Cesare Augusto, l’uomo più potente della terra, che aveva avuto la sfrontatezza di autoproclamarsi dio e voleva imporre a tutti, con la forza e la violenza, la “pax romana”.
Il vero Figlio di Dio, il Creatore dell’universo, inizia, invece, il suo cammino terreno in una mangiatoia. Né lui né sua madre hanno trovato una strada spianata e alloggi adeguati o già prenotati, come si addice a persone che veramente contano. Il Signore, quindi, non nasce nel luccichio effimero della mondanità o nei palazzi dove si decidono le sorti dell’umanità o al riparo della potenza umana, ma in una condizione di assoluta precarietà e debolezza. Non per nulla Gesù dirà di se stesso: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Lc. 9.58).
La semplicità e la povertà della nascita contrastano non solo con l’arroganza dell’imperatore romano, ma anche con la solennità dell’apparizione degli angeli i quali hanno la missione di rivelare ai pastori il senso di quanto accaduto a Betlemme: in una stalla, è nato un bambino che è stato deposto nella mangiatoia il quale è Dio-fatto-uomo, il Salvatore.
I pastori erano considerati dalle autorità religiose del tempo dei “fuorilegge”, perché il loro lavoro impediva di osservare tutte le prescrizioni della legge. Essi, quindi, non hanno alcun titolo né religioso né sociale né politico per essere i primi testimoni della nascita del Messia. Eppure sono i primi ad essere chiamati a contemplare e ad adorare l’Emmanuele, il Dio-con-noi, a gioire della Sua presenza, a stupirsi per l’inatteso dono di Dio all’umanità.
Il privilegio riservato ai pastori ci porta in questa santa notte a riconoscere e a proclamare che tutti possono essere ammessi alla presenza del Signore; a tutti è dato di godere della sua presenza e tutti possono a Lui avvicinarsi senza paura e nella condizione in cui si trovano. Nessuno è escluso da questo benefico incontro! Nei pastori sono, dunque, presenti tutti i poveri, i peccatori, gli esclusi, le persone ferite dalla vita, i delusi, gli scoraggiati, gli uomini di buona volontà che aspettano una parola di speranza.
Per chi ha l’umiltà di portarsi alla presenza di questo Bambino, per chi non ha paura della sua nascita, per chi non si scandalizza della impotenza con cui Dio si rivela, al buio, all’incertezza e all’ansia subentrano la luce, una ferma speranza e la gioia perché il Signore facendo sua la nostra condizione umana ha definitivamente preso in mano anche le sorti della mia vita e dell’umanità.
In questa notte solenne da una sperduta provincia dell’Impero giunge allora un invito ad essere felici. Felici anche dentro tutte le difficoltà. Felici perché il nostro cuore si appoggia al Bambinello che solo può darci la vita che non finisce.
Il Natale che riconosce Cristo è questo! Festeggiare Gesù che nasce e ci fa compagnia con tenerezza e misericordia.
 
+ Francesco Cavina, Vescovo