Editoriale n. 42 dell’1 dicembre 2019

Il giornale non tramonta mai

“Notizie” è nato a Carpi 35 anni fa mentre le diocesi italiane a vent’anni dal Concilio si riappropriavano delle intuizioni che dal tempo di Giovanni XXIII e Paolo VI man mano si facevano largo nella Chiesa. Un giornale appariva, e appare tuttora, una via preferenziale per raccontare la vita della comunità cristiana e il suo sguardo sul mondo. “Lavorando nel settimanale diocesano ho scoperto davvero la Chiesa, i suoi tanti volti e realtà. La Chiesa è molto più grande e ricca della bella ma piccola esperienza che vivevo nella mia associazione”: è quanto mi raccontava nei giorni scorsi una persona che ha lavorato a lungo nella sua città nella redazione del giornale diocesano. A richiamare tutto ciò ci ha pensato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrando il Consiglio nazionale della Fisc, la Federazione settimanali cattolici: “Vostro compito – sintetizzo le sue parole – è far crescere il senso di comunità, la capacità critica tra la gente. I vostri sono lettori esigenti, conoscono bene le problematiche del territorio in cui operate. Solo un forte senso di comunità permette di andare oltre gli egoismi di parte e riscoprire l’appartenenza all’Italia e a una realtà più grande come l’Europa”. I nostri – nella Fisc lo si dice fin dagli inizi nel 1966 – sono giornali di popolo, nati per far crescere la coscienza di essere popolo, di non essere soli, e questo vale ancora di più oggi quando, dietro lo schermo del computer o di uno smartphone, seguiamo ciò che accade nel mondo, ma, in fondo, siamo soli. Come può un giornale affrontare con coraggio la sfida di aiutarci a entrare nel cuore della realtà? Innanzitutto, serve una carica ideale. Senza una motivazione forte non si va da nessuna parte. La motivazione è l’anima di una “Chiesa in uscita”, che non si richiude su se stessa ma si apre al mondo per rendere ragione della speranza – Gesù Cristo – che ha incontrato. La luce della fede offre uno sguardo nuovo sulla realtà. Non è certo più tempo di battaglie armate, ma come cristiani non possiamo omologarci al pensiero dominante e lasciarci appiattire: “Se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato?”, dice il Vangelo. Secondo, serve passione per la realtà, per tutto ciò che riguarda gli uomini e le donne, la loro vita, la loro ricerca, i loro problemi di tutti i giorni, dagli scioperi dei mezzi pubblici all’educazione dei fi gli, dalla crisi delle vocazioni a come affrontare le situazioni di fragilità della vita, dal piano regolatore della città ai progetti dei giovani per il loro futuro. Siamo nell’epoca dei social, ma resta fondamentale il legame con il territorio, con le parrocchie, le scuole, il mondo del lavoro, la gente. Un giornale funziona se crea relazioni, se costruisce una rete, se cresce insieme ai suoi lettori. Terzo: per fare tutto ciò, anche con i nuovi linguaggi della tecnologia, occorre investire. Per questo, la stampa cattolica vive un dialogo costante con il mondo politico, perché riconosca anche sul piano economico l’opera che viene fatta nel raccontare un territorio e nel dare voce a chi davvero non ha voce, che i grandi network raccontano spesso solo quando ci sono scandali o fatti sensazionali. Occorre anche che la comunità cristiana – e non solo – senta come suo il giornale e lo viva come una piazza ideale in cui confrontarsi e dialogare, e che ci siano imprenditori che credono in strumenti come questi. Solo insieme si cresce.

Davide Maloberti Direttore de “Il Nuovo Giornale”,
settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio
e delegato regionale della Federazione italiana settimanali cattolici