Il vescovo Erio con i catechisti e gli educatori della zona pastorale Carpi centro per un approfondimento sulla liturgia
FORMAZIONE
“Può la liturgia di ieri coinvolgere i ragazzi di oggi?”. Questa è una delle domande poste da un gruppo di educatori la sera del 29 ottobre scorso quando, in sala Duomo, il vescovo Castellucci Erio ha incontrato catechisti, educatori e capi scout della Zona pastorale del centro storico. L’incontro è stato organizzato dal Consiglio di Zona dopo la serata del 21 maggio scorso, nella quale gli educatori delle tre parrocchie, riuniti, insieme in San Francesco, avevano individuato tra le priorità formative quella di riflettere su come aiutare i bambini a vivere meglio la liturgia domenicale. Il Vescovo ha proposto una sua riflessione seguita da un momento di condivisione suddivisi in dieci gruppi, ciascuno dei quali ha poi raccolto riflessioni e domande. Riportiamo di seguito alcuni stralci dell’intervento di monsignor Castellucci.
Dall’intervento del Vescovo
Vorrei partire dalla famosa frase che ci provoca sempre, come tutte le frasi di Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite” (Mc 10,12)” ha esordito il vescovo Erio. E ha continuato: “Il paradigma per Gesù il modello del discepolo è il bambino, ed è soprattutto in questa chiave che penso noi possiamo riflettere sui bambini a messa, o meglio nella liturgia, con le varie possibilità di accogliere e coinvolgere in essa i bambini. (…) La rivoluzione di Gesù è che, mentre noi quando parliamo dei bambini diamo loro come modello gli adulti (“devi diventare come quel maestro, quella maestra, quel calciatore, quell’artista…”), Gesù dà agli adulti come modelli i bambini: “a chi è come loro appartiene il Regno di Dio” (Matteo 19,13-15). C’è una bella provocazione e un senso molto profondo in questo, perché è Gesù stesso che si identifica con i piccoli, con quelli che sono lasciati ai margini. I bambini allora, anche oggi nella chiesa, sono il modello degli adulti. Per quale motivo?
Credo che dobbiamo “spoetizzare” l’idea che i bambini siano innocenti. (…) Non sono innocenti perché l’innocenza è una caratteristica che non appartiene a noi esseri umani. I bambini hanno la caratteristica di volersi affidare. Mi pare sia questo il motivo per cui Gesù li presenta come modelli dei discepoli: perché sta chiedendo ai discepoli di affidarsi” (…).
Nella Messa, come è emerso nell’ultima Settimana Liturgica celebratasi a Modena, abbiamo censurato le emozioni. Alcune culture le esprimono in maniera molto evidente: le culture africane con il ballo, i latino-americani si abbracciano, noi siamo molto riservati e, a detta di alcuni, un poco freddi. Però di emozioni nella liturgia ce ne sono tante: le emozioni sono linguaggi che i bambini percepiscono. Ma quali emozioni? La liturgia è calma piatta…! La sottolineatura del carattere delle emozioni nella liturgia è sempre più rilevata oggi perché noi abbiamo delle possibilità che forse non sfruttiamo abbastanza. Certamente il canto ci darebbe la possibilità di esprimere queste emozioni. Non mi riferisco ai canti melensi. Ci sono canti più o meno liturgici, alcuni vanno meglio per una gita piuttosto che per una celebrazione. Ci sono i canti polifonici che solo le Scholae Cantorum fanno e che a qualcuno destano emozioni ad altri no. Ma normalmente i canti liturgici (ci sarebbe anche una raccolta di canti liturgici per l’Italia) sono fatti bene perché molti sono biblici, sono fatti in modo che l’assemblea possa cantare. Normalmente hanno una strofa ed un ritornello in modo che possa essere cantato facilmente da parte di tutti e hanno delle parole che rispecchiano la Scrittura o la tradizione della chiesa. Quindi non sono canti didattici nel senso di dottrinali: non si preoccupano di definire precisamente la dottrina della chiesa ma sono canti che aiutano a pregare. E forse una riflessione su questo andrà fatta perché i bambini sono molto coinvolti dal canto.
(…) Credo che un aspetto fondamentale sia come stanno gli adulti a messa e quindi come i bambini vedono gli adulti. Specialmente quegli adulti che sono per loro un modello perché è vero che Gesù ha rovesciato le cose ma affettivamente e psicologicamente è l’adulto il modello del bambino. Quindi è chiaro che se il bambino coglie un clima non di serietà nel senso di tristezza (a volte è anche così nelle nostre messe!) ma di serietà nel senso di “cosa importante”, capisce magari l’1 per 100… però capisce che è un momento importante. Questo è l’aspetto che più aiuta i bambini a maturare dentro l’esperienza liturgica: vedere gli adulti che la prendono come una cosa importante. (…)
Parola ai partecipanti all’incontro
Alberto e Antonella, una coppia di catechisti, così descrivono la serata: “Ci è rimasta impressa la domanda di un ragazzo, un capo scout, se la liturgia classica può essere ancora valida per un bambino di oggi. Iper stimolati, iper esposti a miriadi di sollecitazioni, perennemente connessi… La chiesa ha tanto da lavorare! Positivo il dialogo e il confronto con il Vescovo: pastore aperto e disponibile all’ascolto. Sono emersi vari spunti: la presenza di adulti di riferimento che testimoniano la serietà e l’importanza della messa, la necessità di far partecipi e coinvolgere il più possibile e in vari modi i ragazzi, la valorizzazione del canto come momento di interiorizzazione della liturgia”.
Giacomo, educatore Acr sottolinea: “Abbiamo discusso i diversi modi per poter rendere una messa ‘per bambini’, ovvero comprensibile e coinvolgente, nel rispetto della liturgia. Abbiamo approfondito diverse modalità, dalla scelta di canti facili da imparare per i bambini all’importanza di farli partecipare in momenti simbolici come l’offertorio o le preghiere dei fedeli, dalle caratteristiche che dovrebbe avere un’omelia accattivante per i più giovani ma non banale per gli adulti, all’esempio che gli educatori devono offrire con il loro atteggiamento durante la celebrazione”. “Mi ha colpito la disponibilità di don Erio – conclude Giacomo -: ha trattato con rispetto ogni idea, anche le più ‘creative’, perché sapeva che magari, pur non essendo applicabili nel contesto del Duomo, avrebbero potuto rivelarsi interessanti per altre situazioni”.