Al Giubileo delle persone con disabilità a Roma hanno partecipato 160 pellegrini da Carpi e Modena
di Virginia Panzani
“O tutti o nessuno”. Così ebbe a dire più volte Papa Francesco e queste parole sono state idealmente il filo conduttore delle due giornate, il 28 e 29 aprile scorsi, in cui si è svolto a Roma il Giubileo delle persone con disabilità. Oltre 10mila i pellegrini giunti da più di 90 Paesi del mondo, fra cui anche familiari e accompagnatori. Numerose le associazioni presenti coinvolte nella cura e nell’accompagnamento dei pellegrini con disabilità, in primis l’Unitalsi. Tutti gli eventi del programma, coordinato dal Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità della Cei, sono stati pensati e organizzati in modo da permettere ai pellegrini, a prescindere dai propri limiti, l’incontro personale con il Signore nei sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia, il passaggio della Porta Santa, l’ascolto di catechesi e testimonianze, e i momenti ricreativi. Ma ancora di più, facendo memoria grata di Papa Francesco, rendendo protagoniste le persone disabili dell’annuncio di fede e di speranza: ad esempio, tramite l’iniziativa “Vie della speranza”, una quarantina di stand di realtà associative e diocesane, in via della Conciliazione, ha testimoniato che una vita ricca di socialità, istruzione, sport, cultura, turismo e intrattenimento è possibile.
Al Giubileo del 28 e 29 aprile era presente anche una delegazione di circa 160 pellegrini, fra persone disabili e accompagnatori, proveniente dalle Diocesi di Carpi e di Modena-Nonantola. Tre i pullman organizzati rispettivamente dalla Sottosezione Unitalsi di Carpi e dalla Cooperativa Nazareno, con la guida spirituale di don Basile Bitangalo, e dalla Commissione interdiocesana della Pastorale delle disabilità, presieduta dal diacono Ermanno Lotti, che è anche assistente della Sottosezione Unitalsi di Modena.
Nella giornata del 28 aprile, presso la basilica di San Paolo fuori le Mura, i tre gruppi hanno attraversato insieme la Porta Santa, pregando con il testo predisposto dal vescovo Erio Castellucci, e partecipato alla Santa Messa presieduta da monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione. La liturgia è stata tradotta simultaneamente in LIS (Lingua italiana dei segni) per i non udenti, così come si è proposta una “drammatizzazione” del brano evangelico per permettere a tutti di comprenderlo. L’indomani, il gruppo ha passato la Por-ta Santa in San Pietro e ha potuto ascoltare nella piazza della basilica la catechesi di monsignor Fisichella e alcune testimonianze.
“Le nostre realtà, diverse per provenienza e attività, ma accomunate da profondi legami di vicinanza e di fraternità con le persone disabili, si sono ritrovate insieme in questo momento forte di pellegrinaggio commenta Enrico Bellentani, presidente dell’Unitalsi di Carpi -. Abbiamo veramente vissuto questa esperienza in spirito sinodale, in cammino fianco a fianco, a prefigurare la nostra Chiesa di Carpi e di Modena unita”.
Fede e comunità, che forza!
Altre testimonianze dei giovani che hanno partecipato al Giubileo degli adolescenti a Roma
Non solo un itinerario a ritmo serrato con tanti momenti di preghiera e riflessione: il Giubileo degli adolescenti (25-27 aprile) è stato per i giovanissimi di Azione Cattolica della Diocesi di Carpi un momento intenso ed emozionante, pregno di significato. Riportiamo di seguito le testimonianze di Lorenzo Pivetti, animatore di San Possidonio, e dei giovanissimi Sara e Luca, rispettivamente delle parrocchie di Sant’Agata Cibeno e della Cattedrale.
Lorenzo Pivetti animatore Parrocchia di San Possidonio
Non è la prima volta che accompagno un gruppo in pellegrinaggio, ma il Giubileo degli adolescenti è stato qualcosa di unico. Fin dal primo momento, mentre caricavamo gli zaini sul pullman all’alba, ho sentito che stavamo per vivere un’esperienza che sarebbe rimasta nel cuore di tutti, ragazzi e educatori. Il gruppo si è comportato davvero bene. Nonostante la stanchezza, i ritmi intensi e le piccole difficoltà logistiche, i ragazzi hanno saputo mettersi in gioco, con entusiasmo, rispetto e spirito di collaborazione. Vederli prendersi cura l’uno dell’altro, aspettarsi durante le lunghe camminate, condividere un panino o una risata, è stato forse il primo grande segno che qualcosa di profondo stava accadendo. A Cecchignola, nella città militare che ci ha ospitati, abbiamo vissuto la quotidianità del pellegrinaggio. Sveglie presto, colazioni veloci, corse per prendere i pullman e poi le giornate intense a Roma, tra basiliche, catechesi, camminate sotto il sole e momenti di preghiera. Eppure, in tutto questo, non ho mai visto calare il desiderio di vivere pienamente ogni momento. Anche la sera, stanchi ma felici, i ragazzi trovavano il tempo per raccontarsi, per ridere, per ascoltare o semplicemente per stare vicini. Quello che mi ha colpito di più è stato il passaggio della Porta Santa alla Basilica di San Paolo fuori le mura. Un gesto semplice, ma potente. Vedere i volti dei ragazzi, attenti e silenziosi, immersi nell’atmosfera profonda creata dal canto e dalla preghiera, mi ha emozionato. In quel momento ho capito che anche loro, pur nella loro giovane età, stavano intuendo il senso del pellegrinaggio: non solo un viaggio fisico, ma un cammino spirituale che lascia il segno. Come educatore, porto a casa alcune riflessioni importanti. La prima è che i nostri ragazzi hanno bisogno di esperienze vere, autentiche, che li mettano in contatto con sé stessi, con gli altri e con Dio. La seconda è che il gruppo, quando funziona, è una forza incredibile. È un luogo di crescita, di accoglienza, di ascolto. In questi giorni ho visto emergere relazioni nuove, gesti di cura, condivisioni profonde che spesso nella routine di tutti i giorni faticano a venire fuori. Il Giubileo ci ha ricordato che la fede, per essere viva, ha bisogno di cammini, di domande, di comunità. E anche noi educatori, in fondo, siamo pellegrini. Camminiamo insieme a loro, a volte guidiamo, a volte ci lasciamo guidare, ma sempre con lo sguardo rivolto alla Speranza.
Sara, 15 anni Parrocchia di Sant’Agata Cibeno
Pochi giorni prima di partire per Roma al Giubileo degli adolescenti abbiamo ricevuto la notizia della morte di Papa Francesco. Con il cuore triste e il rammarico di non poterlo incontrare di persona in questa occasione speciale, siamo comunque partiti. All’inizio, mi sono sentita smarrita e privi di un punto di riferimento, sia per la fede che per tutto ciò che ci aveva donato. La mia aspettativa era bassa, soprattutto perché sapevo che l’atmosfera sarebbe stata diversa. L’alloggio nella struttura militare di Cecchignola è stato faticoso, ma vivere anche momenti difficili con altri ragazzi ha rafforzato lo spirito di condivisione che si respirava durante il Giubileo. Un dettaglio importante è stato incontrare persone da altri luoghi: le storie diverse di altri adolescenti hanno arricchito il mio cammino e creato nuove amicizie, testimonianza della forza dell’unione. La sensazione di far parte di una comunità più grande è stata tra le esperienze più intense. La fede e il senso di continuità, nonostante la perdita del papa, hanno dimostrato che la speranza va oltre una figura, anche così importante. L’unità del gruppo mi ha fatto sentire vicina a lui, come se fosse ancora presente spiritualmente. La presenza di tanti adolescenti motivati dalla stessa fede è stato un segno forte: anche se la fede può sembrare privata, vederci tutti insieme con un obiettivo comune è stato molto significativo. In molti momenti abbiamo cantato e riso insieme, e questi attimi hanno reso il Giubileo ancora più speciale. Quello che all’inizio sembrava difficile da vivere senza il papa si è rivelato invece ricco di significato e di sorprese.
Luca, 15 anni Parrocchia della Cattedrale
È stata indubbiamente un’esperienza unica, tre giorni davvero particolari secondo ogni aspetto. Il momento più toccante per me è stato sicuramente attraversare la Porta Santa. Passare da una porta per essere perdonati e ricominciare da capo, da zero, accompagnati da una certezza: il Signore è al tuo fianco. Alla nostra età, in cui di certezze ce ne sono così poche, averne una tanto grande può essere un bene inestimabile. In particolare, mi hanno colpito le parole che ci sono state dette da Sebastian, fuori dalla basilica di San Paolo, sulla Porta Santa: una porta, che è più piccola delle altre proprio come quella del Cielo, il cui ingresso è più stretto. Grazie alla Via Lucis mi sono reso conto che si parla tanto di ciò che accadde prima della Pasqua ma del dopo si sa davvero poco, ed invece è proprio lì, a parer mio, che viene lasciata la più grande testimonianza della Speranza. Ogni momento è stato caratterizzato da gioia, ma non nascondo che la stanchezza era tanta, ci ha salvati il fatto che eravamo tutti insieme, uniti nella fatica. La Speranza si è concretizzata tra noi. Abbiamo avuto modo di conoscere poi tante nuove persone, specialmente ragazzi della diocesi, con cui poter condividere la nostra esperienza, ed ascoltare la loro. Questo vero e proprio pellegrinaggio, oltre a farmi fare tante risate, mi ha portato ad una sempre maggiore consapevolezza sulla Speranza, ma soprattutto sulla Fede.