Don Francesco Cavazzuti, nipote del missionario, racconta l’esperienza in Brasile con il vescovo Erio
di Don Francesco Cavazzuti
Il viaggio in Brasile, dal 15 al 30 di giugno scorsi, è stato davvero un viaggio missionario, siamo infatti andati dall’altra parte del mondo… per ricevere il vangelo! Partito in compagnia di don Antonio Dotti, a cui è stato affidato il compito dalla diocesi di Carpi di raccogliere testimonianze per un’eventuale apertura del processo di beatificazione relativo a don Francesco Cavazzuti, “padre Chicão”, siamo poi stati raggiunti dalla delegazione modenese guidata dal nostro vescovo, don Erio Castellucci, insieme al responsabile del centro missionario, Francesco Panigadi, da quattro simpaticissimi giovani e da una preziosa coppia di medici modenesi. È stato un incontro fra Chiese, abbiamo potuto vedere come si vive la fede in luoghi e culture così distanti dalla nostra. E come sempre si torna a casa un po’ più ricchi. In Goiás è ancora vivo il segno lasciato dai missionari sacerdoti fidei donum che le diocesi di Modena e Carpi hanno inviato negli anni ‘60 in queste terre lontane. La disuguaglianza tra i fazenderos e i senza-terra creava un contesto di ingiustizia e di povertà che chiedeva la presenza di una Chiesa capace di parlare e di annunciare il vangelo di un Dio vicino agli ultimi. A questo hanno dedicato la vita i nostri missionari, fra cui don Francesco Cavazzuti. Le persone che li hanno conosciuti ci hanno testimoniato una presenza forte, prossima, legata strettamente alla vita della gente e delle comunità cristiane. Non c’è dubbio che abbiano speso la vita per quel popolo, per quelle parrocchie, mettendosi a fianco dei poveri. Erano lì per loro, e per loro hanno fatto tutto ciò che era possibile, con loro hanno vissuto il vangelo. Sebbene possa sembrare scontato, questo è un grande insegnamento: il vangelo lo si vive con gli altri, insieme. Non è monodirezionale, è sempre a doppio senso di marcia: si riceve e si dona, si dona e si riceve. Storie concrete, semplici, umane quelle che abbiamo ascoltato: ma piene di amore, di dedizione senza riserve, e al centro sempre la gioia e la Parola.
Spostandoci di circa 2700 km verso nord ovest siamo poi giunti alla meta della nostra seconda tappa del viaggio, nello stato dell’Amazzonia, nella diocesi di São Gabriel da Cachoeira. Anche qui, abbiamo ricevuto una inattesa e incredibile accoglienza da parte di tutti: dal vescovo Vanthuy, da don Maurizio Setti, fidei donum in Brasile dal 1998, e da tutte le persone che abbiamo incontrato e che ci hanno ospitato in quei pochi ma intensissimi giorni trascorsi lì. È una diocesi ricca, che ci ha tenuto a mostrarci fin da subito i suoi tesori: la Fazenda Esperança, per il recupero di uomini tossicodipendenti; casa Irma Inês Penha, con attività educative e formative per bambine e bambini della città; la comunità Tapurucuara Mirin, situata sulle rive del Rionegro, dove degli splendidi bambini ci hanno donato il loro
sorriso e una speranza per l’avvenire; il centro Mamãe Margarida, per ragazze e ragazzi con problematiche psico-motorie, nata dallo sguardo profetico di un interessante vescovo cinese. E i bambini dell’infanzia missionaria che ci hanno ornato di penne, collane e manufatti preziosi della tradizione indigena. È una chiesa “ricca” perché profondamente missionaria, in uscita, in viaggio, per poter raggiungere le 450 comunità sparse su un territorio vasto come l’Italia, attenta a preservare e a valorizzare le differenze di una popolazione composta da 24 diverse etnie e 18 lingue parlate. Ma è la stessa Chiesa nata da Cristo, sostenuta dallo Spirito Santo, che annuncia che il Regno di Dio è vicino, la stessa Chiesa cattolica di cui anche noi siamo figli. Davvero c’è da guadagnarci a ricordare che siamo tutti su quella stessa barca di Pietro, e forse guardando l’orizzonte comune da prospettive diverse, chissà che non si colga meglio il soffio dello Spirito che ci sospinge verso la meta, l’incontro col Padre di misericordia.