siamo riuniti insieme questa sera per ricordare il vescovo, Mons. Alessandro Maggiolini, che ha retto la Chiesa di Carpi dal 1983 al 1989 e di cui, proprio oggi, ricorre il decimo anniversario della sua morte. L’autore della Lettera agli Ebrei, un testo del Nuovo Testamento, esorta a ricordare coloro che ci hanno annunziato la Parola di Dio e invita a imitarne la fede per non lasciarci “sviare da dottrine varie e peregrine”. Il dovere di ricordare Mons. Maggiolini per la nostra Chiesa locale acquista anche una connotazione, oserei dire, affettiva. Quando lasciò la Diocesi, infatti, promise di “tenere in cuore davanti al Signore” i fedeli di Carpi. Se Lui ci ha portati davanti al Signore con la sua preghiera e il suo ricordo nella celebrazione eucaristica come non ricambiare tanta affezione?
Mons. Maggiolini è stato teologo, giornalista e vescovo. Ha infatti insegnato Teologia per quasi 20 anni all’Università Cattolica di Milano; è stato direttore de “La Rivista del Clero”, è intervenuto per, molti anni, alla rubrica radiofonica “Ascolta si fa sera” ed ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate nazionali; il 29 maggio 1983 ha ricevuto l’ordinazione episcopale in questa cattedrale. Ha goduto della stima e della fiducia di san Giovanni Paolo II ,che lo chiamò a fare parte di un team di esperti che redasse un’opera fondamentale per la vita della Chiesa e cioè il “Catechismo della Chiesa Cattolica”. Ha goduto della stima e dell’amicizia anche del Papa emerito, Benedetto XVI con il quale collaborò, quando era ancora cardinale, alla stesura del catechismo.
Nell’omelia che tenne nel giorno del suo concedo dalla diocesi di Carpi, perché trasferito alla sede di Como, Mons. Maggiolini descrive gli orientamenti pastorali che hanno caratterizzato il suo ministero episcopale negli anni carpigiani: “C’era un disegno – disse – nel succedersi dei vari interventi: volevo partire dalla dimensione religiosa – Dio, il primo servito e amato – per giungere a qualche sollievo delle povertà vecchie e nuove”. E’ alla luce di questa visione pastorale che si preoccupò di aiutare la Diocesi ad una “corrispondenza più puntuale al Concilio Vaticano II”. I pilastri su quali fondò questo intendimento furono la formazione, la preghiera e la vita comunitaria.
Il ripristino della Sagra, l’avvio dei restauri della Cattedrale, la nascita del settimanale “Notizie”, l’inizio del processo di beatificazione di Mamma Nina, il servizio di Porta aperta, il rilancio della Caritas costituiscono alcune delle iniziative con le quali intese tradurre nella prassi il suo programma. La sua azione pastorale fu convalidata e consolidata dall’indimenticata visita di Giovanni Paolo II alla diocesi.
Mons. Maggiolini, attento alla realtà socio – politica e alle trasformazioni in atto nella società carpigiana si preoccupò della preparazione religiosa e culturale dei fedeli laici e intravvide, nelle scuole di Dottrina Sociale della Chiesa, uno strumento idoneo da istituire ed incentivare. Riuscì, così, a stimolare una presenza non marginale dei cattolici nella società e li spronò ad impegnarsi nella ricerca del bene comune, a risolvere i problemi emergenti e nello stesso tempo a chiedere libertà “non solo nelle strutture pubbliche, ma anche libertà delle strutture sociali derivate da diverse concezioni del mondo”. Vorrei sottolineare che molte di “queste strutture di libertà” non solo sono ancora presenti, ma si sono ulteriormente sviluppate nel tempo.
Mons. Maggiolini è stato un pastore che ha saputo “scuotere e rincuorare con la potenza della croce di Cristo” la Chiesa di Carpi e ha difeso il diritto-dovere dei cattolici di annunciare il Signore e di testimoniarlo nella società come colui che porta la salvezza, cioè la risposta alla domanda di senso presente nel cuore dell’uomo.
E’ stato un intellettuale raffinato, autore di numerosi saggi e libri, ed è impossibile, in questa sede addentrarsi in una lettura teologica e spirituale del suo pensiero. Tuttavia, merita di essere ricordato che una recente biografia porta un sottotitolo significativo: Alessandro Maggiolini, un vescovo decisamente “fuori dagli schemi”. E’ indubbio che alcune sue prese di posizioni in campo politico e sociale e i giudizi che dava sugli avvenimenti non erano in linea con il pensiero dominante. E quando questo accadeva, non si sottraeva al dibattito, al confronto e, se necessario, anche allo scontro. Per difendere la fede giunse a confrontarsi non solo con gli avversari, ma anche con gli amici.
Queste sue modalità ci portano a riconoscere che, in realtà, quello che a lui interessava era di testimoniare il suo amore per Cristo, in tutti gli ambiti dove operava: nella predicazione, negli scritti o dalla frequenza della radio. Egli era consapevole che dall’amore per il Signore Gesù nasceva l’impegno di rendere sempre più umana la società, con la certezza che – sono sue parole – “Cristo non ha bisogno di mendicare nulla dalle ideologie per redimere e promuovere l’uomo in tutte le sue dimensioni”.
Mentre affidiamo al Signore la nostra preghiera di suffragio per questo Padre e Maestro, accogliamo con rinnovato slancio, come singoli e come Chiesa carpigiana, il suo invito a un “confronto, a un annuncio evangelico e a un servizio all’uomo che siano veramente segno del mistero di Cristo”.