Martedì 18 dicembre 2018
S.E. Monsignor Francesco Cavina
“Ora l’anima mia è turbata: e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora?”.
Il turbamento che ha preso l’animo di Gesù nell’imminenza della sua passione è lo stesso turbamento che noi abbiamo vissuto, in questi giorni, di fronte alla morte di Paolo. Un turbamento che ha coinvolto la sua famiglia, che egli considerava il dono più bello ricevuto dal Signore, e le tante persone che hanno conosciuto Paolo e lo hanno apprezzato per la fede, l’umanità e la professionalità.
Come Gesù anche noi, durante la malattia di Paolo, ci siamo chiesti: “Che devo dire? Padre, salvami da quest’ora?”. Quante preghiere e suppliche sono state elevate al Padre perché ci risparmiasse questa morte, perché salvasse il nostro fratello! La risposta di Dio alle nostre invocazioni sono state le parole di Cristo: “Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Nel divino ed inscrutabile disegno di misericordia e di pace, Paolo era stato preparato “a quest’ora”. Con il trascorrere degli anni, infatti, la fede era divenuta una componente essenziale della sua vita. Pur con le fragilità e le debolezze della condizione umana, aveva maturato un amore così profondo per il Signore Gesù e la Sua Chiesa, da desiderare – molti anni prima di andare in pensione – di mettere le sue competenze amministrative, la sua professionalità e la sua lunga esperienza gestionale al servizio della Chiesa. E così è avvenuto.
A lui devono moltissimo la diocesi di Carpi e il suo Vescovo, il quale ha perduto non solo un amico fedele e carissimo, ma un fratello che lo ha quasi custodito con il suo affetto e la sua vigilanza, fin dagli esordi del suo sacerdozio. La fede di Paolo non era una fede astratta, problematica, tormentata dal dubbio, ma era la fede di un bambino che lo portava a diffidare di coloro che con autosufficienza rendevano complicato il cristianesimo.
Credeva a Gesù e alla sua Parola che leggeva, meditava, pregava e in essa trovava una sorgente inesauribile di saggezza, la risposta ai suoi dubbi, la forza per superare le difficoltà, le parole per consolare chi si trovava nel pianto.
Si commoveva davanti ai bambini poveri e di questa sua debolezza forse se ne erano accorti anche i tanti istituti missionari e caritativi che si rivolgevano a lui per chiedere aiuti materiali. La sua fede concreta e semplice era ad un tempo capace di gesti delicatissimi che lo portavano a non fare mancare un fiore davanti ad un’edicola della Madonna, ad andare a trovare, prima di recarsi al lavoro, San Pio da Pietrelcina nella chiesetta di san Giovanni, a manifestare la sua particolare devozione a santa Teresina di Lisieux, che lo affascinava per la sua semplicità e giovinezza, ma nello stesso diventava forte e coraggiosa quando si trattava di difendere la Chiesa e i sacerdoti se ingiustamente attaccati.
La Parola di Dio ci ricorda che sono beati i morti che muoiono nel Signore e ci indica con precisione la ragione: “perché le loro opere li seguono”. In queste parole troviamo svelata una verità fondamentale della nostra fede: se è vero che noi non ci salviamo a causa delle nostre opere, è anche vero che noi non possiamo salvarci senza le nostre opere buone.
Ed ora amo pensare che quando domenica mattina – giorno in cui si celebra la resurrezione di Cristo – Paolo si è presentato davanti a Cristo per essere da Lui giudicato, egli ha aperto le sue mani piene di opere buone, molte delle quali sono conosciute anche da noi, tantissime, invece, sono note solo a lui, alla Vergine Maria, a San Pio e a Santa Teresina che sicuramente erano a fianco di Gesù per testimoniare che Paolo ha veramente messo in pratica il detto evangelico: Non sappia la tua destra quello che fa la tua sinistra.
Non amava apparire e non ha mai chiesto nulla per sé. “Fratelli, la nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo”. Ascoltando queste parole dell’Apostolo non ho potuto non pensare a come questa trasfigurazione sia diventata particolarmente evidente in Paolo proprio nella malattia.
Ha chiesto di confessarsi e una settimana dopo, pienamente consapevole e con un fervore che ha commosso coloro che erano presenti, ha ricevuto l’Eucarestia. Sembrava presagisse ormai prossimo il suo incontro con Cristo. Presagio o premonizione? Paolo in più occasioni ha stupito per il racconto di particolari esperienze religiose vissute. Una cosa è certa, è andato incontro al Signore con la lampada accesa e nel progressivo disfacimento del corpo, si è costruito un’abitazione eterna nel cielo.
Caro Paolo, va in pace, ora il tuo desiderio, tante volte espresso, di vedere il volto di Gesù si è finalmente compiuto. La tua presenza fisica, il tuo consiglio e il tuo amore ci mancheranno! Tu, però, non interrompi la tua relazione con Ivanna, Alessandro, Paola e le loro famiglie e con tutti noi che ti abbiamo voluto bene, stimato e goduto della tua amicizia, del tuo consiglio e della tua sapienza.
Cari fratelli e sorelle, dalla Gerusalemme del cielo giunge a noi l’invito di Cristo, della Vergine Maria, degli Angeli, dei Santi e di tutti i fratelli che già godono della beatitudine eterna: a Dio! a Dio! a Dio!
Caro Paolo, ora, ti è affidata la missione di intercedere perché nessuno si smarrisca nei tortuosi sentieri della vita. Aiutaci a non mancare l’appuntamento risolutivo della vita. Veglia su di noi perché possiamo giungere a contemplare, insieme a te, il volto di Cristo, bellissimo e glorioso, sorgente di pace e di gioia senza fi ne. E così sia.
+ Francesco Cavina
Omelia per le esequie di Paolo Ranieri
18-12-2018
Santuario della Beata Vergine del Piratello – Imola