Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
L’incarnazione del Figlio di Dio non è il frutto del nostro impegno, ma dono dell’amore di Dio. Un amore così grande che è capace di operare ciò che umanamente è impossibile, per cui la sterilità di Elisabetta diventa feconda e nella verginità di Maria fiorisce la maternità. Perché questi miracoli possano accadere è necessaria la fede, la quale, nella sua realtà più profonda, è sempre un affidarsi, un rendersi disponibili all’azione di Dio nella vita, vincendo le diffidenze, le paure e la superbia. Quando ci si affida al Signore si diventa pure segno della Sua presenza e portatori dello Spirito.
É quanto ha vissuto la Vergine Maria nei confronti della cugina Elisabetta. La Sua visita porta il Figlio di Dio che è sorgente di gioia per il bambino che l’anziana Elisabetta porta in grembo. La gioia è un tema che attraversa tutto il Vangelo. Pertanto, non è presente solo nell’episodio della Visitazione, ma anche nell’Annunciazione, dove l’arcangelo Gabriele si rivolge alla Vergine Maria con le parole: “Rallegrati, piena di grazia”. Gli angeli si recano dai pastori per annunciare “una grande gioia: oggi vi è nato il Salvatore”. Dopo i giorni oscuri della Passione, Gesù risorto apparirà diverse volte alle donne e ai suoi discepoli e gli evangelisti annotano che tutti: “gioirono al vedere il Signore”. Il motivo della gioia è dato dalla presenza del Signore. Fra pochi giorni sarà Natale!
Si tratta di una festa dei cristiani che, tuttavia, è anche festa dell’umanità intera, la quale, seppur inconsapevolmente, sta cercando Cristo perché ogni uomo che viene al mondo è modellato su di Lui ed il suo cuore è inquieto fino a quando non trova la sua origine. L’uomo, dunque, sarà veramente gioioso solo se il Signore sarà presente nella sua vita. Al contrario, quando, per trovare la felicità, si percorrono vie che non portano a Dio, alla fine si trovano solo tristezza e delusione. Infatti, l’allegria che promette il mondo è passeggera perché nasce da cose e da esperienze che finiscono presto, non sono durature e vengono consumate dal tempo. Se poi la gioia tanto desiderata è frutto del peccato, lascia l’amaro in bocca e un senso di frustrazione. Al contrario, la scoperta che Dio è nostro Padre e ci ama sempre ci porta a riconoscere che Egli vuole il meglio per noi e ci dà fiducia e forza per affrontare la durezza della vita. Le difficoltà appartengono alla condizione umana e con esse siamo chiamati quotidianamente a confrontarci. Proprio per questo abbiamo necessità di trovare un fondamento sicuro per la nostra vita, che non può trovarsi solo in notizie piacevoli, nella salute, nella tranquillità, nella sicurezza economica…
Tutte cose buone, ma insufficienti a procurare la vera gioia. Solo Cristo nato, morto e risorto, e, quindi, sempre vivo, è il sicuro fondamento di tutta la nostra esistenza. Poiché ha vinto la morte Egli è vivo e a Lui possiamo rivolgerci con la preghiera personale; possiamo aprirgli la nostra anima nella Confessione, nella direzione spirituale; possiamo incontrarlo realmente nell’Eucarestia. Sono queste le modalità attraverso le quali, oggi, ci viene data la grazia di incontrare la Fonte della gioia che facilita anche il nostro incontro con i fratelli.
+ Francesco Cavina