Da fratello, da amico e da Pastore di questa Chiesa locale di Carpi, do il benvenuto alle famiglie che hanno conosciuto il dolore per la perdita di un loro caro nei giorni drammatici del sisma del 2012, ai rappresentanti delle Diocesi di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova, alle autorità civili e militari e a tutti voi cari fratelli e sorelle in Cristo.
Il monumento che stiamo inaugurando è un atto di omaggio che intende conservare – quando le ferite esterne della distruzione non ci saranno più – la memoria di quei giorni di tragedia, di sofferenza e di lacrime.
Tanti secoli prima di Cristo, il profeta Isaia già proclamava: un giorno ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno città desolate (61.4).
E’ quanto sta accadendo anche nella nostra terra. Ma noi non vogliamo che il tempo e la ricostruzione facciano dimenticare le persone che sono strappate immaturamente all’amore dei loro familiari. Esse meritano di venire ricordate perché a fondamento della rinascita di queste terre ci sono anche il loro coraggio, la loro dignità e loro doti di mente e di cuore.
Nel clima dell’Anno Santo della misericordia questo monumento vuole inoltre costituire una testimonianza a non dimenticare la solidarietà fiorita tra le macerie e donata da tanti fratelli e sorelle e quindi diventa un richiamo a non stancarci di metterci alla scuola della condivisione e della carità.
La morte ci fa toccare con mano che tutto, in pochi attimi, può finire.
Ciò che resta è solo l’amore. Resta solo l’amore perché Dio è amore. Nulla può contro l’amore. Ed è proprio l’amore che ha fatto rinascere la voglia di ripartire, di ricostruire, di tornare a progettare e a sognare. Il monumento vuole essere, dunque, un richiamo a noi e alle future generazioni che è a questa sorgente che si deve attingere se si vogliono raggiungere traguardi veri di libertà, di giustizia e di pace a cui appassionatamente l’uomo, ogni uomo, aspira.
+ Francesco Cavina
Il monumento che stiamo inaugurando è un atto di omaggio che intende conservare – quando le ferite esterne della distruzione non ci saranno più – la memoria di quei giorni di tragedia, di sofferenza e di lacrime.
Tanti secoli prima di Cristo, il profeta Isaia già proclamava: un giorno ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno città desolate (61.4).
E’ quanto sta accadendo anche nella nostra terra. Ma noi non vogliamo che il tempo e la ricostruzione facciano dimenticare le persone che sono strappate immaturamente all’amore dei loro familiari. Esse meritano di venire ricordate perché a fondamento della rinascita di queste terre ci sono anche il loro coraggio, la loro dignità e loro doti di mente e di cuore.
Nel clima dell’Anno Santo della misericordia questo monumento vuole inoltre costituire una testimonianza a non dimenticare la solidarietà fiorita tra le macerie e donata da tanti fratelli e sorelle e quindi diventa un richiamo a non stancarci di metterci alla scuola della condivisione e della carità.
La morte ci fa toccare con mano che tutto, in pochi attimi, può finire.
Ciò che resta è solo l’amore. Resta solo l’amore perché Dio è amore. Nulla può contro l’amore. Ed è proprio l’amore che ha fatto rinascere la voglia di ripartire, di ricostruire, di tornare a progettare e a sognare. Il monumento vuole essere, dunque, un richiamo a noi e alle future generazioni che è a questa sorgente che si deve attingere se si vogliono raggiungere traguardi veri di libertà, di giustizia e di pace a cui appassionatamente l’uomo, ogni uomo, aspira.
+ Francesco Cavina