Editoriale del n.15 del 19 aprile 2015

Se lo stomaco è… cosa di interesse divino
Lo scandalo della fame affligge un’ampia porzione della popolazione del pianeta, dove 842 milioni di persone – circa una su nove – soffrono ancora la mancanza di cibo. A livello mondiale, il rischio maggiore per la salute degli individui è rappresentato dalla fame e dalla malnutrizione, ancor prima che dall’azione combinata di Aids, malaria e turbercolosi: a dircelo è il World Food Programme, la più grande organizzazione umanitaria al mondo.
 
Per rimuovere questa disuguaglianza sempre più profonda, il mondo cattolico ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e attenzione alla questione alimentare, ‘Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito anche nostro’ con la volontà di promuovere un reale cambiamento nel modello di sviluppo a partire dagli  stili di vita di ciascuno, affinché tutte le persone, in Italia, in Europa e nel mondo, abbiano accesso al bene comune costituito dal cibo, e dal cibo sano, nutriente, giusto. In occasione della giornata mondiale della Terra, mercoledì 22 aprile, i promotori della campagna ne rilanceranno i temi: dalla sovranità alimentare al ruolo dell’agricoltura familiare e dei mercati locali, dalla finanza etica contro la speculazione sul cibo alle relazioni di pace, solidarietà e giustizia quali fondamenti essenziali per sconfiggere la fame.
 
In una lettera a monsignor Giovanni Battista Montini, allora prosegretario di Stato, don Zeno Saltini denunciava la povertà del paese ‘ ‘sei milioni di miserabili alla deriva’ ‘, l’iniqua distribuzione delle ricchezze e l’oppressione attuata ‘per farci tacere noi che rimaniamo, da quella distribuzione, a mano e stomaco vuoti’. Era l’11 febbraio del 1953 e concludeva: ‘Guardi eccellenza, che lo stomaco è cosa di interesse divino’. 
 
Il fondatore di Nomadelfia credeva in un rapporto speculare fra realtà naturali come la famiglia e le strutture istituzionali. ‘Facendomi poi sacerdote, capirà, è andata a finire che ho compreso, perché la Mamma mi dava il latte, la pappa, la medicina; mi lavava, mi copriva di lana, mi riparava dalle intemperie, mi evitava di cadere anche nei mali fisici, mentre, tenendomi sulle ginocchia, mi insegnava a dire: ‘Ave Maria’. Ma erano latte, lana e Ave Maria insieme; come fa Dio, in altre parole, con tutti, donante tutti i giorni tutto agli uomini; tra i quali ‘ osservava però ‘gli oppressori prendono la loro parte più la nostra’.
 
Se le cause dell’iniqua distribuzione del cibo sono riconducibili a scelte politiche ed economiche più grandi, il primo passo, per nulla semplice se pensiamo agli sprechi di casa, è riconoscersi ‘una sola famiglia (umana)’. Non è più possibile delegare ad altri la responsabilità, occorre attivarsi in prima persona per rifiutare le strutture e i comportamenti che riproducono l’ingiustizia. E chiedersi se per caso non stiamo prendendo anche noi ‘la loro parte più la nostra’.
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