“Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori… ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. E’ come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa riesce bene”.
Le parole del Salmo 1, lette in ebraico e in italiano dal rabbino capo di Modena e Reggio Emilia, Beniamino Goldstein, sono risuonate nella prima mattina dello scorso 16 gennaio in piazza Costituente a Mirandola a tratteggiare la vita e l’operato di Odoardo Focherini. L’occasione è stata la posa della pietra d’inciampo – la prima in provincia di Modena – in memoria del Beato davanti al civico 58, presso l’abitazione dove risiedeva con la moglie Maria e i sette fi gli prima di essere arrestato e deportato. Davvero l’albero piantato da Focherini ha prodotto molto frutto: semi di pace, di speranza, di impegno per la costruzione di un mondo migliore, di educazione delle giovani generazioni al bene comune. A testimoniare la stima e la gratitudine verso Odoardo, corale è stata la partecipazione all’evento, a fi anco della famiglia Focherini, dalle autorità civili e religiose ai rappresentanti di diverse realtà aggregative del territorio, dagli alunni e insegnanti delle scuole medie Montanari ai “semplici” cittadini. Tra i frutti dell’albero piantato dal Beato anche il pronipote Giacomo Amati e Francesco, pronipote di Giacomo Lampronti, salvato con la famiglia da Focherini, che hanno scoperto la pietra deponendovi una rosa rossa. E di alberi piantati in memoria di Odoardo ha parlato il sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, ricordando le varie iniziative di questo genere nelle scuole della sua città e invitando a visitare il campo di Fossoli. “Nel viaggio della memoria a cui ho partecipato alla fine del settembre scorso – ha raccontato – ho provato una grande tristezza nel vedere che del campo di Hersbruck non rimane nulla. Al suo posto oggi ci sono un parcheggio e una spa (un centro benessere, ndr)… Questo significa cancellare la memoria, è rimuovere la tragedia… La testimonianza straordinaria di Focherini, che credo debba essere sempre più approfondita, è davvero pietra d’inciampo che ci ricorda come quella tragedia ci sia stata”. Una testimonianza, quella del Beato, su cui è intervenuto, inoltre, il Vescovo Francesco Cavina, sottolineandone il fondamento, ovvero l’adesione totale al Vangelo. “Non dobbiamo mai dimenticare – ha affermato – che Focherini ha agito come sappiamo perché era un cristiano tutto d’un pezzo, perché viveva la sua fede con impegno. Se non si considera questo, si rischia di menomare la memoria di Odoardo. Che è stato a tutti gli effetti, in quanto perseguitato per la sua fede, una pietra d’inciampo… quanti cristiani perseguitati anche oggi nel mondo sono pietre d’inciampo come lui! Celebriamo, allora, stamattina la nostra storia, cultura e fede in questa fi gura che ha fatto grande il nostro territorio, poiché è stato quello che doveva essere, un autentico cristiano”.
Francesco Lampronti: a Odoardo devo la mia vita “E’ grazie a Odoardo se sono qui”. Con commozione ha parlato del Beato Focherini Francesco, pronipote di Giacomo Lampronti. Questi, cattolico di origine ebraica, in seguito all’emanazione delle leggi razziali in Italia, fu assunto a L’Avvenire d’Italia proprio da Focherini, con cui strinse un profondo rapporto di amicizia. Ormai in piena guerra, nel novembre 1943, Lampronti, la moglie e i due figli bambini riuscirono a mettersi in salvo, fuggendo in Svizzera, grazie alla rete clandestina allestita da Focherini e da don Dante Sala. Di tutto questo narra il libro “Mio fratello Odoardo” scritto dallo stesso Lampronti. “Odoardo è riuscito ad essere uomo in una realtà disumana, come quella della prigionia e del campo di concentramento, perché ha vissuto fi no in fondo la sua fede – ha affermato Francesco Lampronti, che è seminarista della Diocesi di Verona -. Quello che ha compiuto nasce da quanto già faceva in gioventù, nell’ordinarietà e con il suo impegno nella Chiesa, come prosecuzione fi no alle estreme conseguenze di quel ‘non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici’. Dunque, eroe sì, ma soprattutto santo”. Da questa fede profonda, che sempre interpella le coscienze, vengono inoltre, secondo Lampronti – come testimoniato, in particolare nei racconti della loro fuga, dal bisnonno e dal nonno Giorgio, che partecipò alla beatificazione di Focherini il 15 giugno 2013 – “il coraggio, la serenità e l’ottimismo di Odoardo, che trasmetteva alle persone che aiutava, un sorriso di speranza anche nelle difficoltà, sapendo soffrire con chi soffre”. Di Focherini, Francesco Lampronti ha voluto infine evidenziare anche la peculiarità di “promotore della verità nell’attività di giornalista per l’Avvenire d’Italia. E’ stato un paladino della buona stampa, che tanto ha da insegnarci in quest’epoca in cui appunto la verità nel fare informazione è messa a rischio dal circolo delle fake news”.