Domenica 5 maggio, alle 14.30, il Museo diocesano d’arte sacra “Cardinale Rodolfo Pio di Savoia”, che ha sede nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Carpi – tuttora consacrata -, sarà riaperto al pubblico. Alla cerimonia interverranno il Vescovo Francesco Cavina e il cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Note storiche
Con la posa della prima pietra il 24 giugno 1670, i Gesuiti, presenti a Carpi dal 1622, fecero iniziare la costruzione della chiesa dedicata al loro santo titolare, Ignazio di Loyola. Il progetto, affidato ad Antonio Loraghi, venne realizzato in circa dodici anni e il complesso fu inaugurato nel 1682. Con la partenza da Carpi dei Gesuiti nel 1773, l’intero complesso passò al Seminario e la chiesa alla Confraternita della Misericordia e ai padri Filippini. La facciata solenne e maestosa si affaccia su Corso Fanti mentre l’interno luminoso e sobrio richiama la struttura a croce greca con grande cupola.
La nascita del Museo
L’idea di creare a Carpi un Museo diocesano nasce dal Vescovo Bassano Staffieri nel 1997 ed è portata avanti, fino alla sua realizzazione, dal successore monsignor Elio Tinti, grazie alla competenza e all’impegno di Alfonso Garuti, direttore dell’Ufficio diocesano Beni Culturali e primo direttore del Museo diocesano. Con l’inaugurazione avvenuta il 17 maggio 2008, la Diocesi acquisiva uno scrigno che raccoglie cinquecento anni della storia artistica e culturale del territorio, inserita in un complesso la cui funzionalità liturgica non viene compromessa ma valorizzata nei suoi aspetti cultuali e sacri. Nel Museo diocesano gli oggetti vengono rivalutati nella loro natura storica e di suppellettile sacra, divenendo strumento di catechesi che si tramanda nelle generazioni.
Il Vescovo Francesco Cavina, in questi anni, ha rivolto la sua particolare attenzione alle opere d’arte ed al Museo desiderando e favorendo la sua riapertura per restituire alla città un gioiello di arte e di fede.
Cardinale Rodolfo Pio di Savoia
L’intitolazione a Rodolfo Pio di Savoia (1500-1564) intende, da sempre, valorizzare una figura tuttora immeritatamente poco conosciuta: nativo di Carpi, figlio di Leonello, fratello minore di Alberto III, signore della città, il cardinale fu diplomatico, letterato, umanista, collezionista d’arte sul modello dello zio principe. Personalità di spicco nella Chiesa Romana del tempo e raffinato mecenate, la sua tomba si trova nella cappella di famiglia presso la chiesa di Trinità dei Monti nella capitale.
Restauro post sisma
La chiesa di Sant’Ignazio è stata sottoposta ad un intervento di restauro e miglioramento sismico a seguito del terremoto del 2012.
Il progetto architettonico e di restauro è stato redatto dallo studio Arké di Modena, in particolare dall’architetto Anna Allesina – a cui era in capo la direzione lavori e quella generale – e dall’architetto Alessandra Ontani. I lavori sono stati eseguiti principalmente dalla Cooperativa Edile Artigiana di Parma in RTI (raggruppamento temporaneo di imprese) con la ditta Leonardo srl.
L’importo complessivo dei lavori da progetto esecutivo, finanziati dalla Regione Emilia-Romagna, ammonta a poco più di 829 mila euro, più 49 mila euro per una variante in corso d’opera.
L’iter per il progetto ha richiesto quattro anni; i lavori – iniziati il 22 marzo 2018 – sono durati un anno e un mese.
Interventi eseguiti
Molteplici gli interventi eseguiti su tutti gli elementi morfologici, architettonici e strutturali della fabbrica. Fra i più significativi, quelli relativi alla cupola, l’elemento culminante e maggiormente scenografico. Il primo obiettivo è stato un ripristino complessivo della sua statica, attraverso un insieme sistematico di opere che, oltre a consolidarne la configurazione di equilibrio, consentisse anche il raggiungimento di una significativa percentuale di miglioramento del comportamento dell’edificio alle sollecitazioni dinamiche eventualmente derivanti in futuro da altri fenomeni sismici. Si è scelto, quindi, di rinforzare la struttura voltata mediante l’inserimento, all’estradosso, di una rete in fibra di vetro, posata con malta strutturale a base di pura calce idraulica naturale, fissata a secco alla muratura con connettori costituiti da barre elicoidali in acciaio inox. Nel contempo sono state risarcite con malta di calce tutte le lesioni presenti sulla superficie della calotta semisferica, sia estradossalmente che intradossalmente. Relativamente al tiburio, insieme ad un intervento di generale ristilatura dei giunti di tutte le superfici perimetrali, e alla realizzazione di “scuci-cuci” su porzioni della muratura, sono stati eseguiti rinforzi localizzati nelle zone immediatamente sopra le finestre polilobate, prive di architrave, con l’inserimento all’interno dei giunti di barre elicoidali, sempre in acciaio inox. Inoltre si è realizzato un ulteriore sistema di rinforzo costituito da una cerchiatura metallica esterna ancorata alle pareti con piastre metalliche.
Anche a livello del sottotetto, si è ritenuto necessario un intervento che potesse favorire il comportamento “scatolare” dell’impianto in corrispondenza del nodo centrale impostato sui quattro pilastri angolari, all’intersezione dei bracci della croce greca.
Il ripristino delle lesioni interne alla chiesa di Sant’Ignazio, che hanno interessato, seppure in misura minore, anche le cornici e le modanature in laterizio, ha comportato alcune riprese di apparati decorativi semplici, che caratterizzano la chiesa. Per quanto riguarda gli arredi mobili o le tele presenti all’intero del Museo, non si sono verificati danni. Invece, per l’altare maggiore e per quello del transetto destro, entrambi in scagliola e di rilevante pregio, qualche danno è stato rilevato, ma fortunatamente non di grande entità.
La chiesa in origine si presentava con la facciata caratterizzata da una bicromia, il rosso del cotto e il bianco delle velature a calce. La scelta attuale, in accordo con la Soprintendenza, è stata quella di avvicinarsi il più possibile all’assetto originario, pur nel rispetto di una immagine ormai consolidata negli anni, che nel contempo potesse armonizzarsi nel contesto urbano.
Infine, si è rinnovato completamente il sistema illumino-tecnico interno al vano ecclesiale.
Il “dittico” dello Scarsellino
Tra le tante opere che verranno presentate nel percorso espositivo del Museo spicca il dittico del ferrarese Ippolito Scarsella detto “lo Scarsellino” (scolaro di Paolo Veronese, nato nel 1551 a Ferrara, ivi morto nel 1620) raffigurante la Madonna Annunciata e l’Angelo annunciante, che in origine era un’unica tela collocata sull’altare dell’Annunciazione, nella Collegiata di Mirandola, di patronato della famiglia Signoretti. Venne poi spostata nella chiesa di San Ludovico, sempre a Mirandola, e tagliata dopo la soppressione napoleonica. Prima di approdare al Museo diocesano i due dipinti erano conservati presso la parrocchiale di Santa Giustina Vigona e ritenuti di anonimo. Dopo un significativo restauro che ha permesso di ammirare le antiche cromie, in particolare il rosso del manto della Vergine, e gli effetti chiaroscurali evidenti nell’Angelo, i dipinti sono stati attribuiti da Alfonso Garuti allo Scarsella.
Oltre allo Scarsellino si potranno ammirare altre opere di autori locali che completano il percorso museale restituendo la memoria di una fede e di una tradizione centenaria approdata fino a noi e meritevole di essere tramandata.