Il coinvolgimento dei medici in pensione nel punto vaccinale di Carpi. Il coordinatore Giorgio Verrini: “Stiamo combattendo una guerra”
Si sono rimessi il camice e sono tornati tra i corridoi dell’ospedale Ramazzini dove per anni hanno lavorato. Perché un medico, nel momento in cui pronuncia il Giuramento di Ippocrate, sceglie di dedicare per sempre la sua vita alla cura delle altre persone. E la sua mission resta inalterata, anche dopo essere andato in pensione. Come stanno dimostrano i dottori che negli ultimi mesi, su base volontaria, si sono resi disponibili a prestare la loro opera, e mettere a frutto la loro competenza ed esperienza, nel punto vaccinale di Carpi, realizzato al Ramazzini dove c’è il punto prelievi.
Camici in aumento – Dai primi quattro/cinque operatori, il gruppo si è allargato e ora sono quasi una ventina. In maggioranza si tratta di medici ospedalieri, che hanno prestato il loro servizio al Ramazzini, ma ci sono anche Medici di medicina generale. Si suddividono i compiti in base alle necessità: front-office, raccolta dell’anamnesi e della storia clinica del cittadino, al fine di escludere rischi di reazioni allergiche. Ma anche somministrazione del vaccino. “Inizialmente eravamo pochi perché non tutti erano già stati vaccinati – spiega il dottor Giorgio Verrini, già dirigente medico dell’U.O. di Urologia e coordinatore dei medici volontari – ma stiamo aumentando. Non sono stato contattato dalla direzione sanitaria: sono stato io a propormi, già in dicembre: poi la voce si è sparsa tra altri colleghi che, non appena vaccinati, si sono presentati per mettersi a disposizione”. “Certo – prosegue Verrini – ci sono varie cose che andrebbero perfezionate: siamo in ‘guerra’ e dobbiamo adeguarci a questa emergenza. Ad esempio, vacciniamo solo dalle 12 alle 18…