Custodirne i valori

In occasione dell’ 80° anniversario dell’eccidio di Cibeno sono state consegnate 67 pietre d’inciampo intitolate ai martiri

di Maria Silvia Cabri

Un silenzio carico di commozione ha accompagnato la lettura, da parte dei familiari, dei 67 nomi degli internati politici a Fossoli, prelevati dal Campo di concentramento e fucilati dai nazisti al Poligono di tiro di Cibeno, il 12 luglio 1944. Domenica 7 luglio, al Campo di concentramento di Fossoli, è stato ricordato l’80° anniversario dell’eccidio, alla presenza dei parenti delle vittime, del procuratore generale militare presso la Corte Militare d’Appello di Roma Marco De Paolis, del sindaco Riccardo Righi, della presidente della Fondazione Fossoli Manuela Ghizzoni, di Marco Steiner, componente del CdA della Fondazione Fossoli e Vicepresidente di ANED Milano, delle autorità civili, militari e religiose. La cerimonia è stata accompagnata dal Corpo Bandistico Città di Carpi: dopo la deposizione della corona d’alloro, si sono svolti i riti religiosi, affidati al vicario generale della Diocesi, monsignor Ermenegildo Manicardi e al rabbino Capo di Modena e Reggio Emilia, Beniamino Goldstein. In particolare, monsignor Manicardi ha impartito la benedizione nel ricordo dei deportati con queste parole: “Benedetto sei tu Signore che mai dimentichi il sangue degli uomini che hanno lottato e lottano per la libertà, la pace e la giustizia. Nella tua paterna bontà dona al nostro paese, al mondo e all’Europa di oggi una pace vera, dignitosa, rispettata e piena”. Per la parte più “istituzionale”, la presidente Ghizzoni ha sottolineato “l’impatto emotivo del partecipare a questa celebrazione. Dolore e pietà per le vittime, indignazione per l’aberrante ideologia che li assassinò, amarezza per la mancata condivisione degli ideali che li animarono”. La Fondazione Fossoli, ha proseguito, “ha il compito di tutelare e valorizzare il ‘monumento’ nel quale ci troviamo, perché è il condensato materiale degli eventi più tragici del ’900. In questo lembo di terra il regime totalitario nazi-fascista imprigionò ebrei, oppositori politici, civili rastrellati per poi deportarli nei lager di sterminio o di lavoro coatto. Ma è anche il luogo in cui, nel 1947, ha preso vita l’esperienza di comunità e fraternità di Nomadelfia di don Zeno Saltini e, dal luglio del 1954, qui è sorto il villaggio San Marco dei profughi istriani in fuga dal regime titino. Non a caso David Sassoli, proprio qui, ha affermato che la storia del Campo di Fossoli è la promessa per l’Europa della pace e della democrazia”. “Il 12 luglio 1944 rappresenta una data importante del nostro calendario civile: ricordare la vita di questi uomini, perlopiù giovani, la loro dimensione privata e quella pubblica. Stavano progettando un’Italia migliore e finalmente libera, della quale sarebbero certamente stati gruppo dirigente, ma fu loro impedito. Nel percorso di elaborazione collettiva della memoria della strage, si è passati dalla dimensione locale a quella nazionale e internazionale, testimoniata dalla partecipazione di alte cariche dello Stato e delle Istituzioni europee alle nostre commemorazioni. Il regime totalitario fascista e la Guerra, hanno imposto a uomini e donne scelte difficili. Il nostro Odoardo Focherini ha affidato il senso della sua scelta a un interrogativo implicito: ‘Se tu avessi visto, come ho visto io in questo carcere, cosa fanno patire agli ebrei, non rimpiangeresti se non di non averne salvati in numero maggiore’. Come lui, molti Giusti e antifascisti, hanno replicato: ‘E tu cosa avresti fatto al mio posto?’. Oggi, nella tranquillità di democrazie conquistate grazie alle Resistenze di allora, non dovremmo porci lo stesso interrogativo? Cosa stiamo facendo di fronte ai conflitti in corso a est e a sud dell’Europa, ai rigurgiti di razzismo e antisemitismo, all’affievolirsi di sentimenti altruistici e solidaristici, alla ritrosia verso l’accoglienza di profughi in fuga da guerre o da condizioni che non consentono una vita dignitosa, alle apparentemente nostalgiche manifestazioni di apologia al fascismo, all’indifferenza verso le sfide mondiali – dal cambiamento climatico alla mancata garanzia dei diritti fondamentali della persona nella maggior parte dei paesi? La risposta ce la indicano la storia di questo Campo, le storie degli uomini che furono trucidati al Poligono di Tiro, la ‘banalità del bene’ racchiusa nelle loro scelte valoriali. A noi sta la scelta di raccoglierne l’eredità”. Durante la cerimonia sono stati consegnati ai familiari dei “diplomi” quale simbolo delle Pietre d’Inciampo intitolate ai 67 martiri di Fossoli, e a Pacifico Di Castro, deportato ebreo romano, assassinato sul piazzale dell’appello del Campo di Fossoli il 1° maggio 1944, un progetto della Fondazione Fossoli in collaborazione con ANED. “Sessantasette nomi, sessantasette vite, cui oggi abbiamo dedicato le Pietre d’Inciampo – ha aggiunto il sindaco Righi – che ci ricordano il contributo personale, il costo umano di chi, con una straordinaria lucidità, seppur in tempo di guerra e persecuzione, ha dato la propria vita per un futuro libero per tutti, di crescita, opportunità, e nuova speranza per il nostro Paese”.