COMUNICATO STAMPA
Celebrata la festa di Santa Chiara con la messa presieduta dal Vescovo per le Sorelle Clarisse
Castellucci: “Rimanere nel Signore non significa una vita cristiana intimistica. Solo chi rimane in Lui, come Santa Chiara, può solcare i secoli producendo frutto”
Nella prima mattinata di lunedì 11 agosto, memoria liturgica di Santa Chiara, il vescovo Erio Castellucci ha presieduto la Santa Messa alla presenza delle Sorelle Clarisse nella chiesa di Santa Chiara a Carpi, gremita per la ricorrenza. Una liturgia vissuta in clima di profondo raccoglimento e di fraternità presso il monastero che fu fondato 525 anni fa dalla Beata Camilla Pio di Savoia, nobildonna carpigiana che volle seguire, con il dono della propria vita, Gesù povero e crocifisso secondo la regola della Santa di Assisi. Hanno concelebrato don Carlo Gasperi, don Andrea Zuarri, e fra Matteo Munari dell’ordine dei Frati Minori, coadiuvati dai diaconi Arrigo Po e Roberto Tamelli. Nell’omelia monsignor Castellucci si è soffermato sulle letture della memoria liturgica di Santa Chiara: “Il messaggio del Vangelo di oggi – ha affermato – è segnato dal verbo ‘rimanere’, per ben dieci volte in pochissime frasi Gesù esorta a rimanere in lui, come lui rimane in noi e nel Padre, a rimanere nel Suo amore. Sembra che ci sia una tensione con altri inviti di Gesù ad andare, ad annunciare, ad essere missionari. Dunque, rimanere o andare? In realtà sono due aspetti della stessa esperienza cristiana – questa la riflessione del Vescovo – perché va e può dire qualcosa di sensato solo chi rimane nel Signore, chi accetta la Sua presenza dentro di sé”. Ecco allora che Santa Chiara “è rimasta” e “sta facendo moltissimo”, ha spiegato il Vescovo, “sono realizzazioni importanti, le vediamo qui – così si è riferito alle Sorelle Clarisse – ma non sono ‘cose da fare’. Chi rimane non si preoccupa della quantità, dell’estensione, bensì di costruire relazioni, si preoccupa di qualità. Rimanere nel Signore non significa una vita cristiana intimistica, ma essere radicati nella parola, nella preghiera, nei sacramenti, nella fraternità, per poi davvero poter testimoniare, andare, e andare fino in fondo”. Solo chi rimane in Lui può solcare i secoli. Chi va senza rimanere, chi cade nell’attivismo, al massimo produce frutto durante la sua vita e spesso per sé solo. Chi invece rimane va per secoli interi – ha concluso il Vescovo -, supera di gran lunga il tempo della propria vita, perché ha creato un tesoro interiore che non viene meno”.