COMUNICATO STAMPA
Omelia del Vescovo Erio Castellucci nella Santa Messa della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e 53ª Giornata mondiale della pace Presa di possesso e inizio del ministero alla guida della diocesi di Carpi
1° gennaio 2021, Cattedrale di Carpi
(Letture: Num 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21)
Per quanto intenzionalmente sobria a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, questa liturgia risulta tuttavia ricca di simboli e piena di parole. Ne aggiungerò poche, per non disperdere il senso vero e profondo di quello che stiamo celebrando: la solennità di Madre Madre di Dio, la giornata mondiale della pace, il ricordo del martirio del beato Odoardo Focherini e, infine, anche l’inizio ufficiale del mio ministero nella diocesi di Carpi. Vorrei semplicemente raccogliere questi quattro motivi in un’unica immagine: centrale ma talmente umile da rimanere discosta; potente, ma così debole da rischiare di essere trascurata. È l’immagine del bimbo, di quel neonato in braccio alla giovane madre, Maria, di quel messia di cui l’antico popolo sperava la visita, realizzatasi però in modo così diverso dalle attese, da stentare a riconoscerlo. La festa è la sua, e tutti e quattro i motivi di festa che ci radunano oggi in Cattedrale e nelle case, attorno agli schermi, si concentrano su di lui, sul bambino avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoia. È lui il senso della vita di quella giovane madre, la quale non vuole mai mettersi in mostra, ma porge e indica sempre il figlio. È lui, quel bimbo, non solo il profeta della pace, ma “la nostra pace” (cf. Ef 2,14), perché la pace ha preso forma nella sua carne, si offre in lui come dono forte e fragile insieme. È lui il perno dell’esistenza del beato Odoardo, che ha creduto alla sua parola di vita eterna, si è nutrito del suo corpo, lo ha imitato nella passione per la giustizia, fino al martirio. È lui anche il senso del ministero dei pastori, che altro non sono se non pallidi riflessi dell’unico grande buon Pastore. E proprio il pastorale, che oggi ha bussato alla porta della Cattedrale, chiedendo quasi permesso per potervi accedere, è uno dei simboli che parla meglio in questa liturgia.
La pace oggi, primo giorno dell’anno 2021, prende forma nella nostra celebrazione come un quadrifoglio, il cui stelo è la culla del bambino Gesù: è lui il centro della vita di Maria, è lui il cuore della pace, è lui il modello del beato Odoardo, è lui – e qui uso il condizionale – che dovrebbe ispirare il ministero di ogni vescovo. Dato che già da cinque anni e mezzo mi è stato chiesto questo servizio nella Chiesa, posso esprimere con certezza, senza rischiare una finta umiltà, di sentirmi inadeguato: se già lo avvertivo per una diocesi, figuriamoci per due. So bene – e in questo anno e mezzo l’ho sperimentato intensamente in mezzo a voi – che nella nostra diocesi sono presenti e vivi innumerevoli semi del Vangelo; che offrono la loro testimonianza tante famiglie e tanti giovani, e numerosi presbiteri, diaconi, ministri, religiosi, religiose, laici. E credo profondamente nell’azione dello Spirito Santo, dovunque vi siano germi di bontà, bellezza, verità. Tutto ciò non toglie il timore, anzi la certezza, di non essere in grado di andare incontro a tutte le attese, di soddisfare ogni richiesta di incontro personale e comunitario e ogni progetto pur bene intenzionato, di rispondere alle mille necessità e urgenze che si presentano. Per dissipare l’impressione che stia mettendo le mani avanti, aggiungo che comunque mi impegnerò a fondo, con la vostra preziosa collaborazione e la preghiera degli ammalati, perché il bambino che Maria oggi ci presenta porti luce, speranza, pace tra di noi.
Teniamo al centro questo bambino, il Dio che diventa neonato; presentandosi così, non ci vuole impressionare con il suo potere, ma conquistare con la tenerezza; non ci vuole colpire con effetti speciali, altrimenti sarebbe calato dal cielo tra lampi e tuoni, ma vuole semplicemente destare nel nostro cuore la capacità di stupirci di fronte alla sua visita, così umile da scegliere una stalla: perché impariamo a vederlo stampato sul volto degli umili, dei piccoli, dei poveri, degli ultimi.
+ Erio Castellucci