L’emozione del primo incontro
Cambio di prospettiva
di Luigi Lamma
Ammetto che quando Papa Francesco ha staccato lo sguardo dal testo scritto e, guardando diritto alla platea di giornalisti, di telecamere e di macchine fotografiche che aveva di fronte, ha pronunciato con rara efficacia comunicativa quelle nove parole ‘Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri’, mi ha preso un momento di commozione. Poco prima aveva spiegato la scelta del nome Francesco con un’altra sintesi programmatica: povertà, pace e custodia del creato.
Davanti e dietro di me, titolati giornalisti di radio, tv e carta stampata, vaticanisti di lungo corso, non tacevano i loro commenti stupiti ed entusiastici, quasi increduli per tale dirompente forza delle parole utilizzate dal Papa. Mai mi pare di aver visto migliaia di operatori della comunicazione, giunti da ogni parte del mondo, così catturati e incuriositi dalla figura di un Papa, disposti anche ad una lunga attesa prima di accedere alla Sala Nervi.
In questi primi giorni di pontificato c’è la caccia al particolare, a tutto ciò che di originale e di ‘strano’ compie Papa Francesco, dalle scarpe nere anziché rosse, dal pulmino al posto dell’auto blu, dal conto pagato all’albergo, fino ad arrivare a gesti ancora più forti come la rinuncia all’oro della croce e dell’anello. Particolari che via via si andranno a stemperare nello stile e nei comportamenti quotidiani che contraddistinguono un pontefice come ogni altra autorità pubblica. I segnali di rottura sono però forti, quasi il tentativo di mantenersi fedele ad una propria storia di fede personale e comunitaria che nemmeno l’elezione a Vescovo di Roma può in qualche modo modificare.
Quelle nove parole però non sono uno slogan e nemmeno sono catalogabili tra le simpatiche esternazioni fuori testo. Costituiscono un messaggio forte e chiaro che Papa Francesco ha voluto venisse amplificato dai media in tutte le strade del pianeta soprattutto in quella parte sud dove vivono masse di poveri e dove ora i cattolici sono presenti in maggior numero. Quasi una parola d’ordine che per i popoli dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia ma anche per la crescente ondata di poveri dei paesi occidentali, non ha richiesto ulteriori spiegazioni se non la conferma che il Papa e la Chiesa saranno ancora di più al loro fianco.
Con l’elezione di Papa Francesco si completa quella dimensione planetaria che contraddistingue la Chiesa cattolica oggi, prima, con Giovanni Paolo II, l’abbraccio dell’altro polmone dell’Europa e ora l’apertura al sud del mondo. Quest’ultimo più ancora del primo è il vero cambio di prospettiva.
Quella Chiesa che, chissà per quale stortura semantica, è stata sempre definita ‘missionaria’, sempre solo destinataria di aiuti e di sostegno delle antiche Chiese europee, ora diviene il paradigma di tutta la Chiesa. Finalmente, viene da dire, si cancellerà nel tempo questa illusoria dicotomia, e si riparte tutti alla pari. Questo è il cambio di prospettiva che si annuncia con il pontificato di Papa Francesco. Allora è vero, dirà qualcuno, che la Chiesa è ricca se è lo stesso Papa che la vuole povera? Chissà se Papa Bergoglio si sente di appartenere ad una Chiesa ricca da un punto di vista materiale o che ritenga ricca la Chiesa europea e occidentale. Se anche avesse qualche sospetto gli basterà poco tempo per realizzare che la Chiesa non solo non è ricca ma che da un punto di vista finanziario non se la passa certo bene. Se una ricchezza invece si può individuare è costituita da tutte quelle sovrastrutture teologiche e pastorali che impediscono alla Chiesa di essere veramente povera in spirito, libera di annunciare senza condizio-namenti l’essenziale, ciò che ne giustifica l’esistenza su questa terra: Gesù Cristo.
L’incipit con cui Papa Francesco ha dato il via al suo ministero di Vescovo di Roma che presiede nella carità la Chiesa universale, è estremamente chiaro e trova una bella sintesi in un’affermazione con cui il vescovo Tonino Bello raffigurava la Chiesa nel nostro tempo: ‘Dai segni del potere al potere dei segni’. Un bel cambio di prospettiva.
Lunga vita a Papa Francesco!