Se lo stomaco è… cosa di interesse divino
Lo scandalo della fame affligge un’ampia porzione della popolazione del pianeta, dove 842 milioni di persone – circa una su nove – soffrono ancora la mancanza di cibo. A livello mondiale, il rischio maggiore per la salute degli individui è rappresentato dalla fame e dalla malnutrizione, ancor prima che dall’azione combinata di Aids, malaria e turbercolosi: a dircelo è il World Food Programme, la più grande organizzazione umanitaria al mondo.
Per rimuovere questa disuguaglianza sempre più profonda, il mondo cattolico ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e attenzione alla questione alimentare, ‘Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito anche nostro’ con la volontà di promuovere un reale cambiamento nel modello di sviluppo a partire dagli stili di vita di ciascuno, affinché tutte le persone, in Italia, in Europa e nel mondo, abbiano accesso al bene comune costituito dal cibo, e dal cibo sano, nutriente, giusto. In occasione della giornata mondiale della Terra, mercoledì 22 aprile, i promotori della campagna ne rilanceranno i temi: dalla sovranità alimentare al ruolo dell’agricoltura familiare e dei mercati locali, dalla finanza etica contro la speculazione sul cibo alle relazioni di pace, solidarietà e giustizia quali fondamenti essenziali per sconfiggere la fame.
In una lettera a monsignor Giovanni Battista Montini, allora prosegretario di Stato, don Zeno Saltini denunciava la povertà del paese ‘ ‘sei milioni di miserabili alla deriva’ ‘, l’iniqua distribuzione delle ricchezze e l’oppressione attuata ‘per farci tacere noi che rimaniamo, da quella distribuzione, a mano e stomaco vuoti’. Era l’11 febbraio del 1953 e concludeva: ‘Guardi eccellenza, che lo stomaco è cosa di interesse divino’.
Il fondatore di Nomadelfia credeva in un rapporto speculare fra realtà naturali come la famiglia e le strutture istituzionali. ‘Facendomi poi sacerdote, capirà, è andata a finire che ho compreso, perché la Mamma mi dava il latte, la pappa, la medicina; mi lavava, mi copriva di lana, mi riparava dalle intemperie, mi evitava di cadere anche nei mali fisici, mentre, tenendomi sulle ginocchia, mi insegnava a dire: ‘Ave Maria’. Ma erano latte, lana e Ave Maria insieme; come fa Dio, in altre parole, con tutti, donante tutti i giorni tutto agli uomini; tra i quali ‘ osservava però ‘gli oppressori prendono la loro parte più la nostra’.
Se le cause dell’iniqua distribuzione del cibo sono riconducibili a scelte politiche ed economiche più grandi, il primo passo, per nulla semplice se pensiamo agli sprechi di casa, è riconoscersi ‘una sola famiglia (umana)’. Non è più possibile delegare ad altri la responsabilità, occorre attivarsi in prima persona per rifiutare le strutture e i comportamenti che riproducono l’ingiustizia. E chiedersi se per caso non stiamo prendendo anche noi ‘la loro parte più la nostra’.
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