Editoriale del n. 16 del 27 aprile 2014


Karol Wojtyla, un prete polacco diventato Papa

 

Non ha avuto paura di essere Santo

di Don Marek Konieczny

 

Karol Wojtyla venne eletto Papa nell’ottobre del 1978. Il 2 giugno 1979 si recò come Papa in Polonia, la sua patria, la terra alla quale era profondamente legato. Visitò i luoghi natali. Gli abitanti di Wadowice lo accolsero nella vecchia piazza del Mercato, rinominata allora piazza dell’Armata rossa. Vent’anni più tardi, il 16 giugno 1999, quando tornò in Polonia, l’incontro del Santo Padre con i suoi concittadini avvenne sulla stessa piazza che però aveva cambiato nome in piazza Giovanni Paolo II.
In quel mese di giugno del 1999 anch’io incontrai il Papa a Stary Sacz, una città che dista una ventina di chilometri da Nowy Sacz dove abita la mia famiglia. Il Santo Padre venne per la canonizzazione di Santa Kinda, conosciuta anche come santa Cunegonda, patrona della Polonia e della Lituania. Questa Santa vissuta tra il 1224 e il 1292, fu regina di Polonia. Alla morte del re, suo marito, vendette tutti i suoi beni e il ricavato lo diede ai poveri, poi andò a vivere in un monastero di Clarisse. All’epoca avevo quindici anni. Assieme ai miei amici ci accampammo vicino alle transenne che segnavano il percorso del Papa. Lì passammo tutta la notte. Al mattino cominciò a circolare una voce che il Santo Padre non sarebbe venuto, perché in serata era caduto e aveva battuto la fronte. Vi furono momenti di ansia, ma alla fine arrivò. Passò dove ero io e con mia grande gioia lo vidi da vicino. Nonostante il maltempo, si era radunata tanta gente che il Papa definì la ‘grande assemblea del popolo di Dio’. Della sua lunga e bella omelia mi rimasero impresse queste frasi: ‘I Santi non passano… Non abbiate paura della santità… Non abbiate paura di essere Santi!’. Incontrai di nuovo il Papa nel 2000 a Roma per il giubileo della gioventù. Anche allora fu una gioia grande poterlo vedere da vicino e salutarlo con calore e affetto nella sua e mia lingua.
Karol Wojtyla è stato testimone del complesso crocevia polacco. Per il suo popolo, per i suoi contemporanei, e direi per tutti i cristiani, ha rappresentato ‘la forza di sperare’. Chi non ricorda il suo primo messaggio: ‘Non abbiate paura!’. Egli credeva nella forza delle energie religiose e spirituali della sua Chiesa e dell’umanità. Per più di dieci anni del suo pontificato si è misurato con il comunismo, sino alla caduta del muro.
Giovanni Paolo II aveva molta fede. Era convinto che il cristianesimo rappresentasse ‘una forza di liberazione’ dell’uomo e dei popoli. Per la Polonia fu così. La sua memoria è ancora molto forte nel cuore dei polacchi. La gente non lo ha dimenticato. Più volte chiedeva ai suoi connazionali che la famiglia polacca mantenesse la fede a Cristo; che nei cuori dei padri, delle madri, dei figli e delle figlie non si spegnesse la luce di Cristo. Nelle nostre catechesi si tiene conto dei valori della sua spiritualità. Per lui il valore del matrimonio, questa indissolubile unione d’amore di due persone, non può essere messo in dubbio qualunque difficoltà nasca. Ai giovani chiedeva di difendere la propria libertà interiore, affinché una falsa vergogna non distogliesse dal coltivare la castità. Ai ragazzi e alle ragazze chiamati da Cristo a conservare la verginità per tutta la vita, ricordava che questo è uno stato privilegiato, attraverso il quale si manifesta nel modo più chiaro l’azione della potenza dello Spirito Santo. Credeva fermamente che il matrimonio, le vocazioni sacerdotali e religiose, ancora numerose in Polonia, potessero diventare una via sicura per la santità, a cui tutti siamo chiamati.