Editoriale del n. 2 del 20 gennaio 2013


Scuola cattolica tra particolarismi, menzogne e sopravvivenza

 

QUESTIONI DI SCELTE

di Luigi Lamma

 


Gennaio è tempo di scelta per i genitori chiamati ad iscrivere i figli nei vari ordini di scuole e ad optare per l’insegnamento della religione cattolica laddove richiesto. La decisione segue spesso criteri logistici, si fonda su precedenti esperienze, sul passaparola’ meno sui contenuti dell’istruzione e della formazione che ci si può e ci si deve attendere dalla scuola. La scelta della scuola cattolica (senza escludere i primi criteri, comuni a tutte le famiglie), è evidentemente più sbilanciata sul piano della condivisione di valori e di progetti fondati su una visione cristiana dell’esperienza didattica ed educativa.
Nei mesi scorsi il reiterato ritardo con cui sono stati erogati i contributi statali agli istituti paritari (riammessi in extremis dopo essere stati cancellati dalla finanziaria) ha gettato nel panico non poche realtà, tra scuole parrocchiali o gestite autonomamente, ad esempio da cooperative di genitori. E’ di qualche giorno fa l’allarme lanciato da Confcooperative di Modena a difesa delle scuole gestite da cooperative che sono a rischio di chiusura per l’onere insopportabile dell’Imu.
Questo è il quadro reale in cui si dibatte chi per vocazione ritiene di poter svolgere un servizio pubblico alle famiglie e alla collettività, tra l’altro facendo risparmiare allo Stato fior di quattrini. Ma questo dato, nonostante dossier documentati, è argomento tabù, l’ideologia che manipola la protesta nella scuola, e che purtroppo gli studenti bevono in modo acritico, è che la rovina della scuola pubblica sono i fondi alle scuole private. Qualche insegnante onesto lo ricordi agli alunni quanto spende lo Stato per ognuno di loro e quanto spende invece per un loro coetaneo che frequenta la stessa classe in un istituto privato. Ricordi anche che la nostra Costituzione contempla il principio della sussidiarietà e che è pienamente legittimo che lo Stato sostenga chi produce un servizio pubblico.
Facile a dirsi ma troppo dura da demolire la demagogia e il fanatismo ideologico se in una città come Bologna si arriva a richiedere ed ottenere un referendum per abolire i contributi pubblici alle scuole private. Basterebbe saper fare di conto e smetterla con le burle: per un alunno delle scuole comunali il Comune di Bologna spende 6.900 euro per un alunno delle private 576 euro. Di questi tempi con la crisi finanziaria che attanaglia le pubbliche amministrazioni chi si vuol prendere in giro?
Per assicurare la continuità del servizio reso dalla scuola materna parrocchiale di Budrione è stato scelto di affidare la gestione amministrativa e direzione didattica ad un ente esperto ed affidabile come la Fondazione Paltrinieri, come già avvenuto alcuni anni fa per quella della parrocchia di Gargallo. Si entra nella logica della rete, delle sinergie, della razionalizzazione delle risorse come unica via per sopravvivere e fuggire da un particolarismo esasperante e soffocante ormai fuori dal tempo – e dal contesto economico attuale – di cui si è avuto purtroppo testimonianza anche a Budrione nel corso di un’assemblea dei genitori, ad opera di alcuni un po’ troppo focosi rappresentanti della categoria. Magari un domani tutte le scuole parrocchiali potessero ritrovarsi unite in unico network che, lungi dal togliere identità e collegamento alla realtà territoriale, può fornire servizi gestionali comuni e ottimizzare investimenti e risorse umane.
Scegliere bene dunque, per il futuro dei nostri figli prima di tutto, e poi anche il 24 febbraio quando nell’urna si dovrà distinguere tra chi indice referendum e semina menzogne sulla scuola privata e chi cerca di garantire uno spazio di libertà di educazione sancito dalla nostra Carta costituzionale.