Editoriale del n. 20 del 26 maggio 2013

Il referendum di Bologna sui contributi alle paritarie

 

Scuola di tutti plurale e integrata
di Luigi Lamma

 

Quando l’ideologia prevale sulla realtà sono davvero guai per tutti. Tanto più quando c’è di mezzo la scuola e l’educazione dei bambini. Quanto sta accadendo a Bologna con il referendum che si celebrerà domenica 26 maggio, al di là del decantato esercizio di democrazia diretta, è proprio la riprova di come l’approccio ideologico ai problemi di una città tolga ogni rilievo alla sostanza dei fatti, ai bisogni reali dei cittadini e delle famiglie.


Basterebbero due numeri per zittire tutti, in questi tempi di crisi e di risorse esangui per le casse comunali, eppure il milione di euro destinato dal Comune di Bologna alle scuole paritarie, sui 126 milioni spesi per la scuola, per qualcuno non è dovuto, come se i 1736 alunni che beneficiano di quel contributo fossero abitanti di un altro pianeta.

A Bologna si è costituito un comitato contrario al quesito proposto dai referendari che ha come riferimento, tra  l’altro, un manifesto firmato dall’economista Stefano Zamagni e da altre personalità del mondo politico e culturale bolognese, laici e cattolici. La diocesi e la stessa amministrazione comunale si sono schierate contro l’abolizione del contributo alle paritarie (risposta B al quesito).

Le motivazioni addotte dai promotori del referendum sono sempre le solite: l’articolo 33 della Costituzione con il famoso ‘senza oneri per lo Stato’, la visione secondo cui è pubblico solo ciò che è gestito dallo Stato e dalle sue articolazioni periferiche e la laicità dello Stato. Tutte questioni ampiamente confutate e prive di ogni fondamento giuridico ma, come si è detto, cavalcate come principi ideologici inattaccabili. Di cosa siano la sussidiarietà, la libertà di educazione e di iniziativa anche nel campo dell’istruzione, di sistema integrato pubblico e privato, i referendari fingono di non saperlo immersi come sono nel loro mondo ideale lontano anni luce da quello reale. Eppure il futuro è inevitabilmente incanalato in questa direzione.
 

Ciò che stupisce ancora di più in questa vicenda di ordinaria amministrazione è che, attorno a questa crociata contraria al contributo economico alle scuole paritarie convenzionate, si vanno coagulando motivazioni ideologiche e interessi corporativi ormai fuori dal tempo e dalla storia ma che paiono attecchire in questo tempo di difficoltà e di assenza di prospettive. L’obiettivo però pare dichiarato e travalica i confini bolognesi: abrogare o modificare la legge 62/2000 che all’articolo 1 riconosce che ‘il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali’. Come ricorda Stefano Zamagni ‘questo è grave perché non si può usare un referendum comunale per andare contro una legge nazionale’.
 

Ha ragione da vendere l’economista bolognese quando afferma che ‘al di fuori di un’alleanza strategica tra enti pubblici e soggetti della società civile organizzata, non ci potrà essere futuro per una scuola pubblica di alta qualità e soprattutto capace di coniugare il vero universalismo con il principio costituzionale della libertà di scelta per tutti i genitori’.

‘Il pluralismo delle scuole ‘ ricorda inoltre il costituzionalista Salvatore Vassallo ‘ è oggi un’opportunità offerta alla libera scelta delle famiglie, nel quadro di una cooperazione virtuosa tra il Comune e organizzazioni della società civile che conferiscono risorse proprie, senza un ritorno economico, contribuendo ad allargare l’offerta a costi più bassi’.

Con queste premesse, seppure a distanza, l’auspicio e l’interesse di tutti non solo dei bolognesi, è che vinca la B ‘come Bambini di Bologna per il Bene comune’.

Tutte le informazioni su www.referendumbologna.it