Editoriale del n. 36 del 20 ottobre 2013


La politica si copre con i rischi per la salute pubblica

 

Campo nomadi delocalizzato

di Luigi Lamma

 

Il primo gennaio 2014 il campo nomadi che da oltre vent’anni si è solidamente insediato alle porte della città di Carpi, in via Nuova Ponente, su un terreno di proprietà comunale, non ci sarà più.

 

L’ordinanza, con carattere di urgenza, è già stata pubblicata e rende di fatto esecutivo lo sgombero per ‘rimuovere le condizioni di pericolo e rischio per la salute pubblica’ che rendono necessaria la bonifica dell’area.

 

Il provvedimento interessa 72 persone suddivisi in più nuclei familiari e una colonia felina di circa 40 unità: per tutti, anche per i poveri micetti, è già stata individuata la nuova sistemazione.

 

Già l’accostamento tra persone e felini come destinatari dello stesso provvedimento lascia perplessi ma sorge spontanea la domanda su quali siano in realtà i gravi motivi legati al rischio per la salute pubblica che non fossero già presenti e che non fossero già stati denunciati. Che si tratti di una mossa pre-elettorale pare fin troppo evidente, ma quanto meno è auspicabile che l’autorità sanitaria renda noto quali fatti sono intervenuti rispetto al passato tali da mettere repentaglio oggi la salute pubblica.

 

Tutto sistemato? Per niente, l’ordinanza infatti non prevede la chiusura del campo portando i nomadi alla stanzialità ma semplicemente lo delocalizza ai confini dell’impero, a Cortile, aprendo ancora una volta il contenzioso in merito alle spese che il Comune dovrà continuare a sostenere per rendere disponibili e fruibili le sedi individuate e per il pagamento delle utenze. Il fatto che alcune famiglie di nomadi siano ‘riferibili alla proprietà di un terreno agricolo situato sul territorio comunale in via dei Fuochi’ non può che aumentare lo sconcerto e l’imbarazzo per il protrarsi ultraventennale delle discussioni sul destino del campo nomadi.


Il rapporto tra la comunità nomade  e la città si basa sul delicato equilibrio tra giustizia e solidarietà, tra legalità e accoglienza. Che il campo di via Nuova Ponente sia al limite della vivibilità appare evidente, che il percorso di smantellamento del campo sia stato condiviso con le stesse famiglie nomadi è positivo. Così come va preservato il patrimonio della collettività dalle appropriazioni indebite, dallo sperpero, da un uso improprio e fuori controllo delle risorse pubbliche. Del resto non si può cancellare con un’ordinanza una presenza reale con la quale è necessario imparare a convivere superando stereotipi e pregiudizi.


Parlando nei giorni scorsi agli imprenditori monsignor Cavina ha declinato il principio di solidarietà indicando tra le altre la dimensione della socialità: ‘L’uomo per sua natura è un essere sociale, ha, cioè il bisogno di integrarsi con i propri simili, attraverso una rete di relazioni di conoscenza e di amore. La socialità umana però, a causa dell’egoismo, non sfocia automaticamente verso la comunione delle persone, ma rischia continuamente di essere intaccata dal virus dell’individualismo e della sopraffazione. Da qui la necessità di richiamare continuamente gli uomini alla solidarietà affinché la società in cui vivono sia in grado di essere a servizio dell’uomo e del bene comune’.

 

Sono queste le motivazioni che più ci appartengono e che stanno alla base di una soluzione migliorativa per tutti, nomadi e cittadini, delle condizioni del campo piuttosto che ricorrere a un provvedimento d’urgenza dettato da ragioni di salute pubblica. Che nemmeno distingue tra gatti e persone.