Grazie all’esperienza del volontariato in campo educativo crescono giovani capaci di andare verso i coetanei
“Felici di portare Gesù”
Tra i documenti prodotti dalle aggre-gazioni laicali cattoliche in questi ultimi tempi risuona questa parola. Corre sulla Carta uscita dalla penna degli alfieri, dopo la Route nazionale Agesci, per arrivare fino all’attenzione annuale dell’Azione cattolica – “avanti e con coraggio” aveva detto anche Papa Francesco all’associazione riunita lo scorso 8 dicembre. Coraggio usavano i giovani di Libera per descrivere la loro esperienza nei campi di volontariato antimafia quest’estate e oggi gli educatori di strada della pastorale giovanile che si muovono per abbattere i muri della (loro) indifferenza e farsi vicini ai loro coetanei. È una parola che anche monsignor Cavina ha spesso pronunciato visitando, in questi tre anni di ministero episcopale alla guisa della Diocesi, le parrocchie, le famiglie e le imprese in difficoltà.
Sforzarsi di leggere – e abitare – la realtà a partire dai sofferenti e gli scartati, dai bimbi che non nascono e da chi ha bisogno di futuro, così come pensare una vita di consacrazione totale al Signore in un contesto in cui tutto è provvisorio e temporaneo, richiede di vincere paura e chiusure. La tentazione di manzoniana memoria è dirsi che “il coraggio uno non se lo può dare”, e così fare fagotto di gioie e speranze, tristezze ed angosce proprie e “degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”, e andare avanti ciascuno per la propria strada.
Per fortuna coraggio fa rima con speranza. “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Mc 6,50). Il Signore ci ama e ci chiede di lasciarlo salire a bordo. La paterna esortazione di Gesù agli apostoli sulla barca, affaticati e spaventati, arriva al cuore e ci spinge, anche oggi, a guardare dentro di noi, ai nostri timori e alla nostra poca fede, e a ritrovare una certezza che ci fa rialzare la testa e recuperare la fiducia.