L’inizio del periodo forte della Quaresima pone con insistenza una domanda a ciascuno di noi: oltre che credenti siamo anche credibili?
Il quesito non è di facile risposta. Rosario Livatino, giudice ucciso dalla mano di quattro sicari a 38 anni nel 1990, scriveva: “Non ci sarà chiesto se siamo credenti ma se siamo credibili”.
Dio non è indifferente a noi e a quello che ci accade: per questo il cristiano deve dire no alla “globalizzazione dell’indifferenza”, cioè a quella “attitudine egoistica” che “ha preso oggi una dimensione mondiale” ed è diventata una vera e propria “vertigine”. È quanto scrive Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima in cui esorta i credenti a non cedere alla tentazione dell’indifferenza. In cui po’ tutti ci culliamo.
La Chiesa è per sua natura missionaria, non ripiegata su se stessa, ricorda il Papa, ma essere missionari ci richiede di essere credibili.
Le famiglie sono credibili, con questa smania di non deludere mai i propri figli, quelli invece che avrebbero assoluto bisogno di regole chiare, esemplari e affidabili, rafforzate dalla testimonianza coerente dei loro genitori, dei loro nonni e di coloro che in famiglia hanno un ruolo educativo?
Gli adulti sono credibili con la loro incapacità di distinguere il bene dal male? Non è compito degli adulti essere testimoni credibili dell’etica, della sincerità e del rispetto delle leggi?
Il mondo migliore per essere credibili è imitare il Gesù uomo, facendo diventare carne ogni sua parola, facendo diventare spirto ogni suo sogno, facendo diventare certezza ogni sua speranza.
Ci sono molti che affermano di credere in Lui, ma che non sono intenzionati ad imitarlo. Anzi proclamandolo Figlio di Dio si creano quasi un alibi per renderlo lontano e irraggiungibile. Ma è con Lui che dobbiamo, in questo periodo “forte”, paragonarci. Confrontarci con il suo esempio, ripercorre i suoi sentieri, conoscerlo a fondo perché Lui, come uomo, è “luce, verità e vita”.
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