da Avvenire.it del 18 novembre 2020
Luciano Moia mercoledì 18 novembre 2020
Psicologhe, consulenti familiari, avvocate tra i garanti diocesani nell’ambito del Servizio nazionale Cei L’arcivescovo Ghizzoni: «Svolta importante
«La risposta della Chiesa italiana all’impegno contro gli abusi è stata corale. Dopo l’approvazione delle linee guida all’assemblea del maggio 2019, tutte le diocesi si sono mosse e, via via, hanno provveduto a dotarsi di una struttura adeguata. Oggi lo possiamo dire sulla base di dati concreti. Ogni comunità ha un referente.
Ogni regione ecclesiastica ha un vescovo responsabile. Nel 30% delle diocesi almeno, accanto al referente e alla sua équipe, c’è anche uno sportello di ascolto per la prima accoglienza». L’arcivescovo di Ravenna- Cervia, Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale Cei di tutela dei minori, anticipa i dati che avrebbe comunicato all’Assemblea generale dei vescovi italiani, poi rimandata per la pandemia e per la malattia del cardinale Gualtiero Bassetti. E sono dati che confermano la serietà con cui è stata preparata una svolta storica, dopo tanti – troppi – anni di sottovalutazione del problema. «La gravità della situazione e le indicazioni di papa Francesco hanno portato i vescovi italiani a un’importante assunzione di responsabilità nella lotta contro gli abusi in ambito ecclesiale. Oggi le 226 diocesi italiane sono preparate ad affrontare il problema, ciascuna nel proprio ambito. Nessuna si è tirata indietro».
Un impegno evidenziato, fa ancora notare Ghizzoni, dalla competenza specifica dei referenti nominati nelle varie diocesi. Oltre la metà sono laici, il resto sacerdoti esperti di diritto canonico o con incarichi nella pastorale familiare o giovanile. Ma ci sono anche delle religiose. Tra i laici predominanti le donne, e tutte con una preparazione di ottimo livello. Molte psicologhe, psicoterapeute, esperte di consulenza familiare. Non poche con preparazione giuridica. «Tutte persone che sanno come accostarsi al mondo dei minori più fragili, tutte consapevoli che violenze e abusi subiti rappresentano un marchio pesantissimo per tutta la vita». Numerose diocesi, come detto, hanno poi sentito la necessità di distinguere la struttura guidata dal referente dallo sportello di ascolto. «Nelle Linee guida non avevamo previsto questa distinzione ma ora – osserva ancora il presidente della struttura Cei – ci stiamo rendendo conto quanto sia importante. Certo, laddove non è ancora stato avviato lo sportello della prima accoglienza, è il referente che provvede a tutto». Un incarico, come è evidente, di grande delicatezza. Il Servizio nazionale ha preparato un vademecum per offrire alcuni criteri legati all’accoglienza.
La qualità più importante dell’incaricato – anzi incaricata, visto che anche qui sono tantissime le donne – è quella dell’ascolto, della sensibilità, della pazienza. Occorre che le persone disposte a raccontare, o a segnalare, situazioni comunque dolorose, spesso imbarazzanti, si sentano accolte e messe a proprio agio. Sono stati predisposti anche dei moduli perché quelle dichiarazioni, da raccogliere con tutte le cautele necessarie per il rispetto della privacy, serviranno poi per la segnalazione sia alla magistratura, sia al vescovo. E quindi sono importantissime. «I responsabili degli sportelli di prima accoglienza – fa notare ancora Ghizzoni – non dovranno sostituirsi né alla magistratura né all’eventuale accompagnamento psicologico. Ma l’ascolto e l’attenzione alle persone sono altrettanto fondamentali».
Da qui la sollecitazione a distinguere le varie funzioni. La struttura coordinata dal referente diocesano dovrà prestare maggiore attenzione all’aspetto pastorale della prevenzione e della sensibilizzazione al tema. «Dobbiamo costruire una cultura della tutela e del rispetto dei minori perché questa è l’indicazione arrivata dalla maggior parte dei vescovi. Il “caso” di abuso va naturalmente raccolto, segnalato e approfondito – spiega il presidente del Servizio Cei – ma altrettanto importante è lavorare sul fronte culturale, con un collegamento costante sia alla pastorale ordinaria, soprattutto famiglia e giovani, sia alle associazioni sportive ma anche alle realtà istituzionali che si occupano di minori». Ghizzoni ricorda il lavoro portato avanti da grandi strutture come l’Unicef, i vari osservatori dei ministeri, l’Autorità garante per l’infanzia, ma anche a livello locale gli uffici dei servizi sociali che purtroppo non sempre e non ovunque, penalizzati dal tagli al welfare comunale, hanno la possibilità di intervenire in modo diffuso. Al referente diocesano tocca anche il coordinamento delle proposte di formazione. Tantissime le iniziative già realizzate. A livello nazionale sono stati diffusi nelle scorse settimane i primi due sussidi, Le ferite degli abusi (a cura di Anna Diodato, padre Amedeo Cencini, don Gottfried Ugolini) e Le buone prassi in parrocchia (a cura di don Luca Marchetti e don Francesco Airoldi) che hanno ricevuto risposte molto positive.
Entro l’anno dovrebbe essere pubblicato un altro sussidio, dedicato a seminaristi e a noviziati. Più avanti arriverà un altro testo, sul rapporto tra diocesi e media. «Stiamo anche pensando ad approfondire il complesso tema dell’educazione dei minori sul web. Oggi la maggior parte delle insidie arriva da lì. Dai 10 anni in poi, e spesso anche prima, i minori navigano in rete e – aggiunge l’arcivescovo di Ravenna-Cervia – dobbiamo aiutare genitori ed educatori ad accompagnare i ragazzi». Insomma un impegno a tutto campo per il Servizio nazionale Cei di tutela dei minori, dove è chiara la consapevolezza che per ottenere risultati adeguati sarà indispensabile intensificare la collaborazione con tutti quegli ambiti in cui vivono ragazzi e adolescenti, soprattutto famiglie, sport e scuola. «Sento molto anche l’urgenza – conclude Ghizzoni – di sollecitare nuovi modelli di educazione all’affettività e dalla sessualità, compito importante proprio per fornire alternative credibili e adeguate all’assedio rappresentato dal Web. Un ambito dove si può operare solo sulla base di una collaborazione convinta, consapevole e allargata».