Giornata mondiale del malato

La famiglia nella realtà della malattia


‘Famiglia e malattia’ è questo il tema proposto dalla Cei per la Giornata Mondiale del malato 2008. Nel documento pubblicato per l’occasione dalla Consulta Nazionale per la Pastorale della Sanità vengono illustrati i motivi della scelta del tema e si propongono alcune riflessioni e indicazioni, utili per un aggiornamento e potenziamento della Pastorale della Sanità nell’ambito diocesano e parrocchiale.


 


Don Renzo Catellani


 


Oggi, più che nel passato, la malattia, anche se una sola è la persona malata, coinvolge tutta la vita familiare. Soprattutto è cambiata la condizione della stessa famiglia. Un tempo era più numerosa, non solo perché nascevano più figli, ma perché convivevano padri e figli, zii, zie e nonni. Spesso il lavoro stesso promuoveva la contiguità, la collaborazione e persino la convivenza tra parenti nella medesima area di frequenza domestica. La maggioranza dei malati era curata dal medico ‘in famiglia’. La presenza di un malato in famiglia non creava problemi e quasi non turbava il regime quotidiano della vita domestica. Oggi è sempre più facile essere ricoverati in Ospedale. Il medico esige una diagnosi più sicura, per la quale occorre il laboratorio, la radiologia, ecc’ Le terapie sono sempre più tecniche e per questo le cure sono più efficaci e sicure.


 


Il ricovero in ospedale pertanto diventa un’esperienza più diffusa e forse anche utile sia per il malato che la sua famiglia.


Il malato avverte il distacco dall’ambiente famigliare con le sue inevitabili rinunce e apprezza sempre più il tesoro della famiglia. La famiglia a sua volta sente la mancanza di un persona come l’assenza di uno strumento nel concerto familiare. C’è poi il collegamento col malato all’ospedale. Se si tratta di qualche breve visita o di qualche ora di assistenza, la famiglia può provvedere. Ma se la degenza è lunga, è necessario ricorrere ad assistenti ausiliari (badanti). Il collegamento con la famiglia però resta sempre importante. Oggi per questo serve anche il telefonino: ma non basta. Talvolta il malato, che si trova in corsia con altri pazienti, confronta la sollecitudine dei diversi familiari, e nota qualche caso di apparente abbandono, come pure altri casi di fedeltà esemplare e quasi eroica.


 


In questi ultimi anni, anche per motivi economici, gli ospedali cercano di accorciare le degenze. I malati vengono dimessi come convalescenti quando hanno ancora bisogno di assistenza, tornano in famiglia, ma in casa talvolta non c’è nessuno: chi deve assentarsi per lavoro, chi per la scuola, chi per impegni. Anche qui allora occorre assumere un assistente ausiliario.


 


Se la situazione va per le lunghe, i familiari sono tentati di disinteressarsi sempre più del loro malato. Se è anziano gli fanno capire che non hanno tempo per lui. E’ meglio trasferirlo in una casa protetta. In questi ultimi tempi le Istituzioni per anziani sono sempre più numerose. Eppure ‘la struttura familiare rimane punto di ancoraggio e risorsa culturale per l’etica della dignità della persona, dell’equità e del servizio’ (Documento Cei).


 


Il malato e l’anziano che è ospitato in una casa protetta avverte la differenza tra persone che gli parlano, lo aiutano e lo servono per professione, ed i famigliari che lo assistono perché lo amano e temono di perderlo: la loro presenza gli dà non solo sollievo nella sofferenza ma anche desiderio di vivere.


Del resto, nella visione cristiana della vita famigliare, la presenza del malato in famiglia può diventare un’ottima scuola di compassione e umanità, specialmente per le giovani generazioni.


Insieme alla famiglia, il malato sente la vicinanza della comunità cristiana a cui appartiene, la quale deve pure rivelarsi. Per la comunità parrocchiale la sollecitudine per i malati, presenti nelle famiglie, rappresenta una delle forme più eloquenti ed esemplari della carità cristiana.


 


Tra le iniziative che vengono suggerite per una valida pastorale dei malati ne ricordiamo alcune:




  • formare un piccolo gruppo che si interessa dei malati come un servizio tipicamente evangelico;


  • favorire un certo ‘interessamento fraterno’ per cui si chiedono notizie sulla salute, si formulano auguri, si offrono preghiere;


  • si propongono alcune forme di ‘piccolo servizio’ che sollevi in particolare le famiglie maggiormente provate.