Monsignor Ermenegildo Manicardi, vicario generale
Sorelle e fratelli, carissimi fedeli,
è motivo di gioia sincera essere qui a celebrare la solennità di san Giuseppe e ricordare, con voi, il centenario della nascita di un prete generoso – anche lui di nome “Giuseppe” – Giuseppe Tassi che tanto ha amato Mirandola di cui fu, in due volte, attivissimo parroco.
1. Giuseppe e le persone comuni, solitamente dimenticate, di oggi
Motivando la pubblicazione dell’Esortazione Patris corde (08.12.2020), in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di san Giuseppe quale Patrono della chiesa universale, Papa Francesco ha confidato:
«vorrei … condividere con voi alcune riflessioni personali su questa straordinaria figura, tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi. Tale desiderio è cresciuto durante questi mesi di pandemia, in cui possiamo sperimentare, in mezzo alla crisi che ci sta colpendo, che “le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni: … medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo”. … Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza» (Papa Francesco, Patris corde).
2. Giuseppe, Sposo della Vergine Maria
Il titolo più grande di San Giuseppe è quello di Sposo della Vergine Maria, un titolo che già in partenza lo pone sia in primo piano sia piuttosto su uno sfondo. La singolare vocazione della donna da lui amata lo mette, in un primo tempo, in una seria difficoltà: «Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto».
Giuseppe non poté non sentirsi tradito: la ragazza che – secondo la legge ebraica era già definitivamente la sua sposa, anche se ancora non conviveva con lui – risultò incinta. Giuseppe dovette pensare al tradimento e alla necessità di lapidare l’adultera secondo l’ordinamento mosaico.
L’angelo del Signore lo soccorse inaspettatamente rivelandogli una verità inimmaginabile: «Giuseppe, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo». Il nascituro è all’opposto del frutto di un tradimento.
Dalla nascita imminente del figlio della sua sposa, concepito per opera dello Spirito Santo e senza nessun contributo maschile umano, Giuseppe ricevette un ruolo di primo piano nella storia della salvezza dell’umanità: «Figlio di Davide, Maria, tua sposa … darà alla luce un figlio e proprio tu dovrai chiamarlo Gesù». Avendo accettato di mettersi all’ombra di Maria – un’ombra in realtà luminosa – Giuseppe si trova attribuito il ruolo di padre responsabile del figlio verginale che la moglie sta per partorire. L’Angelo incarica Giuseppe di dare il nome al figlio di Dio venuto sulla terra e trasmettergli, di fatto, il titolo di Figlio di Davide, che sarà decisivo per rivelare al mondo chi è Gesù e che lui salverà il suo popolo dai suoi peccati. I malati, gli oppressi, i poveri che si rivolgeranno a Gesù dicendogli «Figlio di Davide, abbi pietà di noi», lo potranno fare perché Giuseppe, accettando di fargli da padre, gli ha tramesso la discendenza davidica. Dice bene Papa Francesco: Giuseppe mostra che «tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza».
3. Don Giuseppe Tassi
La solennità di Giuseppe porta con sé quest’anno il ricordo di un Giuseppe più piccolo — anche se di notevole statura, persino sul piano fisico— che fu due volte, a una certa distanza cronologica, parroco della città di Mirandola
Mons. Giuseppe Tassi, nato a Carpi/Cibeno nel marzo 1921 e morto a Carpi nel settembre 2005 visse 84 anni e mezzo e fu prete per oltre 58 anni. Amò il sacerdozio, i giovani, la vita austera, capace di gioia e di un’assoluta riservatezza. Riteneva di avere – come dice nel testamento spirituale – un «carattere non sempre facile», ma ha saputo guidare con serietà evangelica una innumerevole serie di persone di tutte le condizioni e situazioni, anche qui a Mirandola. Più che un carattere non facile penso che avesse, semplicemente, una postura solenne, un tratto elegante ma molto serio: poteva perciò sembrare un poco rigido, distante e non portato alla comunicazione immediata. Occorreva del tempo per entrare in sintonia con lui, come accadde anche qui a Mirandola, quando nel suo primo arrivo succedette a Mons. Ruggero Golinelli, che era un sorriso permanete e una capacità di comunicazione immediata a 360° gradi.
Nonostante questi aspetti di riservatezza, Don Giuseppe ha avuto una versatilità pastorale rara e ammirevole. Fin da giovanissimo, fu padre spirituale ricercato, coinvolgente insegnante di Liceo, delegato vescovile per l’Azione Cattolica, rettore del seminario. In questa veste, anch’io gli venni presentato quando – spinto da Don Francesco Cavazzuti – mi presentai a lui per entrare nel seminario di Carpi all’inizio del liceo. Tre mesi prima Don Tassi aveva accolto un giovanissimo Douglas Regattieri, da Vallalta.
Dopo queste esperienze al centro diocesi, sua città natale dove era amatissimo, fu parroco in tre diverse e importanti parrocchie. Fu a Concordia per dodici anni, dove ebbe come ragazzo e chierichetto un certo Fabio Barbieri; poi venne a Mirandola prima per due anni e, dopo l’esperienza di Vicario Generale della diocesi e Parroco della Cattedrale a Carpi, fu ancora con voi a Mirandola.
Una cosa in cui fu indiscutibilmente eccellente è stata la predicazione, che nel lungo arco del suo ministero, è sempre stata accurata, impegnata, portatrice di calore e di ideali alti. Personalmente ricordo l’intensa commozione suscitata dalle sue omelie, anche su noi seminaristi — io allora avevo 15-17 anni — eravamo alla seconda Messa domenicale, dopo quella della mattina presto.
Ritirato e pensionato si è speso nel servizio ininterrotto della diocesi, sempre sentendosi parte del presbiterio anche se alcune sue eccellenze non gli risparmiarono del tutto alcune critiche “fraterne”, proprio quello che lo portarono a pensare di avere un brutto carattere. Io l’ho sempre visto serio e sereno, desideroso di aiutare e di fare il bene. Anche da anziano non si stancava di spiare l’orizzonte del futuro. Visse molto bene il Concilio Vaticano II e non fu mai spaventato dalla novità autentiche. Don Tassi è stato sempre, con semplicità, fede e convinzione autentica, dove il Signore – attraverso le decisioni dei Superiori – l’ha collocato. Ha goduto di tanto affetto dai molti amici, che riuscirono a capirlo profondamente. Ha sopportato senza lamenti la non comprensione di quei pochi, per cui il pensiero di don Tassi era troppo profondo e spirituale. Non ho mai sentito o sentito dire da altri che si lamentasse.
4. Chiusa
Carissimi amici: mi sono permesso di esternare la mia ammirazione e la riconoscenza della Diocesi per Mons. Tassi, per il suo stile spirituale e umano e per 58 anni di ministero di prete, perché so che in molti ancora lo ricordate, lo amate e lo stimate.
Questa sera vorrei chiedessimo l’intercessione di San Giuseppe – di cui don Tassi era molto devoto – per il futuro di Mirandola, per il cammino della fede di questa città e di questa parrocchia.
Aggiungiamo anche la richiesta che nella nostra Chiesa sorgano vocazioni al ministero ordinato che continuino il lavoro formativo che fu anche di Mons. Tassi. Preghiamo in suo suffragio, certi che lui anche stasera è qui con noi, prega per noi e per la solidità della nostra fede e della nostra Chiesa carpense. Amen.