Natale, ma dove?
don Luca Baraldi
L’altro giorno mi ha fatto pensare una frase scrittami da un’amica. In uno scambio di messaggi mi diceva che di preciso non sapeva dove fossi. E del resto come darle torto, vista la distanza che mi separa dall’Italia e la remota localizzazione delle missioni entro le quale mi muovo.
Ma al di là del fatto in sé, la sua affermazione mi ha fatto pensare ad un aspetto del Natale sul quale, sino ad ora, non avevo mai portato la mia attenzione.
Leggendo i cosiddetti Vangeli dell’infanzia di Luca e Matteo un aspetto non esattamente marginale della narrazione della nascita di Gesù, della manifestazione del Messia, ha a che fare con la domanda “dove?”.
Luca, ad esempio, presenta la localizzazione della nascita facendo un lungo preambolo legato al censimento di Cesare Augusto, per giungere, passo dopo passo ad indicare la mangiatoia a Betlemme di Giudea quale luogo del “dove” il Figlio dell’Altissimo, piccolo bimbo avvolto dalla madre in fasce, si fa incontrare dai pastori che, per raggiungerlo, devono lasciare le loro greggi e incamminarsi, mossi dalle indicazioni angeliche. In Matteo pare interessante la ricerca dei Magi che, chiedendo al cuore della città santa informazioni sul “dove” della nascita del Re di Israele, trovano informazioni utili ed allo stesso tempo suscitano la ferocia di coloro che, di fronte all’evento annunziato dai profeti, sentivano messa in discussione la stabilità del loro domicilio, reso tana di immobilità, abitudini, cinismo e corruzione.
Alla luce di queste semtore plici annotazioni mi viene da pensare che non sia possibile celebrare il Natale di Cristo, l’incontro con la rivelazione della gloria dell’Unigenito, senza lasciare che la questione del “dove” entri nel nostro cuore, ci interroghi e ci renda cercatori allo stesso tempo.
Nella prima prospettiva festeggiare la nascita di Gesù significa lasciare che la voce di Dio, così come al principio della creazione, ci raggiunga nella profondità della coscienza. Quella voce che chiese “Adamo, dove sei?”, chiede ora di trovare in noi una risposta onesta: dichiarazione di dove stiamo collocando la nostra umanità, i nostri desideri, le nostre relazioni. E mentre ci chiede un esame personale, credo, allo stesso tempo ce lo domandi come Chiesa: “dove sei?”. Senza tralasciare, allo stesso tempo, di allargare l’orizzonte anche a coloro che con noi condividono l’umanità, con le stesse parole che Caino udì “dov’è Abele, tuo fratello?”
Ma la venuta del Reden- invita anche a divenire cercatori, come i Magi, come i pastori. E perché ciò possa accadere è necessario sia a livello personale che comunitario, ecclesiale, che si smetta di raccontarsi, come probabilmente faceva Erode e la sua corte, che Dio deve venire